Archive for ottobre, 2012

La stanza di luce

Posted by slowlyslowly on ottobre 24, 2012
poesie / Nessun commento
foto di MV

foto di MV

C’è una stanza

che dà luce a tutte le altre-

la vedi da lontano

attrae e respinge

alcuni intimidisce-

c’è una soglia sottile da attraversare-

é il mare del dolore

da percorrere a nuoto

a lunghe bracciate lente-

la soglia è questo mare

va dal corridoio alla stanza di luce-

lì il tè non è tè,

i camici non sono camici,

i dolci splendono

perché non sono i dolci-

sono una mano che si sporge

verso un’altra mano

da persona a persona-

il braccio che s’allunga

anche quello è un mare da percorrere

a lunghe bracciate lente-

la vita è un soffio

va e viene,

va e viene-

la donna anziana,

gli occhi splendono con o senza dolore

un lembo di lenzuolo

così candido, così candido

che liscia con mano esperta

con cui copre le proprie gambe

come fossero quelle di una figlia

di un bambino, di un marito

di cui prendersi cura

slowlyslowly

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Cosa vuoi fare da grande?

Posted by Marianna on ottobre 16, 2012
emozioni, testimonianze / 2 Commenti

foto di NC

A  cinque anni, quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande rispondevo sicura: “l’astronauta!”. Trovavo meraviglioso che un uomo potesse “volare”, indossare tutoni metallizzati e camminare tra le stelle.

Poi sono cresciuta e finito il liceo, non avevo più le idee così chiare. Cosa avrei fatto da grande? Non riuscendo a trovare risposta tra il caos che avevo in testa, mi affidai a Internet e navigando senza rotta, trovai finalmente qualcosa che suscitò in me una qualche curiosità.

Per caso trovai il bando di concorso per le professioni sanitarie.

Per caso trovai la strada per arrivare a fare i test.

Per caso risultai vincitrice tra le centinaia di persone che avevano provato.

E mo’ che faccio? Io che svengo alla sola vista del sangue mi vado a chiudere in un ospedale? Io che tremo al solo pensiero di vedere un medico? No, no, lasciamo stare!

Alla fine però, non andò esattamente così.

Non so per quale motivo mi iscrissi. Inconsciamente forse, era la cosa che davvero desideravo fare o semplicemente era solo un dispetto che facevo a me stessa, per mettermi alla prova, per capire dove realmente arrivassero i miei limiti.

Mi ritrovai catapultata in un posto che pensavo non adatto a me.

Passino le giornate intere di corsi, passi la fisica, la statistica e le leggi da imparare, ma c’era sempre l’ostacolo più grande da superare: l’ospedale.

Da sempre l’avevo visto come un luogo dove le persone soffrono, combattono, e muoiono. Non immaginavo l’altro lato della medaglia, il lato buono, quel lato di cui nessuno parla, che si dà così tanto per scontato da essere ignorato.

“E ho visto in sala parto la potenza delle cose”, un’esplosione di luce fuoriuscire da grembi gonfi di donne sfinite che ti emoziona tanto da farti svenire.

E ho visto esserini di 500 grammi attaccarsi alla vita e non volerla abbandonare, lacrime di gioia dei neogenitori che portavano a casa dopo mesi i loro pargoletti che erano già abbastanza grandi per sorridere.

Ho visto anche la morte, quella aspettata, da alcuni sperata e quella che si presenta all’improvviso lasciandoti senza fiato. Ho visto gli sguardi complici, quelli cattivi, ho sentito caldi abbracci e parole di affetto.

Ho imparato a convivere con una divisa informe, una cuffietta che schiaccia i capelli, campanelli e allarmi nelle orecchie e mani screpolate da eccessivi lavaggi.

Ho quasi finito il mio corso di laurea.

Oggi quando mi chiedono cosa voglio fare da grande rispondo sicura: “l’infermiera pediatrica”.

Marianna

Il saluto

Posted by Sugar on ottobre 12, 2012
emozioni / 2 Commenti

foto di EP

foto di EP

Ieri sono passata a salutarti.

Mi è mancato il tuo sorriso, volevo vederti, l’ultima volta. La sera prima ti ho detto “ci vediamo domani”, ma forse già sapevo non sarebbe stato così. Forse anche tu. Nelle ultime ore troppa fatica, anche solo per parlare. Ma quanto difficile per te il silenzio, un filo di voce “ho capito..” e io: “che cosa?” “ho capito quello che succede”.

Forse aspettavi da me una conferma, ma io temevo la tua consapevolezza. E poi ancora un tuo sorriso per rassicurare gli altri che tutto andava bene. Andava.

Ogni volta entrare nella tua stanza era un momento speciale, un momento solo per noi. Una chiacchierata, un sorriso, un cioccolatino e poi mi invitavi a continuare il mio lavoro perché non volevi farmi perdere tempo. Il mio tempo non era perso. Il mio lavoro è anche questo.

Grazie

Sugar

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Non c’è differenza

Posted by Magamagò on ottobre 02, 2012
emozioni / 4 Commenti
foto di EP

foto di EP

Ti ho curato, ho cercato di curarti il corpo, e tu mi aiutavi a riscoprire la tua anima, la tua essenza; ho riscoperto chi mi stava intorno, filtrati attraverso te che avevi la saggezza di una vita vissuta a lungo e totalmente. E ho riscoperto me stessa, nelle parti simili a te e in quelle comunque derivanti da te. Mi sono arrabbiata con te … no, non con te ma con la malattia che mi impediva di assaporare i momenti belli vicino a te.

Quanta rabbia avevo all’inizio: mi sfuggivi dalle mani e non riuscivo a trattenerti, quanto tempo ho perso,quanto …

Poi ho capito, mi hai fatto capire che bastavi tu a lottare, e che io dovevo essere al tuo fianco e basta.

Sono anche scappata, quando l’angoscia era troppo forte, e tu lo sai, ma poi ritornavo perchè tanto eri comunque con me, dentro di me.

Chi era il malato e chi era il guaritore? Più io malata per non aver capito il ciclo naturale della vita, e che tu invece in questi mesi mi insegnavi ad accettare, come quando mi hai detto, quell’ultima mattina : “Non ce la faccio più “.

E’ questa la morte? Averti sempre di più vicino, nel cuore? Ben venga allora, ma che fatica dirlo !!

(dedicato ad un paziente coi capelli bianchi in Rianimazione che mi ricordava papà morto da poco )

MAGAMAGO’

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