Michel

Scritta da il Cinque su ottobre 11, 2009
cronache

Il Pronto Soccorso pediatrico è pieno, come tutte le domeniche. E se dall’altra parte della porta giunge il vociare dei genitori innervositi per l’attesa e dei bambini divertiti per i pochi giochi della sala d’aspetto, da questa parte della porta il caldo torrido del pomeriggio estivo, il camice pesante di attrezzi e sudore, il cercapersone continuamente in funzione e lo stomaco ancora vuoto preannunciano altre 6 lunghissime ore di guardia. Per fortuna non sono sola. Oggi siamo in tre. Io e due colleghe, tutte tre alle prime armi e tutte e tre desiderose di imparare e di aiutare il prossimo.
Dall’entrata in servizio ci è passata davanti una sfilata di occhioni di tutti i colori e di tutte le fogge, tutti ad osservarci, chi con curiosità, chi con terrore, e tutti con un’incredibile dolcezza. Ed ecco comparire un altro paio di occhioni blu. E’ appena entrato Michel, un ragazzino francese di 14 anni.
Il volto è smunto e solcato da una discromia orbitopalpebrale di lunga durata, messa in risalto dalla guancia sinistra gonfia. I capelli sono biondissimi. Porta una giacchina jeans consunta, del tutto fuori luogo col caldo di oggi. Ma quello che ci colpisce è l’espressione dei suoi occhioni azzurri, che ci guardano tristissimi. Michel entra nella stanza senza dire una parola. La sua accompagnatrice è una educatrice di un campo solare, anche lei francese, che ci spiega che il bambino ha un forte mal di denti e che non mangia nulla da almeno due giorni. Gli facciamo chiedere perché non mangia e dopo una certa insistenza, superato un imbarazzo che percepisco essere profondo, il ragazzino sussurra di non riuscire a masticare più nulla. Scherzo con lui con le poche parole in francese che conosco, ma lui non risponde. E quindi lo visitiamo, io e le mie due compagne di avventura. L’ispezione del cavo orale mette i brividi: i suoi denti mostrano lesioni cariose spaventose, presenti praticamente ovunque. Sorridiamo a Michel, continuiamo a scherzare con lui durante la visita, come facciamo sempre perché il gioco ha un linguaggio universale, ma lui non intende partecipare. Non parla. Non sorride. Continua a guardarci con i suoi occhioni tristi.
Chiediamo spiegazioni all’educatrice, che in un inglese stentato ci spiega che il bambino è arrivato in Italia da poche ore, spedito in vacanza da una qualche associazione o da un assistente sociale. E’ riuscita a parlare con la madre la sera prima, venendo a sapere che il bambino soffre come un cane da giorni per il suo mal di denti. Cominciamo a capire. E già ci immaginiamo in quale situazione di disagio stia crescendo questo ragazzino triste e magro. Probabilmente anche malnutrito.
Impotenti, sappiamo che essendo domenica non riusciremo neppure a farlo visitare da un dentista. Gli prescriviamo un antibiotico e un antinfiammatorio, raccomandandoci di farlo vedere subito da uno specialista una volta tornato a casa. La donna dice che lo segnalerà alla madre e all’assistente sociale, ma ci rendiamo conto del fatto che Michel tornerà a casa e non verrà visitato da nessuno fino a che i farmaci maschereranno il dolore. Francia. Un paese occidentale. Non sapremo mai che fine farà Michel. Siamo abbacchiate. Tristi. Il nostro pronto soccorso, di domenica, offre solo questo a Michel: un paio di farmaci e tante raccomandazioni. Ma il prossimo paio di occhioni sta per entrare e dobbiamo salutarlo, dopo esserci accertate che gli vengano somministrati almeno i farmaci che abbiamo prescritto. La donna esce. Michel la segue, silenziosamente. Poi torna indietro. Ci guarda. E senza dire una parola dà un bacio sulla guancia a tutte e tre.

il Cinque

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2 commenti

  • il Catalano scrive:

    Ma non si poteva chiamare in azione i servizi sociali e ritirare l’affidamento, almeno temporaneamente, sia ai genitori che all’educatrice. Così si sarebbe potuto trattenere il bambino fino almeno a quando un dentista avrebbe potuto sistemargli i denti. E poi, naturalmente, agire alla radice del problema (la famiglia).

    Bella la foto del Malecón, comunque…

  • il Cinque scrive:

    Purtroppo, a meno che non sia evidente un maltrattamento, non è così semplice intervenire in questi casi, e questo vale sia per i bambini italiani sia per quelli stranieri. Contro la povertà si può fare poco, soprattutto nell’ambito di un pronto soccorso pediatrico, in una domenica estiva. I nostri capi, considerando il fatto che il bambino era già seguito dagli assistenti sociali francesi e che l’educatrice sembrava persona affidabile, hanno deciso di dar loro fiducia.

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