E’ notte. Mi segnalano un paziente vittima di trauma maggiore che dovrà accedere alla sala operatoria per sottoporsi a sintesi di frattura di femore, verificatasi durante una fuga in motorino, per sfuggire alla cattura, da parte della polizia. Si tratterebbe di uno spacciatore che presenta anche una frattura vertebrale cervicale, senza deficit neurologico, stabilizzata con collare rigido. Poiché l’addestramento di anni mi spinge ad anteporre i problemi clinici ai giudizi morali, che per mia fortuna sospendo sempre con immediato automatismo, mosso dalla necessità di verificare le condizioni del paziente, mi reco in pronto soccorso, dove un nigeriano di colore, poco più che ventenne, dal fisico asciutto e atletico e dall’espressione tesa e preoccupata, giace in barella. Non parla italiano, evidentemente è da poco nel nostro Paese, ma, come molti nigeriani, si esprime assai bene in inglese, sicuramente meglio di me. Dopo aver parlato coi colleghi del pronto soccorso e presa visione della documentazione clinica, tento l’approccio con lui, nel mio inglese approssimativo, reso ancora più maccheronico dall’ora tarda della notte. Nella testa, cognizioni mediche e linguistiche si accavallano, minacciate dalle ombre incipienti del sonno. “Do you suffer from allergies? What about your medicines and drugs?…”. And so on! Ovviamente omette l’inseguimento da parte delle forze dell’ordine, ma mentre parliamo, quel viso, inizialmente ingessato di serietà, pian piano si anima, per sfociare, infine, in un sorrisone divertito e smagliante a trentadue denti, che tanto contrasta con il colore della pelle. Complice, sicuramente, la mia involontaria comicità linguistica. Mi chiedo quindi come quel giovane, dall’aspetto così “normale”, sano e finanche educato, possa vendere la morte e mi rispondo che forse, se fossi disperato e alla fame, lo farei anch’io!
Poco dopo arriva in pronto soccorso quello che presumo sia il fratello maggiore, alto un metro e novanta e piuttosto grosso e adirato o preoccupato -non riesco a capire: forse tutte e due le cose – scortato dalla polizia municipale; non appena si avvicina alla barella, i due si scambiano uno sguardo fugace e il giovane abbassa gli occhi e si fa serio. Non capisco quel breve incrocio di sguardi: rimprovero per l’atto delinquenziale o per essersi fatto beccare? Vista la collaborazione offertami dal fratello maggiore, penso si tratti di riprovazione. “Faccia tutto ciò che può”, mi dice, sempre serio e preoccupato e poi mi ringrazia in anticipo. Coi vigili urbani, alla ricerca di dati, è un po’ più oppositivo, sicuramente infastidito: non li manda a stendere, ma quasi, nonostante il loro garbo, ossequioso delle corporature!
A paziente sveglio e collaborante, procedo all’inserimento del sondino naso gastrico e poi, in sala operatoria, all’intubazione naso-tracheale col fibroscopio. Quindi addormento e il paziente viene operato. Al risveglio, le prime parole che sento sono: “God bless you”. Le ripete anche nei giorni seguenti, ogni volta che mi vede, accompagnandole con tanto di sorrisoni e imbarazzanti baciamano. Anche i famigliari mi augurano benedizioni divine: forse loro ringraziano tutti così! Sicuramente, io ringrazio loro.
“…dal letame nascono i fior” (F. De Andrè)
Zarianto