Archive for luglio, 2013

Le conseguenze evaporate dell’errore

Posted by massimolegnani on luglio 20, 2013
cronache / 3 Commenti

Foto di MV

Foto di MV

Ringrazio il Dio degli uomini notturni, la sua pietà per la stanchezza di gesti troppo a lungo trafelati, ringrazio il Dio dei fragili belati, la compassione per i bimbi, che non morisse la pecora di Abramo per mano di un salvatore scellerato.

Avrei potuto uccidere stanotte mentre credevo di affannarmi in una difficile salvezza, tirare a riva un corpicino che affogava nello zucchero, ore a lottare con quel respiro irregolare che ci ghiacciava il sangue e quello sguardo vitreo che squarciava il buio della notte.

Avrei potuto, in questa notte senza fine, la matematica lo esige. Un calcolo da folle la correzione del potassio, dopo l’esattezza al microgrammo nel ripristino dei liquidi, nell’aggiunta di bicarbonato, nelle dosi d’insulina in vena, sodio, magnesio, calcio, glicemia, per ore giocare all’equilibrio tra il troppo e il poco, che non puoi correggere tutto in un colpo. E poi sbagliare di dieci volte tanto. Hai lì le fiale sotto gli occhi che basterebbe contarle per capire di quanto stai sbagliando, queste sono troppe per un cavallo sano, figurati per questi venti chili in coma. Le hai lì pronte sul bancone e non le vedi, non vedi l’enormità del danno, non lo vede l’infermiera che si trascina più stremata di te, siete come ciechi, burn out lo chiamano, uno stordimento lucido, dico io ora. E poi stare al letto di Ramona a spiare un miglioramento che stenta ad apparire. Come un ebete guardi quel viso contratto, ascolti il rantolo, palpi il pallore, aspettandoti una svolta e non ti rendi conto che l’hai rimessa tu sul filo della morte. Ma Qualcuno a cui non credo svapora clemente le conseguenze del mio errore, annulla per pietà gli effetti devastanti del potassio esagerato.

È l’alba quando Ramona piano piano si riprende, la mamma che mi guarda come fossi il salvatore e pure io ci credo. Solo più tardi, mentre in euforia mi faccio un tè a fine turno, rivedo in un lampo i gesti errati della notte.

Cade la tazza, io quasi un assassino!

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Shlomo

Posted by folfox4 on luglio 10, 2013
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24 luglio 2011
Quel giorno in medicina d’urgenza fu ricoverato per un’insufficienza respiratoria acuta Salomone (Shlomo) Venezia.
Shlomo Venezia, nacque a Salonicco il 29.12.1923 ma di nazionalità italiana, fu un sopravvissuto di Auschwitz dove fu internato perché ebreo.
Fece parte dei sonderkommando (“squadre speciali”); i gruppi scelti tra gli stessi deportati, addetti allo svuotamento delle camere a gas dai cadaveri e al loro trasporto/scarico ai forni (per il solo campo di Auschwitz si calcolano oggi circa 1.300.000 – 1.500.000 morti).
Dopo esser tornato indietro, Shlomo Venezia rese una costante testimonianza scrivendo – tra gli altri – un intensissimo libro: “Sonderkommando Auschwitz” ed. Rizzoli, 2007.
La nuora, una collega, chiese il nostro aiuto. Il medico di guardia ed io andammo.
Il signor Venezia – portatore di esiti di fibrotorace sinistro – aveva vissuto fino a allora in discreta buona salute e, soprattutto, lucido.
L’ultima conferenza l’aveva tenuta, sembra, circa quindici giorni prima.
Da allora era in affanno con un progressivo aumento della PaCO2 fino ad arrivare la mattina prima a valori tra 120 e 98 mmHg.
Quando arrivammo era già in NIMV ma in carbonarcosi. L’emodinamica era stabile, la PaO2 sufficiente, con una SatO2 = 100% per FiO2 0.4.
Come spesso capita ai grandi anziani in alcune parti del corpo la cute era talmente esile ed anelastica da rompersi generando una trasudazione sieroematica; così il braccio sinistro portava una fasciatura.
Quando la rimossi per cercare una vena un po’ più robusta potei vedere il suo numero: 182727, color antracite, alto circa 1,5 cm e lungo circa 6 cm.
La moglie ci riferì che il signor Venezia non avrebbe mai voluto per sé cure sproporzionate.
Il medico di guardia espose alla signora i nostri dubbi circa la possibilità che trattandosi di un fatto acuto, un trial di ventilazione meccanica invasiva avrebbe potuto aiutarlo ma che se le cose fossero andate male certamente si sarebbe potuto aprire un percorso irto di difficoltà (tracheotomia?) e noi su questo non avremmo potuto ovviamente dare garanzie.
Alla parola “tracheotomia” la moglie del signor Venezia ci confermò che mai il marito avrebbe voluto per sé questo.
Nel frattempo la NIMV – per quanto applicata in questo caso in modo non appropriato per la carbonarcosi, e ormai di fatto una PCV – stava facendo scendere lentamente ma progressivamente la PaCO2, contribuendo alla normalizzazione del pH.
Accettammo la sfida e rispettammo la volontà del signor Venezia.
Nel pomeriggio fu ricoverato in Unità di Terapia Intensiva Respiratoria dove mantenne per tutta la notte la NIMV continuando a ridurre la PaCO2 e a correggere l’acidosi, fino a riacquistare l’indomani mattina un soddisfacente ripristino dello stato di coscienza ed una PaCO2 compatibile con la sua patologia.
Poi leggete anche questo brano:
«Altre volte mi hanno chiesto, per esempio, se qualcuno sia mai rimasto vivo nella camera a gas. Era difficilissimo, eppure una volta è rimasta una persona viva. Era un bambino di circa due mesi. All’improvviso, dopo che hanno aperto la porta e messo in funzione i ventilatori per togliere l’odore tremendo del gas e di tutte quelle persone – perché quella morte era molto sofferta – uno di quelli che estraeva i cadaveri ha detto: “Ho sentito un rumore”. Normalmente quando uno muore, dopo un po’ finché non si assesta, il corpo ha dentro dell’aria e fa qualche rumore. Abbiamo detto: “Questo poverino, in mezzo a tutti questi morti, comincia a perdere il lume della ragione”. Dopo una decina di minuti ha sentito di nuovo. Abbiamo detto: “Tutti fermi, non vi muovete”, ma non abbiamo sentito niente e abbiamo continuato a lavorare. Quando ha sentito di nuovo, ho detto: “Possibile che senta solo lui? Allora fermiamoci un po’ di più e vediamo cosa succede”. Infatti, abbiamo sentito quasi tutti un vagito da lontano. Allora uno di noi sale sui corpi per arrivare laddove veniva il rumore e si ferma dove si sente più forte. Va vicino e, insomma, là c’era la mamma che stava allattando questo bambino. La mamma era morta e il bambino era attaccato al seno della mamma. Finché riusciva a succhiare stava tranquillo. Quando non è arrivato più niente si è messo a piangere – si sa che i bambini piangono quando hanno fame. Il bambino era quindi vivo e noi l’abbiamo preso e portato fuori, ma ormai era condannato. C’era l’SS tutto contento: “Portatelo, portatelo”. Come un cacciatore, era contento di poter prendere il suo fucile ad aria compressa, uno sparo alla bocca e il bambino ha fatto la fine della mamma. Questo è successo una volta in quella camera a gas. Ci sono tanti racconti, ma io non racconto mai cose che hanno visto gli altri e non io. »
Shlomo Venezia è morto a Roma il 1 ottobre 2012
Folfox4
Nota per gli addetti ai lavori eventualmente interessati:
Mi permetto di invitarvi a leggere due articoli dove a mio avviso si sistematizza in modo chiaro e utile l’uso della NIMV sia in termini di supporto vitale per superare l’insufficienza respiratoria acuta in una serie di specifici casi (cosa più nota), sia in termini di palliazione (cosa meno nota):

-È. Azoulay et al. Palliative noninvasive ventilation in patients with acute respiratory failure Intensive Care Med (2011) 37:1250-1257

-J. Randall Curtis, et al. Noninvasive positive pressure ventilation in critical and palliative care settings: Understanding the goals of therapy Crit Care Med (2007) 35: 932-939

A quest’ultimo proposito nella tabella 1 del secondo articolo si dimostra che, pur non avendola letta prima, il medico di guardia ed io collocammo correttamente il signor Venezia nella categoria II con possibilità di shift verso la categoria III che comunque non ci fu.
Sono contento. Ma penso che il collega d guardia, quello che prese materialmente le decisioni, possa ancor oggi esserlo ancor di più!

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Cold nose

Posted by Labile on luglio 07, 2013
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foto di MV

foto di MV

Sì, è evidente la sorpresa ripensando alla tua faccia! Potrei aspettarmi l’irruzione di un lunedì qualsiasi con cui incomincia la settimana, l’aria seria che circonda gli occhi scuri quasi all’ombra di ciglia folte e cespugliose … almeno così mi sembra di ricordarle cercando bene di impaginare i ricordi.

Quando le persone ci lasciano, tornano a trovarci inaspettate con un ricordo, una docile memoria che ci asseconda in ogni momento, a volte consolandoci, altre a scuoterci.

Comunque sia, tornano i pensierini precisi, fatti e immagini speciali che mai ci lasceranno più.

Quasi evocato, Aldo mi torna in mente, quando la commessa spruzza un piccolo getto vaporizzato di profumo sulla striscia di pergamena, agitandola nell’aria davanti alla mia faccia, con lo sguardo professionalmente ammiccante.

Non ho ben capito ancora oggi se a colpirmi fu il suo misterioso mestiere mai sentito o la meraviglia che veramente il suo naso potesse essere un’occupazione vera e anche molto ben pagata.

Aldo mi torna così improvviso alla mente, annusando il leggero profumo da scegliere in un inizio di sole tiepido e che annuncia la tanto attesa primavera.

Quanta perizia ci mise Aldo a convincere la mia incredulità che il suo naso era veramente l’organo con cui esercitava e concepiva da anni in giro per l’Europa nuove e sconosciute fragranze di essenze da vendere sul mercato di mezzo mondo.

Mi sarei aspettato un naso importante alla Cyrano de Bergerac, un organo facciale del tutto monumentale, quasi che grandezza e importanza rendessero quel suo reale mestiere così misterioso e ben pagato.

Mi convinse, invece, con quel naso del tutto normale spiegandomi per bene la capacità infinita che alloggiava nelle sue cellule olfattive. L’olfatto, mi diceva, è il senso che rende possibile la percezione delle sostanze volatili presenti nell’aria. Nell’aria, continuò, c’è tutto un mondo invisibile e apparentemente senza corpo che i nostri occhi non vedono e che solo il nostro naso può far si che ogni giorno non abbia lo stesso odore.

Aldo ammalato in un letto ben pulito e riassettato ogni giorno. Aldo accudito, Aldo alimentato, Aldo lavato, pettinato e sbarbato, Aldo curato. Quante volte le nostre mani hanno sostituito le mani di Aldo, quante volte le nostre gambe hanno camminato al posto di quelle di Aldo.

Mai però, il suo naso, fu in nessun caso sostituito.

Dalla sua stanza commentava le numerose “essenze” che circolavano per il reparto e lui spiegava abilmente facendoci notare che da quegli odori lui sapeva sempre cosa succedeva in giro.

Il giro letti al mattino si annunciava benissimo, a seguire il sottilissimo odore del caffellatte ospedaliero, il profumino silenzioso del disinfettante della pulizia dei pavimenti. Il silenzio spietato e freddo del giro visita. La minestrina serale accompagnata dalla mela cotta.

L’onnipresente e improvviso profumo, quasi crudele, del caffè appena fatto. Un potente elisir di lunga vita capace di resuscitare sguardi opachi e rassegnati, suggerito all’infinito sempre in orari inaspettati.

A volte la sua puntuale descrizione degli odori, (Aldo, a volte si chiamano puzze!) era del tutto comica, altre invece alquanto tristi e lungimiranti.

Comunque sempre puntuali.

A pensarci bene, oggi, ci insegnò un punto di vista nuovo e imprevisto, a compiere lo sforzo giusto e necessario di andare oltre le evidenze, una lezione indimenticabile di come l’inaspettato possa realizzarsi attraverso un odore, un profumo.

Altro che Proust e le sue petites madeleines

Aldo dal suo letto a occhi chiusi sembrava una portaerei in perlustrazione nel mediterraneo, la sua immobilità allettata provocava a momenti il sottile terrore di essere intercettati e individuati.

Magari anche girando lentamente il suo naso, di essere affondati.

Ciao Aldo ovunque sei !

( “… E’ stata una visione o un sogno ad occhi aperti?”Ode to a Nightingale,  John Keats (1819)

Labile

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La noncuranza

Posted by slowlyslowly on luglio 03, 2013
poesie / Nessun commento
foto di GP

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La noncuranza

è aiutare qualcuno

a fare un gesto

anche se

ce la può fare da solo

slowlyslowly

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