Archive for ottobre, 2013

Condicio sine qua non

Posted by diprivan on ottobre 24, 2013
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Foto di HA

Foto di HA

Ok…stasera parlo solo di loro. Siamo in tanti, ma stasera ho voglia di parlare solo di loro. Sono la categoria più importante. Voglio dire siamo tutti importanti…ma loro…loro sono davvero speciali. Senza di loro non funzionerebbe nulla e se non ci fossero loro non ci saremmo neanche noi. Sono il nostro biglietto da visita. Sono il tramite, con loro possiamo avvicinarci al dolore…sono loro che toccano, infondono, aspirano, parlano,  lavano, pungono, esplorano l’inesplorabile.

Ogni volta lo ripeto: se fossi stata brava avrei fatto l’infermiera.

Ricordo ancora la prima notte di guardia in rianimazione nelle vesti di specializzanda alle prime armi.

Arrivai con molto anticipo…sufficiente a trovare ancora il turno del giorno. Una di loro, appena varcai la soglia sul retro della terapia intensiva, mi picchiò in mano 5 sacchetti molli di color rosso rubino e urlò “Controlla questo!” Non sapevo neanche di cosa stesse parlando…l’unica cosa che capii era che in mano avevo circa 3litri di sangue e che dovevo fare qualcosa che c’entrava con corrispondenze di numeri e lettere. In quel momento la odiai. Pensai che gli infermieri sono davvero brutte persone e che possono renderti la vita un inferno.

Con gli anni ebbi una smentita ed una conferma: non sono brutte persone ma possono renderti la vita un inferno. Eppure non lo fanno…non tutti almeno.

Subito dopo aver controllato il sangue, il monitor di un letto cominciò a suonare e una donna di 50anni,un po’ in sovrappeso, aveva deciso di morire di embolia polmonare massiva proprio quella notte. Mi ritrovai a guardare negli occhi l’infermiere che massaggiava la donnona e che con un sorriso mi disse “la tua prima notte?…che cu** che hai!”

Pensai che forse non erano tutti stronzi gli infermieri.

Un pomeriggio di qualche mese dopo, con umiltà e senza vergogna, chiesi ad un’infermiera di insegnarmi a fare iniezioni intramuscolo…volevo che i pazienti non sentissero dolore mentre pungevo, anche se raramente i malati della terapia intensiva sentono dolore…appoggiò un cuscino sul davanzale della finestra e prese una siringa e con estrema delicatezza mi chiese di pungere quelle piume e di farlo e rifarlo ancora. La ringrazio ancora.

Pensai che non erano tutti stronzi gli infermieri.

Qualche anno dopo mi ritrovai vestita di arancione in un campo di grano appena tagliato…a pochi metri c’era una macchina ribaltata e al mio fianco una sfortunata signora che credo stesse andando a fare la spesa. Questa volta era un tubo quello che dovevo infilare e il ricordo dell’intramuscolo era poco utile. Presi il laringo in una mano e il tubo nell’altra. La sua voce era ferma: “Stai tranquilla… va tutto bene… ci sono qua io… ora prendi la lama… ecco brava… così…”. Lo ringrazio ancora.

Pensai che gli infermieri non erano stronzi.

Col tempo continuai a parlare con loro e a volte mi sembrava di non capire nulla della loro professione, non capivo quale fosse il limite… dove arrivavo io e dove loro, un limite doveva esserci… ma quale?

Una notte di guardia in centrale provai anche a chiederlo ma fu difficile comprendere la risposta… o almeno non la capii del tutto ma sapevo che avevo accanto tre persone speciali sedute su comode (?) poltrone, pronte a lavorare al mio fianco per un unico scopo e ne ero orgogliosa…ed ogni notte…ed ogni giorno le poltrone rimanevano lì e le facce cambiavano ma la sensazione era la stessa.

Pensai che gli infemieri sono buone persone.

E così arriviamo a qualche giorno fa e mi ritrovo a fare la mia prima guardia in pronto soccorso da sola ma soprattutto con un reperibile lontano… urgenza vascolare… il mio reperibile al telefono che detta ogni singola cosa con precisione… le sacche di sangue… questa volta sono 10 e so controllarle e tutto è difficile e tutto dev’essere veloce e preciso… e come per magia compaiono tre angeli vestiti da infermieri e mi accorgo che ogni mio ordine viene eseguito un istante prima che esca dalla mia bocca.

Ho pensato che gli infermieri sono una meraviglia.

Alcuni li ho odiati. La maggior parte di loro li ho amati. Alcuni li amo ancora.

Riesco a bermi una birra solo con loro. Ed ogni volta mi chiedo perché.

I più bei ricordi con loro? Le risate così forti da coprire le sirene.

I ricordi che non mi lasceranno mai? Le risate che coprono i silenzi, quando le sirene non suonano più.

diprivan

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Se rinasco un’altra volta faccio il rianimatore

Posted by diprivan on ottobre 14, 2013
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foto di EP

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Il mio lavoro è il lavoro più bello del mondo.

No. Non è vero.

Il lavoro più bello del mondo è quello che ti fa vivere sereno facendo la cosa che più ti piace e facendoti pagare per farla e lasciandoti tanto libero per fare ciò che ti piace in egual modo.

Forse sì. Il mio lavoro è il lavoro più bello del mondo…se non fosse per quel piccolo dettaglio del farti vivere sereno.

Ci lamentiamo sempre di essere sottopagati…di meritare più di quanto spendiamo in energie mentali e fisiche e in responsabilità.

Ormai non faccio più il rianimatore “da strada” e mi manca l’ossigeno. Mi manca non potermi sporcare le mani. Mi manca il suono delle sirene. Mi manca non poter più condividere con chi sale con me in macchina di essere lì sul posto e di sentire che puoi fare la differenza. Quando sei per strada ci sei tu…e solo tu…e se non fai tu devi fare per forza tu.

Ormai faccio il rianimatore “di centrale” e sto risparmiando un sacco di soldi in benzina che investo puntualmente in pantoprazolo. Devi fare la magia e trasformare il tuo orecchio in un occhio e guardare attraverso la cuffia del telefono cercando, per quanto possibile, di non litigare, di fidarti, di organizzare, di far finta di essere lì anche tu e l’unica cosa che pensi è che vorresti con tutto il cuore sporcarti le mani.

Ormai faccio il rianimatore che porta notizie dal “fronte” pronto soccorso e quando sei lì ci sei tu, il collega più esperto (Dio sia lodato sempre sia lodato), il consulente, l’altro consulente, il tecnico, lo specializzando, l’internista, il medico accettante, ….vado avanti?

Ho capito perché lo faccio…non è vero che siamo sottopagati…sono tutte fregnacce…non c’è prezzo per un lavoro così.

L’unico motivo che mi spinge a farlo è perché lo amo alla follia. Non potrebbe essere altrimenti.

diprivan

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La solitudine del pediatra

Posted by massimolegnani on ottobre 06, 2013
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foto di HA

foto di HA

L’ospedale è arroccato su uno sperone roccioso che lo innalza sopra la città vecchia, come fosse un castello. Forse per questo, quando faccio il turno di notte, non mi sento diverso da una sentinella di guardia al forte. Stanotte poi, fuori è notte di baldoria. Il carnevale, la musica e le grida salgono fin quassù, a farmi sentire estraneo. Non che se fossi libero andrei in giro in maschera. No, non fa per me travestirmi una volta all’anno, non so ridere a comando e fare il pagliaccio tra la gente. Io mi maschero ogni giorno al chiuso, magliette sciocche e un pupazzo appeso al collo, che poi ai bambini non importa molto, loro il dottore lo fiutano a distanza, anche se fossi nudo con le pinne ai piedi non si farebbero fregare. Mica scemi i bambini, i genitori invece sì, nel senso che loro abboccano alla messa in scena, si sentono tranquilli con uno un po’ coglione che smitizza il ruolo.

Ruolo, collega, senso del dovere, che parole inguardabili! Puzzano di falso ed anche di carogna. Da qualche parte devo averla conservata la lettera del Direttore Sanitario che mi rammenta con un’educazione infastidita che l’unico abbigliamento ammesso in ospedale è costituito da casacca, pantaloni verdi e sopra questi il camice bianco. Bella lettera, in due righe le usa e le ripete tutte, quelle tre parole lì.
E intanto stasera ho già assistito a due parti. Ho finto di essere indispensabile, ma quelli sarebbero nati lo stesso e bene, la mia è una presenza che non aggiunge niente. Come la sentinella al nulla.
E aumentano le grida dalle strade, la città impazza e tra un po’ sarà l’ora degli ubriachi. Arriverà fin qua qualche ragazzetto ancora in età pediatrica alla prima sbronza. Vomiterà anche l’anima mandandoci a fanculo, io ripenserò a mia figlia che c’è passata e mi verrà da ridere a questo loro mostrar muscoli deboli.
Nessuno e niente che mi sappia distrarre dall’attesa, il reparto è in stallo nelle sue piccole sofferenze e ancora non arrivano gli ubriachi.

Io, un caffè, la musica ossessiva, qualche lavoro, aspetto, come la sentinella, che venga giorno.

massimolegnani

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