Primi giorni alla struttura. Sono già a conoscenza del movimento rutinario del lavoro e cerco di concentrarmi sulle cose da fare. Sto facendo il mattino e dopo la terapia restano cinquemila cose in sospeso, ma… ma ho lasciato il bimbo con la tosse…
Mio marito valutava se portarlo all’asilo, ma quella tosse la conosco. Mannaggia, avrà fatto bene a mandarlo all’asilo? Lui diceva che non ne aveva tanta quando l’aveva portato… speriamo.
10 e 30 del mattino, squilla il telefono. La maestra:
-Signora il piccolo ha la febbre, lo venite a prendere?-
Nooo, mi è crollato tutto. Come ha potuto lasciarlo senza accorgersi della temperatura del bimbo? (i mariti ….) Quanto può darmi lo stipendio in confronto alla salute del mio piccolo? Tutte queste domande mi circolavano per la testa e nel frattempo avevo già telefonato a mio marito dicendogli di andare a prenderlo. Ad un tratto, ero in infermieria e sento:
-permesso, signorina posso chiederle una informazione?-
I miei pensieri non mi lasciavano tranquilla e mentre l’orecchio destro ascoltava l’ospite, il sinistro ascoltava la mia testa che mi bombardava di reclami. Ad un certo punto però sentii solo una cosa (udito selettivo)
-Ma io ho il cancro?? Me lo dica lei per piacere…”-
Fu l’orecchio sinistro a prevalere perché i miei occhi si riempirono di lacrime e iniziai a piangere davanti a lui.
Col cuore in mano era venuto a chiedermi quello che ne ai suoi ne al medico aveva avuto il coraggio di chiedere. Io gli risposi
-Mio figlio ha la febbre ed io sono qui!-.
Con questa risposta alla sua domanda lui mi prese la mano e disse
-Ma non si preoccupi, c’è qualcuno con lui ? Suo marito, sua suocera?-.
Dissi di si, con la testa bassa senza il coraggio di guardarlo, perché in fondo sapevo che non era professionale e che non lo stavo aiutando. Avevo perso il controllo, ma in quel momento era venuta prima la mamma che l’infermiera. Lui continuò e mi disse:
-si vede che è la prima volta che lo lascia a casa ammalato, andrà tutto bene. Manca poco per la fine del turno, stia tranquilla che il suo bimbo non è da solo.- Dopo poco si girò con la carrozzina e si allontanò.
Un’ora dopo la terapia di mezzogiorno, era in sala pranzo col viso sorridente che chiaccherava con la moglie. Non mi chiese più niente ed io neanche, mi guardò solo con uno sguardo dolcissimo, uno sguardo di nonno…
Fu la prima volta: “Lavoro- bimbo malato”… ormai sono già una mamma che cura l’influenza anche per telefono…
Mama Killa