Archive for marzo, 2010

angeli custodi

Posted by Gaddo on marzo 25, 2010
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Cos’è che accade veramente quella volta che ti chiamano in piena notte per il solito incidente stradale, e tu arrivi in pochi minuti, e c’è sul lettino della Tac un ragazzo di diciannove anni privo di conoscenza, tu fai l’esame, ti siedi alla consolle per cercare di capirci qualcosa e sembra tutto a posto, dico sembra perchè scorri le immagini avanti e indietro e tutto sembra a posto ma una vocina dentro ti spinge a continuare a guardare, ti implora di non chiudere la faccenda con un referto negativo mentre tu muori dal sonno e hai voglia di ritornartene a letto, cos’è che accade veramente quando continui a guardare quelle immagini in cui tutto sembra a posto e cominci a sentirti un deficiente perchè anche il tecnico se ne è andato via e dal pronto soccorso aspettano soltanto il tuo via per decidere cosa fare, eppure all’improvviso, proprio quando stai per mollare, ti accorgi che c’è una bollicina di aria accanto al margine del fegato, una bollicina di aria così talmente piccola che se tu avessi eseguito lo stesso esame altre diecimila volte non te ne saresti accorto, e tu sai bene che in quel posto lì non deve esserci nessuna bollicina di aria, cos’è che accade quando afferri il telefono in mano e chiami il chirurgo e gli dici di venire in sezione Tac, poi gli mostri l’esame e gli dici che c’è dell’aria in pancia, e lui ti guarda un pò male perchè neanche lui alle tre di notte ha voglia di andare in sala operatoria e ti chiede, ma sei sicuro, e tu gli dici, si che sono sicuro, lì c’è aria, e allora arrivano gli infermieri con le barelle e il chirurgo ti augura buonanotte e tu gli auguri buon lavoro perchè tu torni a letto ma lui rimane lì a cercare di scrollarsi il sonno da dosso perchè dovrà aprire la pancia di un adolescente alle tre di notte o di mattina, che poi è uguale, cos’è che accade quando imbocchi lemme lemme il corridoio centrale sperando di non aver sparato una cazzata perchè mandare un ragazzo in sala operatoria non è come bere una lattina di aranciata, e dormi male perchè aspetterai le otto di mattina per telefonare al chirurgo, o incontrarlo al bar, e domandargli com’è andata, ma poi è lui che chiama te alle otto e dieci e ti dice, c’era un’ansa intestinale perforata, un buchino millimetrico ma c’era, volevo che tu lo sapessi, e senti nella sua voce qualcosa che da lontano somiglia un pò a sollievo e un pò a gratitudine, e la tensione dentro di te si affloscia come un palloncino bucato?
Insomma, non lo so cosa accade in quei momenti: so soltanto che a volte la diagnosi brillante che ottieni, l’intuizione che risolve un caso difficile, il paragrafo da tre righe che hai studiato mille anni fa e che ti viene in mente senza che tu l’abbia cercato e proprio nel momento giusto, tutte queste cose non dipendono da te ma è come se una mano pietosa te le inculcasse nella testa e ti mettesse a forza sulla retta via.
Quello che voglio dire, in definiva, è che sono davvero convinto che a volte non siano i medici a essere bravi, ma gli angeli custodi ad avere due maroni così.

Gaddo

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anima grande

Posted by tartaruga on marzo 16, 2010
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C’è un’Anima Grande, che passa dalle pareti bianche e verdi del Pronto Soccorso, soffia tra i ventilatori della Rianimazione, pervade le stanze di tutti i reparti, fino ad arrivare ai pavimenti polverosi del “Pronto Vecchio”…
E’ un’anima che spesso prende, spesso toglie, ma altrettanto spesso concede… e se ti fermi un attimo isolandoti dal caos che ti circonda la senti…
La senti che ti accarezza la pelle mentre aspetti il tuo defibrillatore al passa-malati della Sala Operatoria, non c’è nessuno, dai finestroni del corridoio solamente il buio e qualche piccola luce nei palazzi davanti, senti solo il rumore lontano delle attività della Sala e l’adrenalina dell’ultima urgenza inizia a scemare… la senti che arriva vigliacca da dietro, ti passa sulle spalle e ti stringe la gola mentre leggi la frase tatuata sul braccio di un ragazzo della tua età, che adesso è coperto da un lenzuolo bianco… la senti che ti parla all’orecchio mentre guardi uno dei migliori medici che tu conosca assistere il suo papà, mentre vorresti poter risolvere tutto e dirgli: “Guarda, è come nuovo…!” La vedi nel sorriso bambino del tuo collega che addobba l’albero di Natale, mentre tu cerchi di sabotarlo, perché in fondo il Natale non ti è mai piaciuto… la vedi che ti sfida ogni volta che passi dal corridoio che dal Pronto Soccorso porta ai reparti e la tua immagine appare in quell’oblò di plastica sul soffitto, che forse nessun altro ha mai notato e che riflette te e le tue paure e devi ammettere che oggi, vista in quello specchio strano, la divisa arancione che indossi per la tua prima volta fa una certo effetto… la puoi addirittura sentire arrivare, quando si aprono le porte di un’ambulanza e sei invasa da tutto quello che è successo a casa del paziente… la vedi passare nelle finestrone illuminate dell’ospedale, che sembra una grande balena o un transatlantico con i suoi tanti oblò… la odi quando ti strattona, mentre l’ennesima paziente di un pomeriggio disastroso ti spiega che non seguirà la dieta che il medico le ha appena prescritto perché il suo unico cibo a colazione, pranzo e cena è la pasta, sempre, solo e unicamente la pasta, pasta e nient’altro, perché è la sola cosa che la sua pensione permetta… la vedi nel sorriso dell’anestesista che ti ruba lo zaino dei trasporti nonostante la fretta del momento perché a suo dire lui è troppo “uomo del Sud” per lasciarlo a te, basta uno sguardo e sai che tutto andrà per il meglio, che qualsiasi intoppo non sarà insormontabile… la vedi passare negli occhi tristi di due genitori attoniti e sai che continuerà a passare senza sosta come un vento freddo su un prato di gennaio coperto di brina… la vedi in lontananza quando sotto un ombrello con il tuo mito del Pronto Soccorso scopri che non sei l’unica a cui quel corso non è andato esattamente come atteso… la senti che ti fa tremare le mani quando durante un’urgenza tiri fuori tutta la grinta che una collega speciale ti ha insegnato ed è come se lei fosse lì ad osservarti, anche se adesso non è in turno con te… la senti che ti gela le vene quando ti volti e vedi G. e la sua decompressione cranica coperta da un fazzolettone colorato, G. e i suoi grandi occhioni persi a guardare qualcosa che a te non è dato vedere…
Alcuni la chiamano Anima Grande, altri Dio, alcuni Buddha, altri Allah… non so se esista un nome appropriato… io chiedo solo di poter continuare a sentirla, giorno per giorno…

tartaruga

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mio

Posted by Magamagò on marzo 08, 2010
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Quand’è che si passa dall’altra parte? Quand’è che si attraversa la sottile linea,invisibile ma rigida,che separa il te medico comprensivo, amante del tuo lavoro, disponibile verso i pazienti,dal te non quello malato, quella è cosa semplice, chiara,facile da gestire, ma il te ” parente di malato” ?
Non te ne accorgi, non lo sai la mattina quando ti svegli, e stai già pensando a cosa ti aspetterà in reparto, fra i tuoi malati di ieri o quelli nuovi di stanotte, non lo puoi sapere; ma forse il Padreterno qualche indizio te l’aveva dato, come quando hai comprato quel libro dal titolo “A parte il cancro tutto bene”. Sì, ok, lo hai comprato perché sei da sempre autoironica, perché ti piacciono i libri “ammalloppati” come dice tuo marito, o forse perché ti sarebbe riuscito utile un giorno?
Allora, spieghiamo subito, facciamo una flow-chart della situazione, cosi diventa tutto chiaro.
Marito chirurgo, abbastanza giovane, avvisaglia banale del Padreterno (sia ringraziato), TAC, tumore al colon (lui è anche endoscopista , ironia della sorte); va bene, guardiamolo in faccia, letteralmente, insieme a tutti quelli che ci vogliono bene, e che sperano di sbagliarsi; ok di nuovo, andiamo avanti, il tempo di smaltire, lui, la sedazione, e io, la moglie anestesista, la mazzata e ho già organizzato tutto il percorso diagnostico futuro, trovando anche il tempo, en passant, di consolare figlia, amici e colleghi. Nelle flow-chart le opzioni sono sempre due, e nella vita anche: fare o non fare. Io faccio, mentre una parte di me, fuori di me, pensa e piange. Poi tutto in salita, o in discesa, insomma verso il meglio. Però da quel momento tutta la tua vita interiore è scandita da quella opzione, e vedi tutto attraverso il vetro della malattia, un po’ smerigliato, per cui le cose, le persone, le situazioni, hanno contorni ondulati, diversi da come li vedono gli altri.
Il paziente con sepsi ricoverato in Rianimazione nel postoperatorio, è in realtà una persona simile al tuo amore a cui è andata peggio, e questo ogni volta ti fa ritornare indietro a ripercorrere tutte le tappe della tua vicenda personale, e questo ti svuota, ti prosciuga e ti arricchisce, come la vasca da bagno dei problemi alle elementari, quella che si doveva riempire d’acqua ma aveva un buco nel fondo… a volte il buco è grosso, e si svuota più in fretta di quanto si riempia, a volte è quasi piena, ma sempre a rischio, e quel problema non si risolverà mai in questa vita. Gli anziani del paese dove ho lavorato all’inizio mi dicevano stupiti: ma come anche i dottori si ammalano? Ed io rispondevo: bastasse una laurea per stare bene… Invece capita, anche a noi, eccome, l’importante è avere un male adatto alla tua mentalità: un chirurgo abituato al taglio netto e risolutivo non puù avere una malattia cronicissima, andrebbe ai matti! Ma qualcuno lassù ci pensa, e non ti lascia mai solo. Il turno di notte in Rianimazione, quando finalmente verso le tre c’è un momento di tregua, e perfino i monitors sono più sommessi, e quando il relativo buio si fa più denso, ti libera anche la mente che così si ricongiunge a tutti gli spiriti che aleggiano nel reparto, spiriti di quelli che ci sono transitati e di quelli che ci arriveranno, con le loro storie che d’ora in poi saranno sempre o più simili alla mia, o più dissimili, e che tutto sommato non vorrei cambiare mai.

Magamagò

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il criceto non è un animale notturno

Posted by rem on marzo 02, 2010
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Notti di guardia a dire il vero non ne posso più, avrei solo voglia di starmene nel mio letto, a casa con la mia famiglia, mi viene la nausea mentre preparo la borsa, mentre saluto mio figlio sulle scale ci vediamo domani vengo a prenderti a scuola. Sono stanco. Mi sembra tutto così inutile, ore di sonno perse, neuroni che non rivedrò mai più domani mattina. Domani mattina sarà già troppo tardi ma è l’unico concetto a cui penso, domani mattina; perché la mattina arriva sempre, le primi luci dell’alba ad illuminare il Pronto Soccorso, i minuti che scorrono lentissimi come se gli avessero messo un freno, i primi pazienti della mattina quelli che vengono perché sanno che non c’è fila, oppure l’infarto che da tre giorni ha un dolore tra le scapole e sta prendendo dell’aulin ma non passa, un bel culo, ma va bene così, abbiamo superato la golden hour ma va bene lo stesso. Sarà che non sono un medico dell’emergenza, che non sono un anestesista, un rianimatore, un cardiologo, sono un povero geriatra che lavora in pronto soccorso, che fa le guardie, che fa ambulatorio, segue il reparto e così via come il criceto nella gabbietta. Non penso più di fare il medico per salvare le vite, tanto le vite non si salvano, non penso più di fare diagnosi, le diagnosi non si fanno in pronto soccorso, distinguo tra un urgenza e una cazzata ed è già abbastanza, anzi qualche volta mi sbaglio

rem

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