Oggi è l’ultimo giorno del primo tirocinio, tempo di bilanci. Ho visitato quotidianamente un totale di 27 pazienti, alcuni per qualche giorno appena, altri per più di un mese. Due sono morti, stessa patologia, stessa età, stesso letto, stessa settimana. Non è come nei film, dove la gente ha sempre la risposta pronta.
E’ un caso di sfiga clamoroso, a luglio il paziente vomita sangue, fanno gli accertamenti, ha la cirrosi HBV+ con ipertensione portale ed epatocarcinoma all’ultimo stadio. A metà ottobre càpita nel nostro reparto.
“Non c’è nessuna speranza” dice la nostra tutor.
“ma parla, sta bene! ” a noi sembra impossibile.
“Non arriva al week end.” “Ma lui lo sa?”
La risposta ci arriva da sola.
Quattro studenti che giocano a fare il dottore da due settimane, appena lasciati soli in stanza con un malato terminale che a quanto pare sta benissimo. Si lamenta della disorganizzazione del reparto, magnifica i termometri del pronto soccorso, poi d’improvviso cambia argomento
“Ma voi che siete così giovani… quanti anni avete?”
“ventuno, ventidue…”
“Chi ve lo fa fare di stare in un posto di sofferenza così? Parlare con gente che oggi c’è, domani chissà… ci avete pensato? Vi sentite pronti?”
La mia compagna fa cenno di no con la testa perché già le viene da piangere
“Io non riuscirei a tornare a casa e dimenticare, a separare le cose, non ci sono mai riuscito, se avevo qualcosa in sospeso continuavo a pensarci finchè non era risolto”.
Che lavoro fa?
“Facevo” – sottolinea lui con aria triste
“Facevo una cosa completamente diversa e molto meno importante. Il contabile”.
Ma serve anche quello
“Certo serve” – alzata di spalle, seguita da lunga pausa.
“Io sarei pronto ad andarmene anche adesso, tanto ormai…”
A questo punto nelle serie televisive sui medici c’è sempre il dottore di turno Carter, JD, Chase o chicchessia che dice qualcosa tipo “non importa quello che si è fatto se lasciamo qualcosa di bello e viviamo quel che resta”
Il problema è che nella vita reale ti dici “Che ne so di quest’uomo? Che ne so se ha avuto una vita felice, se ha una moglie, dei figli, degli amici… Come posso fare il dottorino ventenne delle serie televisive?”
Così non gli ho detto la frase del copione né quel giorno né i successivi.
Il lunedì non rispondeva più.
Forse a qualcuno tocca sempre insegnare questa lezione ai futuri dottori e per noi quattro sei stato tu.
Ciao Vincenzo.
TripToFun
Penso che non scorderete più questo insegnamento. Mi auguro anche che nella vostra carriera di medici abbiate il coraggio di sedervi accanto ai vostri pazienti perché solo così potrete veramente capirli ed aiutarli. La differenza tra un medico e un buon medico umano!
Buon percorso ragazzi!
Hai la sensibilità giusta per divenire un buon medico.
Grazie per questo tuo scritto.
Fa sperare!
gb
La mia si chiamava stefania ed era la madre di un bimbo bellissimo ma sfortunato … grazie stefania.
Il mio e delle mie compagne di tirocinio si chiama Erich. L’abbiamo accolto in ambulatorio, prenotato al pre-ricovero, osservato e ispezionato in sala operatoria…e oggi l’ho visto andarsene dall’ospedale ancora inconsapevole di quello che sarà il suo futuro.
In bocca al lupo per il tuo futuro
Spero di mantenere sempre un’empatia come quella che ti fa raccontare le tue esperienze