l’arabo

Scritta da Giro Batol su ottobre 18, 2008
ritratti

Finalmente una notte tranquilla! Sono già le tre ed il telefono tace; d’altronde l’avevo promesso al Guardiano: ”Vedrai, stanotte ti scrivo!” DRIIN,DRIIN,DRIIIIN! Accidenti alla mia mania di sfidare la sorte: eppure me lo dico sempre che la persona intelligente risolve i problemi, ma il saggio li evita. DRIIN,DRIIN, DRIIIIN! 2437: è la Sala Emergenza del Pronto Soccorso: anche per questa notte la saggezza è un’utopia! “Abbiamo un ragazzo di vent’anni, alto circa un metro, con un quadro di tetraparesi spastica, che si è fratturato il femore destro e non riusciamo a prendergli un accesso venoso in nessun modo;forse serve una centrale”. “Arrivo” In pochi secondi sono in Pronto ed incrocio un’infermiera delle ”vecchie”; mi guarda, mi sorride e scuote sconsolata la testa, come a dire: ”Di nuovo tu?”. Poi mi indica un letto in una zona poco luminosa della degenza verso il quale mi dirigo a passo rapido. Avvicinatomi, scopro un gomitolo di pelle ed ossa, dal torace deforme, le braccia rattrappite, le gambe in una posizione innaturale in parte anche a causa della frattura. Ma da un collo inesistente si erge un viso pieno, ben nutrito, dalla pelle ambrata, sormontato da folti riccioli neri, con incastonati al suo interno due occhi scuri ricolmi di paura. Mi rendo conto che il mio incedere aggressivo potrebbe averlo spaventato e cerco di riguadagnare posizioni con il miglior sorriso che possa venirmi fuori dinnanzi a tanta sofferenza. Poi gli accarezzo il capo e gli chiedo se capisce quello che gli dico. Dall’oscurità ai lati del letto una voce calma e sicura con forte accento straniero mi risponde che il ragazzo capisce la sua lingua ma che non riesce a parlare. Solo ora mi accorgo di una signora vestita con abiti orientali, dall’età indecifrabile che si china sul suo capo e gli sussurra alcune parole in arabo di una dolcezza e di un’armonia che mai avrei immaginato fosse possibile per tale lingua. Effettivamente paiono infondergli un minimo di serenità. Spiego ai due pazienti, non riesco a considerarli entità distinte, quel che devo fare e mi ripropongo di farlo rapidamente e cagionando loro il minor disagio possibile. Mi carico, come quando giocavo a pallavolo: ”Pensi di essere bravo? Ed allora dimostralo, pallone gonfiato”. E con non poca buona sorte che individuo una vena sull’avambrccio destro e con l’aiuto della mia infermiera riesco effettivamente a incannularla senza difficoltà. L’espressione di gratitudine che ho potuto apprezzare sul viso della madre ed appena intravedere su quello del ragazzo è il più bel ricordo di questa nottata. Mentre mi allontano dal Pronto Soccorso non posso fare a meno di riflettere su quanto sia stato e sia stupido da parte degli uomini combattersi per difendere il nome di un dio, Allah o Elohim che sia, che se esiste mi pare davvero un gran pasticcione per non dire di peggio. DRIIN,DRIIN,DRIIIIN! “Abbiamo una signora di sessant’anni con una tachi a complessi larghi, batte a 210” “Arrivo”, ma questa è un’altra storia”.

Giro Batol

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