Haiti

Haiti, oh cara

Posted by Morris on aprile 20, 2010
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I turni di guardia notturna sono spesso un occasione per portare avanti un po’ di lavoro che altrimenti durante il giorno non ci sarebbe tempo o voglia di affrontare. Ci sarebbe quella procedura interna da aggiornare, ci sono da preparare le statistiche semestrali sulle infezioni ospedaliere, ci sarebbero… E in genere ti dici sempre, beh, ci penserò la prossima sera che sono di guardia se il reparto è tranquillo.
Questa è una di quelle sere, e sto smaltendo con una certa rapidità le mie scartoffie.
Bene, mi sono meritato un caffè, la macchinetta è qui vicina, e anche se emette una broda ignobile ormai ci sono assuefatto.
Con il bicchierino fumante in mano, torno al computer e vado a cercare su Internet le ultime notizie.
Sono passati pochi giorni dal terremoto ad Haiti, e, smaltita la sbornia iniziale dei media, le notizie sul dopo-sisma sono ormai diventate più scarne. Vado sul sito On-line di un noto quotidiano e la notizia di punta, a tutto schermo è: “Brad e Angelina si lasciano! Tutti i particolari!!”.
Un po’ più sotto, con grande rilievo: ” Perché il Tal dei Tali è stato eliminato da “Amici”: tutti i retroscena segreti!!”.
E quindi, con ampio rimando nei servizi sportivi, il sobrio commento sulla vittoria di un gruppi di strapagati signori in braghette su un altro gruppo di strapagati signori in braghette (” EROICI!!!!”).
Le notizie da Haiti sono su un link piccolino a fondo pagina (“Incertezza sul numero delle vittime: 75000? 100000?150000?”, e chi se ne frega, sembra di capire dal tono); un’altra notizia, è data con più risalto: “Scandalo! Medici ad Haiti mettono su Facebook foto choccanti!” (eh, signora mia, dove andremo finire).
Seguono alcune delle foto scandalo, in cui si vedono alcuni dei medici in questione, inviati da Portorico per contribuire ai soccorsi, che bevono birra, si producono in atteggiamenti goliardici, impugnano fucili a pompa.
Certo, sono foto che viste così non fanno un bell’effetto, ma poi mi chiedo: se noialtri, abituati alle nostre corsie asettiche, ai nostri ritmi costanti, alle nostre belle flow chart decisionali si/no, ai nostri “Mhhh… prima di operare voglio il via libera dell’anestesista-voglio il via libera del cardiologo-voglio un’altra Tac-voglio 5 sacche di O negativo”, ci trovassimo catapultati dall’oggi al domani lì, in un Inferno che fa sembrare al confronto una linda clinica svizzera l’ospedale da campo della Wehrmacht a Stalingrado, come reagiremmo? Non capiterebbe anche a noi di avere atteggiamenti cinici, o di fare cose stupide per allentare la tensione, per non impazzire?
Ma no, queste cose non si fanno: ormai siamo talmente convinti che la realtà virtuale che ci siamo costruiti sia il mondo vero da pensare i medici e gli infermieri devono per forza essere come quelli di E.R., i poliziotti come Montalbano, i professori come Mr. Chips e che la vita è un enorme villaggio vacanze in cui gli altri sono animatori o camerieri al nostro servizio.
L’invecchiare, l’ammalarsi, il morire, non sono entità contemplate, almeno per noi. Gli altri… beh, gli altri sono gli altri (e a loro penserà qualcun altro).
Giusto in tempo per interrompere le mie riflessioni prima che vadano troppo in là, entra nello studio uno dei nostri infermieri, uno in gamba, con una cartella in mano.
“E’ della 306A, una signora di 93 anni con neoplasia gastrica e carcinosi peritoneale. I familiari vogliono parlare con un medico perché non la vedono bene e sono preoccupati”. C’è un attimo di silenzio. Mi guarda in faccia, e capisce parola per parola quello che sto pensando.
“Faccia con calma, dottore, quando ha un attimo…”
“Cinque minuti, Marco. Cinque minuti e sono da loro”.

Morris

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