Entrare in reparto e chiudersi la porta alle spalle. Pensare che la sofferenza è racchiusa in quell’ambiente asettico e denso di odore che sa di dolore e sofferenza. Ma non è cosi…
La notte i pensieri incalzano e speri che arrivi un’urgenza per rifugiarti tra adrenalina e contropulsatore… ma non e’ cosi… la notte guardi fuori dalla finestra del reparto, se sei fortunato ad averne una, e rimani in questa sorta di “indifferenza”. Il mondo là fuori con le sue luci, che continua imperterrito la sua corsa e tu in questo reparto così lontano da questo mondo. Quanta gente, ognuna con la propria storia da vivere e raccontare… quanta gente… che ti sembra completamente indifferente quando fa parte del mondo fuori, ma che diventa parte di te stesso, della tua vita quando diventano pazienti e sono lì… sedati… intubati; ognuno con la propria storia da vivere, raccontare.
La notte strappa i ricordi e ti fa pensare… riflettere… i rumori degli allarmi al monitor sono i tuoi compagni di viaggio. La malinconia che traspare da quelle ombre ti ingloba ed allora pensi… pensi ai tuoi sbagli, alle tue paure, ai tormenti della tua coscienza che non devono trasparire dai tuoi gesti, dal tuo viso. Ma le ombre ci sono, ti accompagnano fino alla fine del turno e quando vedi la luce della notte schiarirsi dalla finestra pensi che sei quasi alla fine del tuo turno e che forse il sonno riuscirà a darti un po’ di pace e di riposo per affrontare un’altra notte in un luogo che non può essere diviso tra quello che sei e quello che fai….
Gavino
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