Mi hanno detto di prepararmi, ma non pensavo così presto… e ho seguito la marea.
Chiuso nel mio sottomarino agganciato alla nave-madre, avevo capito che c’era qualcosa che andava storto… era nell’aria questa sensazione, già da alcuni giorni.
Infatti la “nave-madre”, usciva più volte dal suo golfo e andava a trovare l’equipe di tecnici che , con una sonda ad ultrasuoni, scandagliava l’abisso nel quale ero immerso e navigavo da ormai 190 giorni: e cominciava allora la verifica della pompa propulsiva, delle paratie stagne e delle condutture idrauliche per verificare il mio stato di salute e la mia reattività.
E’ vero, mi avevano detto al corso PNFL (Pre Natal Fetal Life) che ad un certo punto, dopo circa 290 giorni di addestramento, avrei dovuto lasciare il mio ambiente e cercarmi nuovi lidi di approdo; ma adesso il contagiri mi diceva che ero giunto al count-down con largo anticipo… La mia nave-madre mi portava spesso da giorni, in un bacino di carenaggio, dove per effetto della sonda ad ultrasuoni, sentivo rumori e intravedevo luci attraverso il coperchio del piccolo sommergibile under-water, nel quale mi avevano introdotto, dopo avermi assemblato con cura e dovizia nel corso di lunghe settimane di navigazione.
Non ho grandi ricordi dell’inizio, ma nel manuale di istruzioni del corso PNFL, attraverso delle bellissime immagini, avevo “intravisto”, giorno per giorno, mese per mese, quello che era già capitato a milioni di altri cadetti prima di me.
La mia nave-madre negli ultimi giorni, non filava più liscia come prima: si scuoteva di frequente, riducendo virtualmente le pareti del mio sommergibile e dando delle variazioni di portata del “cordone” attraverso il quale passavano le derrate alimentari e le scorte idriche, creando spesso una accelerazione reattiva del mio contagiri .
Mi guardavo allo specchio, appeso alla paratia stagna e sembravo smagrito, un po’ provato…forse era giunta veramente l’ora di iniziare l’ultimo grande viaggio.
Ho fatto mente locale e ho raccolto le mie cose… anzi solo le mie idee, perché in realtà di bagaglio i cadetti-diplomati ne devono avere solo poco con sé, per essere più agili nello scatto e nell’avanzamento in zona nemica… o comunque straniera.
Speravo almeno di lasciare il sommergibile indossando la bellissima uniforme bianca di “vernice” che avevo invidiato ai miei colleghi di corso più anziani che erano riusciti ad arrivare al “termine” del PNFL… ma la divisa la consegnano solo dopo almeno 270-280 giorni di studio e tirocinio, prima delle ultime 2 settimane, in cui.. ogni momento è buono per uscire allo “scoperto”.
Credo proprio che dobbiamo abbandonare il nostro mezzo “under-water”: le scosse sono sempre più frequenti e prolungate, le pareti della nave-madre tendono minacciosamente a pressarmi, tanto che ora non riesco più a fare la mia quotidiana oretta di reazione fisica a base di capriole e flessioni su mani e braccia; faccio fatica anche a controllare il mio “cordone” che mi hanno spiegato non devo mai attorcigliare e devo cercare di tenere dietro di me e non davanti a me, per evitare di rimanere senza rifornimenti. Anche il mare nel quale ho navigato, ha cambiato aspetto: è meno limpido e soprattutto è meno profondo… forse si è aperta l’insenatura stretta del golfo avanti a me.
È l’imbocco del canale, quello da cui mi hanno spiegato al corso, io partirò per l’ultimo grande viaggio verso il “nuovo mondo”.
Ho un po’ paura… non ero ancora pronto, sono piccolo… e un po’ smagrito: ce la farò ? So che non tutti gli allievi arrivano alla fine del corso e qualcuno non ce la fa a vedere il nuovo mondo o qualcuno lo intravede solo per un po’, ma poi… torna il buio e non so se sia dolce o amaro questo buio.
Nessuno è tornato indietro a raccontarlo. Forse il PNFL, tra le sue lezioni, dovrebbe anche annoverare qualche ora da dedicare a quelli che non superano l’esame alla fine della sessione.
Ragazzi, è proprio l’ora… il livello del mare scende, le pareti della nave-madre vibrando con forza si avvicinano e allontanano tra di loro in maniera ormai ritmica (ne conto almeno 10-15 all’ora di vibrazioni).
L’acqua del mare è anche più calda… trasmette calore al mio sommergibile… mi sento la febbre. Mi hanno detto di preparami… Saluto con fretta la stanza che mi ha accolto lungo questi mesi, sistemo il cordone dietro di me, assumo la posizione “fetale” con la testa in avanti e… anche se non pensavo così presto… seguo la marea.
Comincio a nuotare e grazie al cielo che sono piccolo (ma allora è una fortuna !!), passo attraverso il “canale” e sempre spinto in avanti dalle vibrazioni prodotte dalla nave (che si comporta sempre da nave-madre, è premurosa con me!) finisco per intravedere l’uscita, anche se con gli occhi e la bocca serrati, come gli istruttori PNFL mi avevano ripetuto sino alla noia nei giorni passati, prima di approdare, una volta fuori dagli abissi.
Ecco la sommità del mare… sono accecato dalla luce che fino allora avevo intravisto filtrata dalle pareti della mia stanza… che freddo che fa…
– ehi, piano, voi della NICU (Neonatal Intensive Care Unit) anche se siete notoriamente bravi e famosi, non tirate così e… ohi, mettetemi giù, soffro le vertigini ! –
Dove è il mio cordone ?… sento che me lo tirano e…
– ragazzi qui non arriva più flusso! –
Improvvisamente sento la necessità di aprire la bocca e di urlare al nuovo mondo che ci sono anche io… urlo, urlo, sempre più forte… con dolore, perché nel mio petto è entrata una folata di aria fredda che non conoscevo e che, quasi mi fa male…
però se dapprima mi era estranea e fastidiosa, lentamente diventa una brezza sempre più calda e gradevole… mi sembra di respirare una nuova vita.
Uno del team della NICU mi friziona il corpo e un altro con una maschera gigante , mi aiuta a fare entrare il vento (sembra il Ghibli) della vita , lungo le mie condutture aeree… funziona! eh sì che funziona, perché il mio contagiri, inizialmente impazzito, ora ritmicamente batte ad una velocità oraria di 150-170 al minuto.
Mi controllano il peso: sono 1250 grammi… 1250 ho capito bene ? Ma mi avevano detto che di solito si è oltre i 3000 grammi alla fine del corso ? Ah, è vero, sono dovuto uscire prima, perché non era più cosa per me stare under-water… dovevo diventare un terrestre…
Lasciano delle belle pezze calde e morbide sul mio piccolo corpicino e , sempre con una mascherina che mi aiuta a portare il vento nei miei stantuffi, mi sostituiscono il cordone, ormai ridotto ad un piccolo spago, con delle tubature nuove di materiale “sintetico” che gli specialisti della NICU fanno passare attraverso il mio sportellino/ombelico, per far scorrere carburante per tutte le mie turbine.
Comincio proprio a sentirmi bene… non è poi così male questo posto pieno di luce, rumori e esseri terrestri , enormi che mi assomigliano, ma che sono di un tonnellaggio 20-30 volte il mio.
Adesso gli specialisti della NICU, con cappellini, guanti e mascherine (sono proprio come me li avevano descritti), mi adagiano in una nuova navicella, che anche se faccio fatica a vedere bene, ha delle pareti trasparenti, calde e umide con un rumore di fondo… sempre con una sorta di boccaglio-respiratore che tengono vicino al mio naso per darmi una miscela gassosa che comincia proprio a piacermi.
E’ passata solo una mezz’oretta, ma quelli che mi aspettavano sulla riva, sono proprio stati bravi… Guardo o meglio cerco di aprire un po’ i miei occhietti e , fuori dalle pareti della mia nuova casa, vedo un essere, senza mascherina e guanti, che mi è familiare: la faccia non la conosco, ma i suoni che provengono da lei e anche il calore e il profumo della pelle delle sue mani, non mi sono estranee… perchè mi ricordano gli odori, i sapori e le sensazioni del mare in cui mi cullavo… ma sì!: è la mia nave-scuola , ma come potevo dimenticarmi di lei o meglio come potevo pensare che “lei” potesse dimenticarsi di me, anche se l’avevano messa per un po’ di tempo in un bacino di carenaggio !!
La nave-madre… ci tiene proprio al suo incursore sottomarino… o meglio gli vuole proprio bene… si dice così anche tra compagni di corso o meglio tra insegnati e allievi, come me.
Ora rassicurato che il nuovo mondo non è poi così male e la nave-scuola è ancora con me, anche se le paure restano, provo a schiacciare un pisolino , perché, ora ricordo bene ripensando alle pagine del testo PNFL che, se l’avventura inizia prima… è lunga, tanto lunga e per affrontarla bene, c’è bisogno di tanto riposo e energie.
– Oh, voi lì fuori, spegnete la luce, ma continuate a controllare il mio contagiri e che tutto funzioni bene! –
Per ora va bene così, domani è un altro giorno; i ricordi dei tempi passati con gli altri compagni di corso affollano i miei pensieri, ma ora è tempo di concentrarsi per crescere e, con l’aiuto della mia nave-scuola, e dei tecnici della nuova mia navicella, so che ce la posso fare… o almeno provare a farcela!
the intensivist
Fantastico, veramente bello! Complimenti. Ho rivissuto l’emozione dei parti cui ho assistito in sala parto quando ero allieva. Grazie.
simpatico e ben condotto. riesci a mantenere la metafora (davvero originale la tua metafora) fino alla fine. complimenti, ml
E poi hai nobilitato un termine, nave-scuola, un tempo riservato a marchiare certe ragazze ml
Complimenti. Dopo un anno di NICU non credo che riuscirò mai a smettere. È semplicemente bellissimo, challenging e molto gratificante. Quello che hai scritto è dolce e vero, mi piacerebbe tradurre in inglese (se trovo le parole adatte) questa storia per farla leggere a tutti i colleghi dell’ NNU al NPH…credo ne resterebbe commosso più d’uno. Davvero complimenti. Grazie.