Mi hanno detto di prepararmi

Posted by the intensivist on febbraio 05, 2013
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Foto di MV

Foto di MV

Mi hanno detto di prepararmi, ma non pensavo così presto… e ho seguito la marea.

Chiuso nel mio sottomarino agganciato alla nave-madre, avevo capito che c’era qualcosa che andava storto… era nell’aria questa sensazione, già da alcuni giorni.

Infatti la “nave-madre”, usciva più volte dal suo golfo e andava a trovare l’equipe di tecnici che , con una sonda ad ultrasuoni, scandagliava l’abisso nel quale ero immerso e navigavo da ormai 190 giorni: e cominciava allora la verifica della pompa propulsiva, delle paratie stagne e delle condutture idrauliche per verificare il mio stato di salute e la mia reattività.

E’ vero, mi avevano detto al corso PNFL (Pre Natal Fetal Life) che ad un certo punto, dopo circa 290 giorni di addestramento, avrei dovuto lasciare il mio ambiente e cercarmi nuovi lidi di approdo; ma adesso il contagiri mi diceva che ero giunto al count-down con largo anticipo… La mia nave-madre mi portava spesso da giorni, in un bacino di carenaggio, dove per effetto della sonda ad ultrasuoni, sentivo rumori e intravedevo luci attraverso il coperchio del piccolo sommergibile under-water, nel quale mi avevano introdotto, dopo avermi assemblato con cura e dovizia nel corso di lunghe settimane di navigazione.

Non ho grandi ricordi dell’inizio, ma nel manuale di istruzioni del corso PNFL, attraverso delle bellissime immagini, avevo “intravisto”, giorno per giorno, mese per mese, quello che era già capitato a milioni di altri cadetti prima di me.

La mia nave-madre negli ultimi giorni, non filava più liscia come prima: si scuoteva di frequente, riducendo virtualmente le pareti del mio sommergibile e dando delle variazioni di portata del “cordone” attraverso il quale passavano le derrate alimentari e le scorte idriche, creando spesso una accelerazione reattiva del mio contagiri .

Mi guardavo allo specchio, appeso alla paratia stagna e sembravo smagrito, un po’ provato…forse era giunta veramente l’ora di iniziare l’ultimo grande viaggio.

Ho fatto mente locale e ho raccolto le mie cose… anzi solo le mie idee, perché in realtà di bagaglio i cadetti-diplomati ne devono avere solo poco con sé, per essere più agili nello scatto e nell’avanzamento in zona nemica… o comunque straniera.

Speravo almeno di lasciare il sommergibile indossando la bellissima uniforme bianca di “vernice” che avevo invidiato ai miei colleghi di corso più anziani che erano riusciti ad arrivare al “termine” del PNFL… ma la divisa la consegnano solo dopo almeno 270-280 giorni di studio e tirocinio, prima delle ultime 2 settimane, in cui.. ogni momento è buono per uscire allo “scoperto”.

Credo proprio che dobbiamo abbandonare il nostro mezzo “under-water”: le scosse sono sempre più frequenti e prolungate, le pareti della nave-madre tendono minacciosamente a pressarmi, tanto che ora non riesco più a fare la mia quotidiana oretta di reazione fisica a base di capriole e flessioni su mani e braccia; faccio fatica anche a controllare il mio “cordone” che mi hanno spiegato non devo mai attorcigliare e devo cercare di tenere dietro di me e non davanti a me, per evitare di rimanere senza rifornimenti. Anche il mare nel quale ho navigato, ha cambiato aspetto: è meno limpido e soprattutto è meno profondo… forse si è aperta l’insenatura stretta del golfo avanti a me.

È l’imbocco del canale, quello da cui mi hanno spiegato al corso, io partirò per l’ultimo grande viaggio verso il “nuovo mondo”.

Ho un po’ paura… non ero ancora pronto, sono piccolo… e un po’ smagrito: ce la farò ? So che non tutti gli allievi arrivano alla fine del corso e qualcuno non ce la fa a vedere il nuovo mondo o qualcuno lo intravede solo per un po’, ma poi… torna il buio e non so se sia dolce o amaro questo buio.

Nessuno è tornato indietro a raccontarlo. Forse il PNFL, tra le sue lezioni, dovrebbe anche annoverare qualche ora da dedicare a quelli che non superano l’esame alla fine della sessione.

Ragazzi, è proprio l’ora… il livello del mare scende, le pareti della nave-madre vibrando con forza si avvicinano e allontanano tra di loro in maniera ormai ritmica (ne conto almeno 10-15 all’ora di vibrazioni).

L’acqua del mare è anche più calda… trasmette calore al mio sommergibile… mi sento la febbre. Mi hanno detto di preparami… Saluto con fretta la stanza che mi ha accolto lungo questi mesi, sistemo il cordone dietro di me, assumo la posizione “fetale” con la testa in avanti e… anche se non pensavo così presto… seguo la marea.

Comincio a nuotare e grazie al cielo che sono piccolo (ma allora è una fortuna !!), passo attraverso il “canale” e sempre spinto in avanti dalle vibrazioni prodotte dalla nave (che si comporta sempre da nave-madre, è premurosa con me!) finisco per intravedere l’uscita, anche se con gli occhi e la bocca serrati, come gli istruttori PNFL mi avevano ripetuto sino alla noia nei giorni passati, prima di approdare, una volta fuori dagli abissi.

Ecco la sommità del mare… sono accecato dalla luce che fino allora avevo intravisto filtrata dalle pareti della mia stanza… che freddo che fa…

– ehi, piano, voi della NICU (Neonatal Intensive Care Unit) anche se siete notoriamente bravi e famosi, non tirate così e… ohi, mettetemi giù, soffro le vertigini ! –

Dove è il mio cordone ?… sento che me lo tirano e…

– ragazzi qui non arriva più flusso! –

Improvvisamente sento la necessità di aprire la bocca e di urlare al nuovo mondo che ci sono anche io… urlo, urlo, sempre più forte… con dolore, perché nel mio petto è entrata una folata di aria fredda che non conoscevo e che, quasi mi fa male…

però se dapprima mi era estranea e fastidiosa, lentamente diventa una brezza sempre più calda e gradevole… mi sembra di respirare una nuova vita.

Uno del team della NICU mi friziona il corpo e un altro con una maschera gigante , mi aiuta a fare entrare il vento (sembra il Ghibli) della vita , lungo le mie condutture aeree… funziona! eh sì che funziona, perché il mio contagiri, inizialmente impazzito, ora ritmicamente batte ad una velocità oraria di 150-170 al minuto.

Mi controllano il peso: sono 1250 grammi… 1250 ho capito bene ? Ma mi avevano detto che di solito si è oltre i 3000 grammi alla fine del corso ? Ah, è vero, sono dovuto uscire prima, perché non era più cosa per me stare under-water… dovevo diventare un terrestre…

Lasciano delle belle pezze calde e morbide sul mio piccolo corpicino e , sempre con una mascherina che mi aiuta a portare il vento nei miei stantuffi, mi sostituiscono il cordone, ormai ridotto ad un piccolo spago, con delle tubature nuove di materiale “sintetico” che gli specialisti della NICU fanno passare attraverso il mio sportellino/ombelico, per far scorrere carburante per tutte le mie turbine.

Comincio proprio a sentirmi bene… non è poi così male questo posto pieno di luce, rumori e esseri terrestri , enormi che mi assomigliano, ma che sono di un tonnellaggio 20-30 volte il mio.

Adesso gli specialisti della NICU, con cappellini, guanti e mascherine (sono proprio come me li avevano descritti), mi adagiano in una nuova navicella, che anche se faccio fatica a vedere bene, ha delle pareti trasparenti, calde e umide con un rumore di fondo… sempre con una sorta di boccaglio-respiratore che tengono vicino al mio naso per darmi una miscela gassosa che comincia proprio a piacermi.

E’ passata solo una mezz’oretta, ma quelli che mi aspettavano sulla riva, sono proprio stati bravi… Guardo o meglio cerco di aprire un po’ i miei occhietti e , fuori dalle pareti della mia nuova casa, vedo un essere, senza mascherina e guanti, che mi è familiare: la faccia non la conosco, ma i suoni che provengono da lei e anche il calore e il profumo della pelle delle sue mani, non mi sono estranee… perchè mi ricordano gli odori, i sapori e le sensazioni del mare in cui mi cullavo… ma sì!: è la mia nave-scuola , ma come potevo dimenticarmi di lei o meglio come potevo pensare che “lei” potesse dimenticarsi di me, anche se l’avevano messa per un po’ di tempo in un bacino di carenaggio !!

La nave-madre… ci tiene proprio al suo incursore sottomarino… o meglio gli vuole proprio bene… si dice così anche tra compagni di corso o meglio tra insegnati e allievi, come me.

Ora rassicurato che il nuovo mondo non è poi così male e la nave-scuola è ancora con me, anche se le paure restano, provo a schiacciare un pisolino , perché, ora ricordo bene ripensando alle pagine del testo PNFL che, se l’avventura inizia prima… è lunga, tanto lunga e per affrontarla bene, c’è bisogno di tanto riposo e energie.

– Oh, voi lì fuori, spegnete la luce, ma continuate a controllare il mio contagiri e che tutto funzioni bene! –

Per ora va bene così, domani è un altro giorno; i ricordi dei tempi passati con gli altri compagni di corso affollano i miei pensieri, ma ora è tempo di concentrarsi per crescere e, con l’aiuto della mia nave-scuola, e dei tecnici della nuova mia navicella, so che ce la posso fare… o almeno provare a farcela!

the intensivist

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una notte in terapia intensiva neonatale

Posted by the intensivist on agosto 28, 2009
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Sono le 2.30 di notte di venerdì sera… mi aspetta davanti tutto un week-end impegnato in ospedale, tra notte, reperibilità e 12 ore di domenica. Che palle!! Ho appena finito di controllare i dati di ventilazione dei sei neonati ricoverati in terapia intensiva. Ce ne sono altri 15 fuori in post-TIN e nei box esterni. Il suono del cicalino… Che palle!! “E’ il neonatologo di guardia?” “Si sono io dica”. “Tra 5 minuti portiamo la 303, la donna gestosica con iposviluppo alla 24 settimana, in sala cesarei, perché ha avuto una crisi ipertensiva” “Va bene, mi organizzo con le ragazze per portare la culla e arrivo”. Ma porca miseria… ma proprio a quest’ora devono fare un cesareo? E poi dove lo metto… chi lo dice a quelle rompi… delle infermiere? Ho un posto solo libero in TIN e domani mi nasce la gemellare alla 33 settimana, cavoli loro, di quelli che ci sono domani, io stasera questo lo devo ricoverare. “Ragazze, è la sala parto: nasce l’iposviluppo alla 24ma il solito catorcio chi viene giù con me e porta la termoculla?” “Dottore non abbiamo 4 mani. Dà lei da mangiare alle altre jene? Cominci a scendere giù e arriviamo”. “OK, io mi porto giù la culla e anche il surfattante”.(Sì, ma che palle!!)
Il solito ascensore che non arriva mai, scendo a piedi, faccio prima.
Con gesto veloce digito 1-2-3-4 e poi cancelletto, si apre la porta della zona parto, passo davanti all’isola neonatale, controllo velocemente che tutto sia in ordine: Neo-Puff, ventilatore, laringoscopio, cateteri,etc.
Indosso, camminando, mascherina, cappello, guanti sterili e con il gomito premo sul tasto rosso della porta scorrevole della sala cesarei. “Buonasera… tirato giù dal letto dottore ?” “NO, no, stavo ancora controllando i catorcetti che ci date sempre e che sono in TIN”. Il ginecologo di guardia, freme con in mano la pinza che ogni tanto usa, pizzicando la pancia della gravida, per verificare se ha preso o meno la spinale. “Sente la pizzicata, signora?” “Si, dottore”. L’anestesista interviene “Ancora un attimo Andrea, la spinale l’ho fatta da meno di 5 minuti”. “Signora, sente il pizzicotto?” “No”. “OK si parte , bisturi…” Passano 3 minuti e Andrea è già sull’utero, divarica i retti addominali, batuffolo, con la forbice rompe il sacco, liquido limpido (meno male); eccolo. E’ podalico, ha il pisello (che sfiga prematuro e anche maschio!), peserà 6-7etti; a testa in giù aspirazione delle prime vie aeree, poi tra le braccia avvolte dal lenzuolino blu sterile della puericultrice e poi giù sull’infant warmer.
“Asciugalo, passami la mascherina”. Gli faccio fare una sustained inflation, come vuole quel rompi… del primario (si incav… se poi non lo faccio); oh però funziona! E si perché dal saturimetro annoto che la frequenza è 120/bpm anche se la saturazione è solo 65-70%. Ma chi se ne frega, Colin Morley, (dice il direttore), ha visto che ci vogliono almeno 5 o 10 (non ricordo bene) minuti per raggiungere la saturazione ottimale (oltre 90 o 95% che ne so, qui continuano a cambiare i valori in letteratura). L’importante è che la frequenza sia buona: “Ce lo hanno insegnato gli anestesisti”, continua a predicare il direttore. Va bene così. E dai respira, rompino di un bambino, prova a piangere, ma è un gemito. “Lo intubi ?” il solito rompiballe dell’anestesista con il fiato sul collo che gli ficcherebbe giù il tubo tracheale sempre. “Si, adesso, se non si riprende con la seconda sustained”. “Che cos’è la sustained?”, mi dice l’anestesista tirocinante che non sa un cav… ma che si deve impicciare di tutto. Non gli rispondo neanche, prendo il laringoscopio “Aspirate che non si vede un cavolo ha la glottide alta (ma è sempre così alta la glottide davvero o sono io che non sono capace a incubare? ma non potevo intubarlo in TIN con le mie ragazze?). Oh finalmente arriva dalla patologia, la mia infermiera, anche perché finalmente l’ho intubato, ma mi stavano dando un cerotto per fare il baffo sul labbro che sembrava una cintura per pantaloni. “Va bene, dottore la mandata del NeoPuff passa sia a destra che a sinistra, e satura bene 86% con la frequenza a 130/bpm” “Come sta?” Mi chiede Giorgio il ginecologo; “Ce la fa?” “Ma come cav… posso saperlo ADESSO? Chi sono il Padre Eterno?” “Per ora è discreto, adesso gli faccio il surfattante, poi lo incannulo su in TIN, e tra un’ora ci risentiamo”. Mi giro dalla parte della porta a vetri che dà nell’anticamera della sala cesarei: faccio un segno di OK con il pollice e indice al padre; quindi con l’indice che rulla nell’aria, gli faccio capire che ci sentiamo dopo, su al 5° piano.
Sospingiamo la culla da trasporto verso l’ascensore, sempre ventilando a mano il 24 settimane che adesso è un po’ più bellino di prima e che si muove come una rana.
Arriviamo in TIN sono le 3.15, lo mettiamo in culla, lo pesiamo: 650 gr, un altro ranocchio, lo attacchiamo al ventilatore: 60 atti, in SIPPV+VG (come vuole il direttore, che con la sua voce mi risuona nelle orecchie: ah sì, il Vt a 7 ml/Kg, “per lo spazio morto”. Che palle anche lui. “Mi raccomando fate il reclutamento, al limite se potete mettetevi in due, chiamando il reperibile, tanto ve ne capitano solo due o tre nell’anno di notte di neonati veramente prematuri: uno incannula i vasi ombelicali, l’altro recluta il polmone”. Ma a casa, si calmerà almeno un po’, o fa così anche con moglie e figli? capisco perché poi è sempre nervoso. Provo ad incannulare anche l’arteria: ma io non sono capace, ci rinuncio gli prendo solo la vena ombelicale: “Misurate la distanza spalla ombelico”, dice il primario, me lo sento fischiare nelle orecchie; oh mer… l’ho dimenticato, ma va bene vado su con il catetere, 3 F, finchè con la siringa non verifico che va bene sia in aspirazione che in infusione. Ore 3.55: prima emogas: ph 7.23, PCO2 35 PO2 85 (ma è arteria o vena, o sono troppo alto con il catetere? La famosa misurazione spalla-ombelico forse serviva! Vabbè, dopo la lastra del torace lo tiro giù il catetere. “Dottore, Laura è in bradicardia, è la terza apnea cha ha in due ore. Rimette finalmente le N-CPAP?” “Aspetta, dalle un attimo, fammi controllare quanto fa di caffeina? Non è che per caso ha rigurgitato prima?” “Dottore, Marco ha perso la vena periferica. E’ la terza che perde oggi. E’ massacrato nelle braccia e gambe; ma gli mette una vena centrale vero?” “Se aspettate un attimo. E poi non c’è Laura che prova magari a mettergli una periferica nella safena, lei è brava no? Se non ci riesce lei allora provo io a mettergli un centrale” Ore 4.10 chiamo il reperibile della radiologia per la lastra del torace e posizionamento CVO. Naturalmente è reperibile e mi ha detto che prima di 45 muniti non arriva, perché c’è traffico oggi e abita fuori Milano. Ma che cavolo di reperibilità è? Mando le provette dei prelievi giù in laboratorio con il bussolotto della posta pneumatica per gli esami; l’ho portati io perché le ragazze sono impegnate. Già che ci sono vado anche a ritirare il plasma che per telefono han detto che è pronto per Silvia; ma allora potevo anche portarle a mano le provette. Amen!! Le provette son già partite.
Ore 4.55: arriva il tecnico di radiologia “T’ho chiamato da più di mezz’ora!!” “Lo sai che abito fuori Milano e non ci posso fare niente”. “Dottore, s’è stubato Filippo. Piange!” Merda secca. Lo reintubo senza grosse difficoltà. E’ chiaro qui in reparto è più facile. Lo rimetto in SIPPV+VG e torno sull’ultimo arrivato. Fatta la lastra, guardo l’immagine al computer: un polmone di m… 6-7 spazi, RDS di 3°-4° stadio, e il surfattante l’ho già fatto, ma dove cav… è finito? Il primario dice però che se satura bene e ha bisogno solo del 25%, l’FRC è fatta e quindi non devo guardare la lastra, e posso fare anche il gradiente arterioso/alveolare per verificarlo, bla, bla, bla.
Ore 5.20, il cicalino: “Dottore in sala parto, nella margherita, una ventosa”. Che palle, giù di corsa sempre per le scale: mi ha detto nella margherita o girasole? beh, chiedo quando arrivo giù. 1-2-3-4 cancelletto, entro.
Entro nella margherita era giusta l’indicazione, il rompino è già nato, urla, sta benissimo. “S’è fermato allo scavo pelvico, ma sta bene” dice la ginecologa di guardia. E allora perché hai fatto la ventosa mi viene da pensare?
Torno in reparto sono le 5.30, comincia a spuntare un pò di luce fuori dalla finestra, la notte è un po’ meno ovattata e dall’alto del 5° piano vedo l’alba dietro il campanile e sullo sfondo, tra le nuvole, un aereo decolla da Linate. Qualche taxi sulla strada e i camion della nettezza urbana. Cominciano a circolare anche i primi lavoratori, quello del primo turno… a proposito, anche il mio cambio prima o poi arriverà, verso le 8 o poco dopo. Poco dopo, speriamo, sono proprio stanco. “Dottore, Federica, ha 2 cc di RG biliare, che faccio? Ha anche un panciotto con tutte le anse disegnate”. “OK sospenda il pasto e poi vediamo cosa fare tra tre ore”. “Dottore, Mario, ha avuto due apnee mentre lei era giù per la ventosa, ho messo due litri di ossigeno, se no non saturava più di 90%”. Ma non hanno ancora capito che non serve a niente l’ossigeno per le apnee? “Va bene, lo lasci in ossigeno, però lo concentri e non lasci il bocchettone, altrimenti ce lo troviamo al 100% di saturazione e gli viene la ROP”. “E sì e noi invece a forza di farlo desaturare, lo facciamo diventare scemo. O sta qui lei dottore a controllarlo che non desaturi, mentre noi ci preoccupiamo degli altri 20 o gli lascio il bocchettone, fisso”. Mah, c’hanno anche ragione loro. Arriva il papà della 24ma: è agitato, la moglie lo ha chiamato di corsa da casa, è il primo figlio, tanto atteso, ha le lacrime agli occhi; entrando in TIN, si sbaglia e si ferma prima davanti alla culla di un altro in ventilazione meccanica: sono tutti uguali, eppure così diversi tra di loro. “Come stà? Tutto bene? Ha tutto?” Ma come posso, spiegargli tutto stanotte? Lo invito a toccare il figlio con le mani, ma lui ha paura e dopo 5 minuti, e dopo la firma dei 350 consensi richiesti sulla cartella clinica (“La cartella è tutta a posto?” Il solito direttore),scende dalla moglie, a rassicurala. Di che, non si sa, siamo solo all’inizio, di un’avventura che durerà almeno 3-5 mesi. Se vivrà poi…
Ore 6.30, provo ad andare in camera e mi sbatto sulla sdraio; il direttore mi aveva detto che lui quando faceva le notti, lavorava al computer in TIN e tra una visita e l’altra scriveva gli articoli. Mah! Ma si rende conto di notte il casino che c’è qua? Ventose, flebo, cesarei. “Dottore la 24 settimane, desatura, e l’allarme del VG suona, Vt basso. O controlla il respiratore o si mette lei qui davanti a struccar il buttun”. “E’ sceso un po’ il tubo, ecco perché desatura: fissatelo meglio con il cerotto, di 0.5 cm più in su; era anche girata la testa, ora passa meglio e satura meglio”. Sono le 7.30, vado stancamente a darmi una sciacquata alla faccia: sembra che mi abbiano dato due cazzotti in faccia, ho due occhi con delle borse sotto che. Faccio pipì, me ne ero dimenticato e la vescica cominciava a dare i segni di irrequietezza. Sono le 8.07 arriva Luigi, a darmi il cambio “Ciao, come andata?” “Non ho chiuso occhio, neanche un minuto”. Suona il cicalino. “Dallo a me, dai”. Non vedevo l’ora. E’ finita, ma domani per 12 ore si ricomincia. Sono stanco, ma… E’ la vita.

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