Era una delle mie prime notti di guardia. Fresca assunta, dopo la specializzazione in radiologia avevo lavorato più o meno in qualche centro privato, in qualche tranquillo ambulatorio di città ma mai, prima d’ora mi era capitato di lavorare in un ospedale di frontiera.
Dal PS sale un politrauma, uno di quelli che poi ho imparato a riconoscere come finti politraumi, nel senso che è uno di quelli per i quali non è stato facile inquadrare la dinamica dell’incidente per cui viene spedito in radiologia a fare un po’ di tutto: l’rx del rachide in toto, il torace per coste e parenchima, l’eco addome, la TC del cranio e se ha male da qualche parte in particolare, pure l’rx del segmento che ne so, un ginocchio o un gomito. Ma per la mia prima esperienza il “politrauma” era quello del libro, dove trovi le fratture cervicali, l’ESA, la rottura di milza etc… per cui sudavo freddo mentre il tecnico (TSRM) mi sfornava delle proieizioni tra l’altro da schifo (ed in seguito avrei imparato pure ad urlare per delle proiezioni come quelle). Stavo per adagiare il paziente sul lettino TAC mentre dalla diagnostica affianco, dove uno dei TSRM stava nel frattempo facendo qualche esame ad un altro paziente, grida: “chist’ ten’ a botta ncuorpo!”. Gli altri tecnici saltano ed io come una marziana scesa sulla terra continuavo a non capire. Finalmente riprendo i contatti col pianeta terra, faccio un attimo mente locale su dove mi trovo, e cosa sta succedendo in questo periodo in questa città, guardo in faccia il paziente e capisco… è uno che hanno appena sparato, la botta è il proiettile. Di lì a poco vengo a sapere che si tratta di un pezzo importante, che il 118 ha portato qui perché nell’altro ospedale, quello dove vanno tutti quelli come lui, non c’erano più posti. C’era una guerra in atto allora (parlo di pochi anni fa) e ci si sparava come a Kabul. E noi li dovevamo pure curare, e spendere soldi delle nostre tasse per loro…
Sbrigo il povero “politrauma” che alla fine non aveva un bel niente se non qualche piccola contusione, e mettiamo sulla TC lo sparato… non riuscivo a guardarlo in faccia: continuava a piangere come un bambino, gridava “mammina, mammina dove sei?” . Eppure piangeva, lui che chissà quante persone aveva fatto piangere, lui che aveva ucciso, lui che aveva picchiato a sangue un poliziotto…
Alla fine ne viene fuori che il proiettile gli aveva lacerato parte del fegato e si era fermato sotto il diaframma: si salverà.
Ancora non riesco a tradurre in parole il misto di sentimenti che provai in quel momento, tra l’ansia di tirar fuori una diagnosi, un’indicazione per il chirurgo che l’avrebbe dovuto operare, e la consapevolezza della persona che era… mi ripetevo solo “meno male che ho fatto il giuramento d’Ippocrate”
Drkrishna
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