la luce delle stelle

Scritta da Pentothal su gennaio 29, 2009
emozioni

Come un rito, a fine guardia, ti avvicini al lavabo e ti lavi via la notte dalla faccia, uno sguardo allo specchio una carezza alle occhiaie e sei fuori, la luce appare irreale e morbida ma sempre troppo forte per i tuoi occhi rossi.

Le ruote della macchina fischiano sul cemento liscio del parcheggio sotterraneo che mi aspetta dopo due notti e due giorni di lavoro. Sistemo la macchina quasi senza sforzo. Di inerzia e consuetudine, a volte, ne vivono anche i motori e le apparecchiature elettroniche. Come i tasti del computer che sono leggermente più consumati su lettere che indicano certe parole. Come liberta’ pace e pane.

Le stelle vibrano stanotte. Un cielo terso, limpido. La luna piena rende più azzurro tutto lo spazio sopra la città di pietra. Altrove nello spazio, che sia la notte nera.
Qui tutto brilla. Emette bagliori. Forse le esplosioni di gas, le scariche di energia e le forze oscure che regolano l’universo. Ma ogni cosa traspare armonia, in questo viaggio fra un tramonto arancione ed un’alba che si prospetta viola e porpora, in una notte un po’ speciale.

Difficile essere freddi di fronte a quello che tu hai vissuto, che il pianeta ha vissuto, l’affermazione tangibile di un miracolo laico. Generare vite da una spezzata, mantenerne solo il soffio con la conoscenza, migliorarne altre con la virtù, l’attitudine.

Devi vivere, convivere con la faccia che hai, nelle mattine di crisi e di euforia, entrambe ingiustificate emozioni in una visione di lungo periodo.

E devi conviverci, con questa impressione di inizio anno che
c’e’ sempre un grumo di foglie che blocca i binari per ritardi abissali,
c’e’ sempre un grumo che blocca un catetere per un viaggio senza ritorno
c’e’ sempre un frammento del tuo volto che non riconosci mai, che scopri in un alba invernale e
c’è sempre all’improvviso una luce siderale notturna che ti fa fermare ad osservare l’intorno che diventa sereno e placido, anche dalle finestre di una Terapia Intensiva.

Ci sara’ sempre un intoppo ad un piano ben delineato e programmato.
Il capo che si preoccupa per qualcosa che doveva essere fatto ieri e l’ha saputo solo stamani, l’infermiera che ti corre incontro urlando selve di consonanti e di vocali, acronimi di tragedie dove mettere la testa e le mani, IMA EPA FV IRC IPPV BLS SHOCK… Ti interroghi un attimo sul paradosso e subito dopo devi muoverti, correre, ansimare sulle scale del mondo della scienza, inventarti astrazioni e cose sensate da dire, fare, baciare, lettera e testamento.

esercirtare la professione come una virtu’
La virtu’ che si genera dall’improvvisazione e dalla conoscenza, per lanciarsi nelle giornate in un giro di blues senza protezione, senza spavento, con misura. La virtu’ che nasce dalla passione, dal metodo che diventa follia pura, fieramente antagonista rispetto al mondo ed al suo corso.

E rimboccarsi le maniche per sentirsi parte di un unicum. Che ti manca, ti manca nelle cose del tuo lavoro come in quelle del tuo Paese. Quel senso di unita’ e di amore al destino dell’altro, che hai trovato nello sguardo fiero e lacerato di una madre che saluta la vita che ha generato

Cerchi un attimo di silenzio, nelle emorragie cerebrali che accadono tutt’attorno. Nelle tragedie che accadono. Nei terremoti umani ed in una serie di sguardi, volti, che, ancora una volta, devi fronteggiare. Con coraggio.

Poi, torni ad osservare quel volto nello specchio e ti si ripropone quel
dilemma di una vita che non vuol rallentare mai, nonostante la crisi.

E piangi, come una fontana rotta, senza imbarazzo.
senti il senso della tua professione ravvivavato da una storia che e’ arrivata a destinazione per ripartire ancora una volta.
Energia che ricade sulla Terra, che vive ancora l’assurdità della guerra, sulle zolle appena girate sulle vigne con i frutti ancora appesi. Energia, veleno, amore e vita nei giorni iracondi e sedati che si susseguono.

E leggi rassegne stampa che dicono ma non sanno raccontare, parlano di fegato reni e cornee, dimenticando che il cuore , quello, lo abbiamo messo noi.

E non c’e’ rimedio se non cantare ancora un’altra canzone. Di protesta. O delirantemente sentimentale, dedicata a Giuseppina assorta a guardare le stelle dall’altro versante delle cose

Pentothal

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6 commenti

  • stefano scrive:

    E’ il tramonto o l’alba? L’inizio o la fine di una notte di guardia?quante volte ho osservato distrattamente una così meravigliosa immagine dalla finestra del mio studiolo, assorto dai problemi che mi attendevano o dai problemi che mometaneamente lasciavo ai collehi del giorno

  • il guardiano scrive:

    …tramonto. Ma potrebbe essere anche un’alba. Per questo mi è piciuta molto. Evoca due momenti che per noi hanno lo stesso significato: l’inizio o la fine di un turno.
    Grazie a Marco, Enrico, Dan che con le loro fotagrafie ci regalano nuovi e inconsueti sguardi sul mondo…

  • Simona Latronico scrive:

    che le tue stelle disegnino la tua partenza.
    l’affano, lo sappiamo bene,è stato scolpito nelle nostre dita quando abbiamo deciso di far diventare la nostra sensibilità il motivo precipuo della nostra vita.
    a presto.
    Simona

  • luciana paolicelli scrive:

    …c’e’ sempre un frammento del tuo volto che non riconosci mai, che scopri in un alba invernale e
    c’è sempre all’improvviso una luce siderale notturna che ti fa fermare ad osservare l’intorno…

    pulisco ogni giorno lo specchio affinchè quell’alba ne diventi lo sfondo sempre…grazie

    mi piace leggerti non lasciarmi senza cibo troppo a lungo…

  • tatartaruga scrive:

    Leggendo il tuo scritto verrebbe voglia di essere lì per asciugarti le lacrime e per vivere con te questa sensazione di fine notte.
    “La virtù che nasce dalla passione”…saresti da conoscere, perchè di persone così ne sono rimaste poche…ed io ho tanto bisogno di imparare da qualcuna di queste rarità….

  • lik scrive:

    Splendida. E mi ritrovo nelle zolle di terra, nelle vigne ricche e nel tramonto sul mio Monviso. Nel silenzio, unica risposta a molte domande. E spalanco gli occhi, e serro le labbra, quando a fine guardia mi ritrovo per strada. Ma presto nasce un sorriso, per quel vagito che stanotte mi dato ancora la gioia di fare il mio Lavoro.

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