Sono in ospedale.
All´ingresso principale due bambini sui tre e sette anni giocano a indovinare quale dei quattro ascensori arriverà per primo e si inseguono e corrono approfittando del fatto che la mamma, intenta a parlare con un’infermiera nel corridoio, non li veda.
Come sempre non posso resistere e ingaggio il gioco con i due piccoli, in due minuti stiamo tutti ridendo a crepapelle.
A un tratto sopraggiunge una donna di circa trent’anni, alta, bionda, carnagione chiara, zigomi alti, labbra naturalmente vermiglie. Indossa un cappotto che lascia intravedere le sagoma di un addome arrotondato dalla gravidanza. Mentre si avvicina il suo sguardo incrocia il mio e lo attraversa, come se non mi vedesse, figuriamoci partecipare alla risata che ho ancora nella coda degli occhi mentre l’ascensore arriva, i bambini tornano dalla loro mamma e io salgo scegliendo il piano del mio reparto.
La donna stringe in mano una scatola di fazzolettini, e guarda dritto davanti a se ma il suo sguardo penetra ciò che ha di fronte più che accarezzarlo. L’ascensore è vuoto, i piani molti, ma lei non fa cenno di notare che siamo solo in due in quello spazio.
Quali pensieri stringono la tua mente?
L’ascensore si ferma praticamente ad ogni piano nel solito calvario, lei rimane in un altro mondo.
Arriva il piano otto, le porte si aprono, lei si muove per uscire.
Ora ho capito, quell’addome non sta per dare alla luce un piccolo ma deve averlo già fatto, forse troppo presto perché quello è il piano della terapia intensiva neonatale.
Mentre scende la donna ha le lacrime agli occhi, ma non distoglie lo sguardo da quel suo orizzonte interiore, da quel suo obbiettivo unico: guardare il suo cucciolo penetrando il plexiglas dell’incubatrice. Guardare avanti, al momento in cui il suo cucciolo non avrà più bisogno del plexiglas per mantenere la sua temperatura, quando basterà il suo abbraccio per scaldarlo, quando, dimenticando le settimane dei dubbi e delle terribili incertezze iniziali, potrà godere della beata inconsapevolezza di tutti i neonati. Ancora più avanti, quando la donna con le labbra vermiglie starà parlando in un corridoio e il suo cucciolo potrà giocare con gli ascensori.
In quell’ascensore ho sentito il tuo dolore, donna dalle labbra vermiglie, la tua speranza, la forza e la fierezza con cui combatti la battaglia per il tuo cucciolo.
Buona fortuna!
Gio.
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