Archive for novembre, 2011

La Danza del Coagulo

Posted by Sbaru on novembre 28, 2011
cronache / 2 Commenti

Sono solo uno studente in medicina per ora, non so neanche se posso già lasciare qui traccia della mia esperienza… fatto sta che questa notte è stata la mia prima notte in ospedale.
Frequento in cardiochirurgia e il giovedì gli specializzandi riposano e gli studenti vanno in sala. In questo momento l’unico vero studente sono io, infatti ormai quelli che sostituiscono gli specializzandi il giovedì sono dottori in coda per l’ingresso in specialistica. Ovviamente l’operazione più “scomoda” l’hanno sbolognata a me. Un re-intervento nel tardo pomeriggio… bello, vedere sostituire due valvole da mani esperte è meglio che andare al cinema, soprattutto quando ti trovi lavato sul campo operatorio e ogni tanto ti viene chiesto di toccare un cuore con mano, mettere punti o semplicemente aspirare del sangue.
L’operazione è praticamente finita, è il momento di chiudere…tocca a me! Ma la paziente in questione non ha intenzione di coagulare, il sangue che ristagna nel mediastino è fluido come se avesse preso l’aspirina… la sua ACT resta a 190 anche dopo 2 sacche di plasma. L’intervento che poteva finire in cinque ore sembrerà durare molto di più.
Le garze sembrano sempre più rosse e dopo averle provate tutte, comprese le garze bollenti su pleure e pericardio, una infermiera improvvisa la danza del coagulo. Sono troppo stanco per arrivare a leggere l’ora, ma sicuramente la mezzanotte è passata da un pezzo…ciò che inizia a preoccuparmi maggiormente sono le news dal reparto: una signora, non si sa bene come, ha deciso che era la sera giusta per rompersi l’arteria femorale, e così con due clamps uno a monte e uno a valle della rottura giunge nella sala affianco alla mia in urgenza.
Arrivano notizie di un espianto ex vivo di polmone a un ospedale vicino, tutti scalpitano perché è in corso uno studio importante e uno dei nostri pazienti sta per avere in dono il respiro di qualcun altro.
E in tutto questo io sono sempre lì con le mie garze che ormai non si contano più e sono sempre più rosse. Arriva un giovane strumentista in sala urlando “dissecante”…
è l’urgenza per eccellenza in cardiochirurgia e probabilmente la sua notte sarà ancora più lunga della mia!
BASTA…non ha più senso aspettare, ancora una sacca di plasma e poi si chiude lo sterno, si aggiunge un drenaggio in più, ma ci sono in gioco complicanze ancora peggiori di un sanguinamento post-operatorio dopo dieci ore sotto i ferri!
Finalmente quel torace aperto e irriconoscibile, ora ha un aspetto quasi umano, se non fosse per quei 3 tubi che sbucano poco sopra la pancia!
Esco dalla sala operatoria strappandomi il camice sterile neanche fossi dentro un telefilm…peccato che, neanche fuori dal reparto operatorio, giunge la notizia che il dissecante probabilmente non ce la farà…
mi sento in colpa. Non so perché, ma mi sento sempre in colpa, anche quando nella mia impotenza, non riesco a fare il possibile.
Mi assicuro che la mia paziente stia bene, scrivo l’atto operatorio e fuggo in sella alla mia moto, nel buio della città, lontano dalle luci della corsia di ospedale.
Vorrei fumarmi una sigaretta, ma purtroppo non fumo…mi accontenterò di apprezzare il mio respiro che di norma silenzioso mi permette di vivere e di far sopravvivere…

Sbaru

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50 anni di matrimonio

Posted by rem on novembre 13, 2011
cronache / 5 Commenti

Sono le tre e vorrei provare a dormire, oggi la Tc non funziona, il 118 è stato avvisato  e l’afflusso dei pazienti è inferiore al solito, ma basta solo pensare di poter riposare,  prima ancora di pronunciare le fatidiche parole “ragazzi io proverei a mettermi  giù“ che il campanello del triage suona ripetutamente.
Provo lo stesso a stendermi ma so già che servirà solo a farmi rilassare le gambe affaticate per pochi minuti, il telefono  squilla  nella stanza del  medico di guardia. “ ci sono visite” dice Daniele dal triage.
Poi lo incontro prima di entrare in sala visita “ è una coppia di anziani, lui questa sera  le ha misurato la pressione  e l’ha trovata molto bassa così si è spaventato e l’ha portata qui” Sono nervoso, incazzato, volevo davvero riposare, domani speravo di godermi un po’ la giornata invece di morire stramazzato sul letto.
Cazzo è possibile che ormai si venga al pronto soccorso per qualsiasi cazzata, ma se la signora stava bene che cosa l’ha portata a fare e perchè cazzo le ha misurato la pressione alle tre di notte?
Non se ne può più di tutti questi anziani.
Indosso comunque la mia faccia migliore ed entro nella stanza. Di fronte a me c’è un signore  alto con un buon portamento ed un’espressione di scusa quasi avesse sentito le mie parole.
“sa dottore mia moglie ha 88 anni, ha una grave insufficienza mitralica e lei non ha voluto farsi operare ma io ho paura, ho paura che muoia, sa stiamo insieme da 50 anni”.
Ci metto un attimo ad ingoiarmi i pensieri e a sentirmi un imbecille
La moglie è lì, già stesa sul lettino tranquilla con una faccia un po’ seccata
“ è lui, è lui che ha voluto potarmi, io sto bene, non volevo venire, ma lui si spaventa sempre per ogni cosa e mi porta in ospedale  ma quando torniamo a casa mi sente.”
“Va bene signora adesso vediamo”
Gonfio il manicotto e sgonfio lentamente : 120/70,  magnifico! c’è una fibrillazione atriale (già nota) con una frequenza normale, la  signora respira benissimo da supina, la saturazione è sopra i 98% in aria ambiente, c’è  un gran soffio puntale ma non lo straccio di un rumore umido sul torace, niente all’addome, non edemi. Lei  mi guarda e sorride
“ allora dottore è vero che posso tornare  a casa ? tanto io non mi faccio operare ho già deciso, ho 88 anni, dottore. Daniele mi mostra l’ecg: ndp, sovrapponibile ai tracciati precedenti.
“Certo signora che può tornare a casa “.
Lei guarda il marito soddisfatta, lui le si avvicina per baciarla, lei lo allontana, sembrano due ragazzi, potrebbero avere cinquant’anni di meno.
Scaramucce da innamorati.
Cazzo che triste è la  vita. Lui sa che la perderà da un momento all’altro ed ha una paura del diavolo, ha tanta paura che non riesce a godersi il tempo che ancora vivranno insieme. D’altra parte, mi dice, i dottori gli hanno detto che se lei non si farà operare morirà senz’altro e di non farle fare quasi niente, nessuno sforzo, qualcuno la ha anche trattata male perchè ha rifiutato di farsi operare. Sì, lo so, in ogni categoria ci sono gli  stronzi integralisti, o fai come dicono loro o si incazzano, si offendono.
Come se non sapessero che a ottantotto anni, anche senza un’insufficienza mitralica si può morire da un momento all’altro.
O anche a quarant’anni o anche meno.
Come se non sapessero che si muore ugualmente.
Tornate a casa tranquilli, e lei non si preoccupi, la porti pure al mare con la macchina, poi quando siete lì sedetevi davanti al mare  e guardate forte più che potete,  fate finta di niente come se doveste vivere per sempre insieme, non abbiate paura.
E’ quel che mi sento dire, più o meno
Qualche volta mi scordo che le parole servono davvero.
Lui  finalmente si rilassa e sorride.
Chiudo il verbale, vorrei scrivere ‘paura di perdersi dopo 50 anni di matrimonio’
Dici poco? È una diagnosi che mette i brividi, allora scrivo ‘riferita ipotensione in nota insufficienza mitralica severa (la pz ha rifiutato l’intervento cardiochirurgico)’

E’ più corretta,  ma di verità solo l’ombra.

Rem

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Loro

Posted by Pills on novembre 02, 2011
emozioni / 5 Commenti

Mi hanno chiamato per te.

Qualcuno ha avuto la premura di chiamare il 118 per te. Se per dovere, per genuina preoccupazione perché è un amico, un parente, il tuo partner da poco o da una vita…beh, questo non importa. Hanno chiamato e noi siamo arrivati.

Appariamo come facchini della salute con lo zainone, il monitor, la bombola e il porta-aghi. Carichi come muli.

Hanno chiamato per te. Ti abbiamo trovata nel tuo letto matrimoniale. Eri senza tono muscolare, la bocca cadente da un lato, occhi chiusi, colorito grigiastro. Un odore acre e penetrante ci ha segnalato un rilascio degli sfinteri. Il tuo ECG segnava un battito ogni troppi minuti. Siamo arrivati ma tu non ci hai aspettato.

Tuo marito ci ha detto che alle quattro lo hai svegliato perché non ti sentivi bene e che lui ti ha fatto una camomilla e ti ha portata in bagno.

Io e l’infermiera ti abbiamo lisciato la camicia da notte a fiorellini, ti abbiamo messa dritta e ti abbiamo coperta con la trapunta leggera che avevi, con tutta probabilità, appena tirato fuori dall’armadio. I primi freddi avanzano.

Tu invece hai avuto un infarto. Il terzo. La goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non reagivi ai nostri farmaci. Ti abbiamo dovuto legare le braccia per portarti di peso attraverso i tuoi stretti corridoi fino al tuo letto. Tua moglie era inconsolabile. Non ha voluto le goccine.

Tu, eri un poverino. Sei morto solo su una panchina. L’ultima dose ti è stata fatale. Ti avevano dato il Narcan, ma non l’avevi dietro. Eri rannicchiato, con gli occhiali storti. Te li ho tolti e ti ho schiaffeggiato urlandoti: ”Signore? Signore!!! Mi sente?”. È arrivata la polizia, ti abbiamo coperto con una metallina. Eri in un postaccio. Gli unici che hanno avuto pietà di te rannicchiato sulla panchina sono stati due ragazzi gay che hanno chiamato e hanno vegliato su di te fino a che non abbiamo dichiarato il tuo decesso.

Tu invece, primo di tutti, sei stato il più sfortunato. Eri innocente. Niente droga, né alcool. Eri a casa, magari stavi bagnando le piante dopo mangiato. Ti sei sentito soffocare e hai vomitato. Ma non avevi più aria. Eri solo. Ci ha chiamato la tua “fidanzata”. Ti abbiamo rianimato con RCP, 30:2 e tutto l’iter della MSB. Sei stato il mio primo. Ti ho tenuto la mano anche se era palese che non ci fossi più.

Tutti voi, belle o brutte anime non importa, voi siete i pazienti più temuti dal novellino. Ma il “pivello” sbaglia. Voi siete i più tranquilli, i più bravi. Eppure vi temiamo, vi portiamo molto rispetto, vi “coccoliamo” di più.

Fino a che non lascio casa o il luogo del servizio io so che mi hanno chiamata per voi, voi siete una realtà fisica anche se non più psichica. Siete reali, siete i pazienti e io so che il paziente deve essere il mio unico pensiero e deve ricevere la massima cura anche se puzza, anche se non è proprio “pulito”, anche se è da film dell’orrore.

Vi parlerò chiaro, dato che vi ho pensati tutti in una botta: io vi ho curati come se foste ancora vivi. Non ho risparmiato a nessuno una carezza, una sistematina agli abiti, un’occhiata, una ripulita.

Vi ho curati. Siete stati i miei pazienti.

Mi è molto dispiaciuto per voi.

I morti (perché non sono “mancati”, “volati via”, “chiamati”, “scomparsi”) sono i più grandi insegnanti. Ti plasmano in termini di paure antiche dell’essere umano, ti obbligano ad avere tatto ed empatia.

Nessuno può rimanere indifferente davanti alla morte. Puoi metabolizzare meglio, puoi arrovellarti nel pensiero per più tempo, ma prima o poi la tua mente si ricorderà di quel viso, di quel corpo, di quegli odori.

I tuoi morti sono un monito, un moderno “memento mori”.

Trattali come pazienti, perché è quello che sono, e loro ti daranno sempre qualcosa di arricchente in cambio.

Imparerai a conoscere meglio quel tuo compagno di equipaggio con cui non hai parlato mai tanto, esorcizzerai il terrore dei morti che avevi, imparerai come comportarti, raccoglierai frammenti delle loro vite. Tutto ti si sedimenterà nell’animo e nella mente.

E tornerà a galla in momenti inaspettati. E sarà estremamente utile.

Grazie, miei Morti. Vi ricorderò ogni tanto. Ve lo meritate.

Pills

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