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Scritta da Piuma su Settembre 23, 2008
emozioni

attaccata a quel letto
le narici impregnate di odore di morte
gli occhi fissi sul paziente e poi sul monitor…

poi ancora sul paziente e poi sul monitor…

ce ne fosse uno solo di monitor, ma poi diventano 2,3,4…
le orecchie tese in ascolto dei suoni degli allarmi che modificano tonalità se a scendere è la frequenza cardiaca o la pressione arteriosa, la PIC o la saturazione di ossigeno
la voce che alla fine della seconda giornata esce roca, rotta dalla stanchezza, dalla sensazione sempre più forte e più netta di aver lavorato duro per un risultato assente…
mi rimane solo il silenzio…

assordante dentro di me…

vale la pena tutto questo?
le lacrime bagnano il viso e offuscano la vista mentre torno a casa…

nebbia

una luce in fondo: non sono io, non siamo noi ad avere l’ultima parola

Piuma

1 Commento

  • massimolegnani ha detto:

    avrebbe meritato maggior attenzione questo brano, c’è il senso d’impotenza, l’umiltà della resa e ci trovo anche una specularità tra paziente e medico: ho provato a leggerlo come fosse l’ultimo pensiero di un moribondo, quel “mentre torno a casa” una metafora del tornare al nulla della morte. La mote è una doppia resa, del malato e di chi lo cura. ml

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