06.00 del mattino, dell’ultima notte prima delle vacanze: la tracheotomia di una paziente sanguina un po’ e sarà da rivedere, l’ACT del suo vicino di letto è un po’ basso e bisogna aumentargli la velocità d’infusione dell’eparina, ma tutto sommato la notte sta scivolando via tranquilla ed allora steso sulla branda dello studiolo si può pensare ad un anno di Notti di Guardia.
Non è una cosa che si fa spesso, generalmente i ritmi di lavoro non concedono tanto spazio a tali riflessioni e quando lo si fa sono quasi sempre i momenti drammatici che ti attraversano la mente per affacciarsi alla soglia dei ricordi con una tale violenza da travolgere tutto ciò che incontrano: come il padre di quel ragazzo abbattuto per strada da un emopericardio per rottura di cuore che mi guarda con gli occhi stravolti quando gli dico in Pronto Soccorso che per suo figlio non c’è stato niente da fare, che è morto: “Dottore, non è giusto! Un padre non dovrebbe mai sopravvivere a suo figlio, non è giusto!”, sono le uniche parole che ha trovato la forza di dirmi.
Già, parole che porterò sempre con me e che rivivo tutte le volte che sto per arrendermi durante una rianimazione cardio-polmonare conscio che di lì a poco riincrocerò occhi stravolti, riascolterò parole dilanianti.
Ma ecco che in questa occasione ci sono anche altri ricordi che affiorano con tonalità completamente diverse ed un lieve sorriso increspa i lineamenti: e sì, per esempio la notte con Francesca, 15 anni e occhi blu profondo, ma con la pelle che progressivamente si stava ricoprendo di macchie purpuree lievemente rilevate, sempre più estese sempre più confluenti: “Sepsi meningoccica” era stata l’inesorabile consegna di qualche minuto prima, “sta andando molto male adesso le ho dovuto mettere su le amine; i genitori le sono lì accanto nell’isolamento, sono distrutti”.
“E no, ragazza mia, non mi fare uno scherzo del genere perché io stanotte non vado a dire ai tuoi genitori che non ce l’hai fatta” è stato il primo pensiero.
Parlarle e spiegarle, insieme a Carlotta, l’infermiera del Pronto Soccorso, tutte le varie manovre invasive che una dopo l’altra abbiamo eseguito su di lei era stato meno difficile del previsto con l’eccezione dell’intubazione oro-tracheale: “Tranquilla Francesca, adesso ti addormenti e quando ti sveglierai starai meglio” già peccato che non ne fossi affatto sicuro e il pensiero che tante altre volte quelle erano state le ultime parole udite dai miei pazienti mi torturava.
Poi la ricerca su Internet, la possibilità di usare un farmaco da poco in commercio gravata però dal rischio di un sanguinamento cerebrale, il consulto alle 02.00 con il primario, il colloquio con i genitori, la corsa del taxi dall’ospedale pediatrico per recuperare la Proteina C zimogeno ed infine una piccola inversione di tendenza divenuta poi una marea montante fino alla definitiva dimissione dopo più di un mese di interminabili trattamenti medici e di chirurgia plastica in Rianimazione e Medicina d’Urgenza superati con una incredibile forza d’animo e volontà di lottare.
E il signor G3 chi se lo dimentica? 48 anni, Rumeno, lavorava in Italia con le sue due figlie, mentre la moglie era rimasta in patria: 2000 di glicemia, polmonite evoluta in shock settico, infarto miocardio acuto in corso e linfoma non Hodgkin con localizzazioni sovra e sottodiaframmatiche istologicamente tipizzato come G3, insomma quasi morto, quasi senza indicazioni rianimatorie, ma quasi… e allora quasi quasi ci proviamo e tra l’incredulità generale giorno dopo giorno, notte dopo notte ecco che Costel si tira fuori di qui e va a casa pronto a lottare di nuovo contro il suo linfoma: ma ormai ci contiamo, i G3 rispondono bene alla terapia.
E così tra un ricordo e l’altro si son fatte le otto, tempo di consegne per chi arriva e tempo di ferie per chi smonta: diceva Oscar Wilde che “il ricordo di un dolore è sempre un dolore, mentre il ricordo di una gioia non è più una gioia”. Beh, caro Oscar, ti vorrei presentare Francesca e Chelmus: credo che cambieresti idea! Non solo è ancora una gioia, ma è una gioia contagiosa e stimolante che ci aiuta tutti a non mollare anche quando fatica, stress e malinconia si fanno sentire durante le notti di guardia.
Giro Batol
Grazie.
-f