Tappatemi l’auricola!

Posted by Gigi on maggio 04, 2018
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foto di HA

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Chiudetemi l’auricola – non fate più scappare
quell’embolo malefico – che l’ictus mi può dare;

Chiudete orsù l’auricola – non se ne parli più
della trombologia moderna – ormai l’ultimo tabù.

Di tutti quei politici – non voglio più sentire
troppe stupide parole – in auricola finire;

tappatemi l’auricola, – ch’io possa ringraziare
il silenzio mediatico – e l’aritmia cessare.

Bloccate quell’uscita – che già devo subire
l’ennesima sciocchezza – di chi non vuol capire;

rendetemi la clinica – e cessate la bruttura
di tanta carta inutile – e di ogni altra stortura.

Tornate al cuore e all’anima – di ogni uman patire:
oh, dolcissimo burnout – che possa tu svanire!

Gigi

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Ele

Posted by Gigi on febbraio 06, 2018
emozioni / 1 Commento
foto di LO

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A ben vedere , non solo medico, al di là del medico…

‘Sono stanca: un compagno più anziano, con una malattia diventata rapidamente grave. Un VAD, forse un trapianto. Non ci sarò oggi pomeriggio, devo uscire presto per andare al San Camillo. E poi il tirocinio, i corsi, qualche lavoretto’. Una confidenza serena.

Due ore dopo, seduti in cerchio.
‘Alzati di fronte a chi vuoi, e chiedigli/chiedile di sederti al suo posto, e digli/dille perché è importante per te, per come ti senti’ , comanda Fede, la conduttrice.
Di fronte a Ele: ‘vorrei sedermi al tuo posto, perché è difficile dire la propria sofferenza, per quello di privato che mi hai raccontato stamane. Per la fiducia serena che hai mostrato al mio ascoltarti’.
Non pensavo che l’avrei detto, facendo risuonare un’emozione non trattenuta in me e in Lei, che con la voce incrinata lascia uscire un ‘grazie’, mentre una lacrima le scende sulla guancia.
O forse era sulla mia guancia, non ricordo bene.

 

Gigi

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Soffi cardiaci (San Valentino)

Posted by Gigi on giugno 29, 2017
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foto di MV

foto di MV

Rumori. Che si provocano per una vertigine del sangue,

un moto vorticoso che fa vibrare le valvole e il cuore intero.

A volte più intensi e accompagnati da un fremito,

quando accosti la mano, superando il pudore, per palpare il petto.
Musicali per l’orecchio, o come un canto di gabbiano, oppure aspri, perfino duri.

Nei giovani sono innocenti,

come se il muscolo emettesse un sospiro adolescenziale,

benigni come i primi amori.
Nell’anziano sono rudi,

segno di malattia come le tracce profonde della vita,

frutto di indurimento delle valvole e di tutto il cuore.

Organici alla condizione e all’età, senza più ideali.
E che succede se il cuore batte all’impazzata?

Sbuffa, soffia, come una locomotiva a vapore,

con la pressione che sale e le ruote che accelerano…

Una stenosi aortica – calcifica – è una pena profonda,

che nella difficoltà ti stringe come una morsa.

Un cuore che si tormenta con un rombo cupo, che cresce,

spinge fuori il sangue, poi prende fiato, poi risale di nuovo.

Un ritmo faticoso da tenere, che va fuori fase e a volte fibrilla.
E la polmonare stenotica non è da meno,

anche se il destino vuole che sia più fortunata, mai così grave.

Ma se sono le valvole atrio-ventricolari (la mitrale! la tricuspide!)

che ti portano in sala motori – la sala da spinta dei ventricoli –

ad essere difettose, insufficienti, a non tenere più,

allora tutto torna indietro,

il sangue che dà vita ti rimbalza contro,

in un va e vieni infinito: olosistolico, quel maledetto soffio!

Se ti va bene.
Già, perché se il danno è severo

ti frega anche la diastole: allora si che balli.
Ma puoi scegliere: puoi ballare solo all’inizio

– e la chiamano protodiastole… –

quando il sangue proprio non ce la fa ad andare avanti,

ritorna a casa mogio mogio dall’arteria polmonare o dall’aorta,

perché la guardia delle valvole è insufficiente

e pietosamente lo lascia rientrare.

E il sangue, quando si accuccia in punta al ventricolo,

rulla come il vecchio pirata su una nave fantasma: il rullio di Austin Flint.

Se invece è l’entrata attraverso la guardia mitralica o tricuspidalica

ad essere serrata, stenotica, ti toccherà rullare per tutta la diastole,

e peggio per te verso la fine, ché si contrae anche l’atrio.

**************

Anche se fuori tutto è magnifico
Non lo prenderò come un rimprovero
È possibile abbia sogni sbagliati
Un po’ illusi al momento
Mi appartengono

Gigi

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5 marzo 2017

Posted by Gigi on maggio 15, 2017
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foto di EP

foto di EP

 

Appoggi il gomito.
Appoggi il gomito alle spondine,
fragile confine tra te e la malattia
e insieme limite di vite disarmate,
gabbia contro rovinose cadute
da superare come quella distesa infinita
che tiene lontano il miraggio
di un’Europa scintillante.
Ah, maledetta scala di Conley!

Avvicini il muso.
Avvicini il muso come un san Bernardo
dal tartufo umido
fino alla soglia prossemica
– lo spazio vitale di quella
indifesa faccia avvizzita –
non per annusare pannolini e malattie
(comunque, forse è un dono, hai poco naso!),
ma per fiutare l’odore degli anni.

‘Come sta, signora Carolina?’
(son tutte Caroline le nonne del mondo
quando fanno compagnia ai bimbi
e sempre mi ricordano la dolce Mucca Carolina
di un famoso formaggino).

‘Me lo dica Lei!’

Tutto-O-key tutto-O-key…

‘Le sue condizioni sono buone
e i suoi esami vanno davvero bene.
Solo un piccolo scompenso cardiaco
e una breve insufficienza respiratoria,
ormai superati.
Ma io intendevo chiederle se ha male,
se qualcosa le duole…’

‘No, non ho male’.

‘E’ fortunata, perché nonostante la sua età
– gira intorno ai cent’anni –
il fisico regge bene: è ancora in gamba!
E poi è molto lucida e ragiona con intelligenza.
Brava!’

‘La invidiamo molto’,
aggiunge con calore la Simo,
l’infermiera che ci accompagna nel giro visita.

‘Oh, non dica così, signorina!’
ribatte con gli occhi un po’ spenti,
lasciando entrare in tutti una goccia
di tristezza inaspettata.
‘E’ vero, ho ancora i figli
ed anche dei nipotini,
ma non dica così:
a questa età non rimane nulla da fare,
non si vuole più nulla’.

E forse, pensi, non hai più sogni:
touchè!

E allora, pensi,
quando sarò su quel giaciglio
– spero un bel po’ più in là (sono sincero!)
ma la vita è un soffio –
‘lasciatemi scavalcare quelle spondine,
anche se,
come sempre
e per tutta la vita,
cadrò ancora una volta’.

O se invece vorrete diversamente,
lasciatele su:
perché mi affiderò a voi,
senza timore
e non parlerò di eutanasia…

Purché ricordiate in ogni caso
di amare
quello che sono stato,
quello che sono
e quel che sarò.

 

Gigi