Ospedale di provincia

Scritta da Herbert Asch su giugno 01, 2014
testimonianze
foto di DB

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“Nella veglia salvaci, Signore,

nel sonno non ci abbandonare,

il cuore vegli con Cristo

e il corpo riposi nella pace. ”    

(Compieta – antifona al Cantico di Simeone)

La radiosveglia segna le 0:03, coi suoi numeri luminosi un po’ fastidiosi, ma indispensabili, perchè voglio sapere che ora è quando mi sveglio di notte. Come stanotte, che potrei dormire tranquillo.

E invece giro.

Di qui.

Di lì.

Macché! tanto vale alzarsi, tanto non riprendo sonno. Mia moglie dorme tranquilla, un respiro regolare, lento, appena un po’accentuato. Mi sfilo la CPAP, silenziosa compagna della notte. Non ho mai faticato a tenerla, anzi, spesso concilia un sonno profondo e senza sogni, di buon riposo. Ma stasera non ce n’è; e pure mi è venuta un po’ di fame: magari scendo a sgranocchiare qualcosa, anche se in frigo c’è poco.

Il frigo più attrezzato è a casa di mia figlia, che sta per conto suo: da lei c’è un ripiano solo per le bibite, un pacco di lattine di coca e uno di fanta; nei rimanenti spazi, tubetti di maionese, wurstel, patè, budini, pancarrè, sottilette e un sacco di altre porcate che fanno male al fegato, ma scaldano il cuore delle notti insonni.  Il nostro frigo è più salutista, verdure cotte e crude in tutte le salse, bistecche, uova. Al massimo può capitare di trovare una cartina di dietetica e triste bresaola, ormai rattrappita, di rappresentanza, perchè crudo, salame e mortadella sono svanite al primo serio assalto; la bresaola non se la fila nessuno e rimane a muta testimonianza di una volontà salutista ed imbelle.

Mi siedo al tavolo con un cubetto di parmigiano ed una fetta di pane di segale.

E mi vengono in mente le notti di tanti anni fa, primo lavoro da anestesista, in un ospedale di provincia, anni ottanta…

Allora il Pronto soccorso era in mezzo all’ospedale, che si alzava sopra di esso per cinque piani. Le sei stanze di cui si componeva si aprivano tutte sul corridoio, tre di qua e tre di là: cucina, studio medico, sala emergenze, deposito barelle e una grossa sala a due postazioni.  E bon.

Ti sedevi in corridoio e le tenevi d’occhio tutte. Con uno degli internisti, che spesso faceva la notte, ci si intendeva bene. Di buona favella, grande e grosso era di una simpatia immediata, e schietta. Molto colto, aveva fatto già un po’ di tutto in ospedale: l’internista, il neurologo, il trasfusionista, il gastroenterologo, a seconda di dove c’era bisogno. Verso le undici, quando non c’era casino, andavamo a sederci in portineria di fronte alla bollatrice. Si salutava un po’ chi andava e veniva, essendo l’ora del cambio, e intanto ci si faceva un idea della geografia interna dei reparti. A seconda di chi montava capivi se si poteva andar a fare due chiacchiere o era meglio girare alla larga, se c’era accesso al frigo, oppure se si sarebbero barricati dentro.

Erano tempi in cui si cominciava a parlare di BLS, e un mattino, era sceso in Pronto il nuovo primario, fresco di studi dall’America e da lui avevamo visto, per la prima volta, con meraviglia, applicata la tecnica del massaggio cardiaco, che fino al giorno prima ci eravamo immaginati un po’ così a modo nostro, con i gomiti piegati e a livello del letto, qualche colpo e via… ci abbiamo provato, ma… il cuore non ha retto…

Vedemmo il nostro capo pompare come un forsennato su una panchetta rialzata per venti minuti, braccia tese e spalle perpendicolari, dopo avere intubato il paziente, sparando fiale di adrenalina nel tubo, senza stare a perder tempo a mettere flebo impossibili da mettere; e il cuore del paziente era, miracolosamente (a nostra impressione) ripartito…

Degli stessi anni, ricordo un ragazzo con una ferita penetrante sino al pericardio; oggi l’avremmo portato in cardiochirurgia (se ci arrivava) ma allora per lui toccò cercare il chirurgo bravo, ma che non si trovava, niente telefonini ancora.

Poi a qualcuno era venuto in mente di andarlo a stanare nella garçonniere che aveva nel condominio di fronte. E lì l’aveva effettivamente trovato, con la nuova infermiera appena entrata in servizio (ma quello era un altro tipo di servizio…). Lui venne, ricucì gli strati con una calma ed una perizia impareggiabile, e alle tre di mattina si ritirò a finire i discorsi iniziati.

C’erano, a volte, notti tranquille.

Herbert Asch

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