Archive for giugno, 2013

Streptococcus pneumoniae

Posted by folfox4 on giugno 25, 2013
emozioni / Nessun commento
E.V.  n.1890, m.1906 – Cimitero monumentale di Campo Verano in Roma

E.V. n.1890, m.1906 – Cimitero monumentale di Campo Verano in Roma

E.V. è morta all’età di 16 anni di polmonite – era la primavera inoltrata del 1906 – la giovane era già orfana di padre e madre ed era stata adottata da un’altra famiglia che però doveva conoscere la sua di origine perché il patrigno e la matrigna scrivono sulla lapide che la vollero sepolta accanto ai suoi cari.

In quell’angolo,

Ogni cosa è conclusa.

È solo silenzio.

In quell’angolo,

La pace,

Sembra ferma,

Ora,

Nell’aria.

L’angoscia,

Languida,

Si ritira.

Umida.

Lenta.

Come stanca marea.

Gli occhi affaticati.

Precoci.

Profondi.

Fermi.

Oscuri,

Fissano,

Lontano nel tempo.

Pieni dell’antico dolore.

Nel verde cupo,

Degli alti alberi eterni,

La luce di quel mattino,

Cristallo freddo,

Filtrava, limpida.

Tersa.

Come il palpito

Della tua piccola estate.

L’insulto

Dell’ansimo,

Alla fine cessò.

D’incanto.

Quel grido,

Ultimo.

Muto.

Solitario.

Riecheggia,

Fermo,

Nel tempo.

Ogni errore,

Ora,

È compiuto.

Dietro il piccolo tempio,

Lungo l’ultimo stretto viale.

In quell’angolo,

Ora,

Ogni cosa è conclusa.

È solo silenzio.

Folfox4

Da qualche tempo ho preso a curare le tombe dei miei cari e così, passeggiando per questa vera e propria “città” (il cimitero di Campo Verano), vado fantasticando un po’ lasciandomi suggestionare dalle immagini, dagli angoli e dalle atmosfere che ancora in certi punti si possono apprezzare – in uno di questi punti, un po’ nascosta,  c’è la tomba di E.V., ormai abbandonata –  La lapide è quasi illeggibile ma pare che la nostra sia morta di polmonite – E’ come se il momento del passaggio tra la vita e la morte di alcune persone possa rimanere immortalata, simile a un cristallo di tempo sospeso nell’aria e quell’ultima scena si perpetui invisibile –  Questo mi è sembrato di cogliere spesso sul viso dei morenti e questo ho di nuovo colto in quell’angolo del cimitero di Campo Verano guardando la foto di E.V.

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All’hospice

Posted by slowlyslowly on giugno 24, 2013
poesie / 1 Commento

 

gp-mano-aggrappata2

 

E’ come se i gesti

avessero un modo diverso
un valore diverso
come se anzi
qui acquisissero un valore
che altrove
non hanno più
o non hanno mai avuto –
gesti di mani
di occhi
di mente –
gesti
che qui hanno un peso
perché nulla qui è per caso

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Vincenzo

Posted by TripToFun on giugno 19, 2013
cronache / 4 Commenti

foto di MC

foto di MC

Oggi è l’ultimo giorno del primo tirocinio, tempo di bilanci. Ho visitato quotidianamente un totale di 27 pazienti, alcuni per qualche giorno appena, altri per più di un mese. Due sono morti, stessa patologia, stessa età, stesso letto, stessa settimana. Non è come nei film, dove la gente ha sempre la risposta pronta.

 

E’ un caso di sfiga clamoroso, a luglio il paziente vomita sangue, fanno gli accertamenti, ha la cirrosi HBV+ con ipertensione portale ed epatocarcinoma all’ultimo stadio. A metà ottobre càpita nel nostro reparto.

“Non c’è nessuna speranza” dice la nostra tutor.

“ma parla, sta bene! ” a noi sembra impossibile.

“Non arriva al week end.”  “Ma lui lo sa?”

La risposta ci arriva da sola.

Quattro studenti che giocano a fare il dottore da due settimane, appena lasciati soli in stanza con un malato terminale che a quanto pare sta benissimo. Si lamenta della disorganizzazione del reparto, magnifica i termometri del pronto soccorso, poi d’improvviso cambia argomento

“Ma voi che siete così giovani… quanti anni avete?”

“ventuno, ventidue…”

“Chi ve lo fa fare di stare in un posto di sofferenza così? Parlare con gente che oggi c’è, domani chissà… ci avete pensato? Vi sentite pronti?”

La mia compagna fa cenno di no con la testa perché già le viene da piangere

“Io non riuscirei a tornare a casa e dimenticare, a separare le cose, non ci sono mai riuscito, se avevo qualcosa in sospeso continuavo a pensarci finchè non era risolto”.

Che lavoro fa?

“Facevo” – sottolinea lui con aria triste

“Facevo una cosa completamente diversa e molto meno importante. Il contabile”.

Ma serve anche quello

“Certo serve” – alzata di spalle, seguita da lunga pausa.

“Io sarei pronto ad andarmene anche adesso, tanto ormai…”

A questo punto nelle serie televisive sui medici c’è sempre il dottore di turno Carter, JD, Chase o chicchessia che dice qualcosa tipo “non importa quello che si è fatto se lasciamo qualcosa di bello e viviamo quel che resta”

Il problema è che nella vita reale ti dici “Che ne so di quest’uomo? Che ne so se ha avuto una vita felice, se ha una moglie, dei figli, degli amici… Come posso fare il dottorino ventenne delle serie televisive?”

Così non gli ho detto la frase del copione né quel giorno né i successivi.

Il lunedì non rispondeva più.

Forse a qualcuno tocca sempre insegnare questa lezione ai futuri dottori e per noi quattro sei stato tu.

Ciao Vincenzo.

 

 

 

TripToFun

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Viaggio al termine degli armadietti

Posted by massimolegnani on giugno 12, 2013
emozioni / 1 Commento
Foto di MV

Foto di MV

È questo il posto giusto per osservare il mondo, tu che mi chiedevi come. Siediti qua nella penombra mentre mi cambio e osserva la schiera di questi scheletri metallici. Guardali con l’occhio del generale che prima della battaglia ripassa i volti e i nomi dei soldati e per un breve brivido è sincero, sa che tra poco per la metà saranno morti.

Qui nessuno muore ma qualcuno ci lascia l’anima lo stesso, che se la toglie con la giacca quando entra, pensa che è meglio non sciuparla per lavoro. Altri al contrario l’appendono alla gruccia a fine turno, che fuori è nebbia e solo qui per loro è vita. E sono pochi, sai, quei pochi che l’anima ce l’hanno addosso sempre come una maglia della salute logora per l’uso, che non si leva e non si lava, perchè si corre sempre su quel filo, il filo teso da un punto all’altro che si inizia e si finisce.

Che poi è difficile da dire, anima, io non li conosco quei ventungrammi fatti di niente. Ecco, preferisco i ventungrammi della chiave appesa all’armadietto, quelli li soppeso e già mi sanno dire. Guarda, solo pochi stipetti hanno la chiave, alla maggior parte manca, parete liscia, fredda, inespugnabile, che se la portano via, anche solo per pisciare; entrano si cambiano e mettono tutto sotto chiave, anche quando vanno a casa e lì dentro resta solo una divisa sporca, ma loro chiudono, sigillano, che la proprietà gli è di conforto. Io adoro quelle quattro chiavi che pendono serene, che aiutano ad aprire, mi aiutano a capire, mai a chiudere e precludere, e non li toccherò quegli armadietti ma mi piace che loro stiano lì come donne oneste che non temono lo sguardo e nemmeno la carezza.

E non è un caso che quelli con la chiave siano gli armadietti delle persone con cui lavoro meglio, il gruppo solidale, lo zoccolo d’intesa, uomini e donne di profilo basso e cuore schietto che e’ un piacere starci a fianco. Anche ora che a fine turno ho una stanchezza che mi esce dalle tasche, mi attardo in questo luogo per me sacro e indugio un po’ a guardarmeli. Non vedo scheletri metallici, ma corpi e voci e nomi che confortano.

massimolegnani

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Il peso dell’anima

Posted by Herbert Asch on giugno 11, 2013
citazioni / 1 Commento

Agli inizi del ventesimo secolo ad Haverhill (Massachusetts), Duncan MacDougall (medico statunitense, 1866–1920), cercò di misurare la massa ipoteticamente persa da un essere umano quando l’anima lascerebbe il corpo al momento della morte. Nel 1907 MacDougall pesò sei persone al momento del trapasso (nessun dettaglio viene riportato sul metodo utilizzato o sugli intervalli di misurazione) e portò i suoi risultati a sostegno della teoria che l’anima avesse un peso. Nel marzo 1907, i risultati di MacDougall vennero pubblicati dal New York Times e dalla rivista di medicina American Medicine. Gli studi, anche se ritenuti non scientifici per l’esiguo numero di campioni e la non ripetibilità, avrebbero stabilito che il peso dell’anima umana sarebbe di 21 grammi.

(tratto da Wikipedia)

Pensa te…

 

 

 

Herbert Asch

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Occhi chiusi

Posted by Gavino on giugno 09, 2013
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foto di GP

foto di GP

La vita che ti scivola tra le dita, che riempe la mente di ricordi nascosti negli angoli più bui del nostro essere…

Come sarebbe stato bello fare, dire, osare in certe occasioni.

Lacrime di rassegnazione che lasciano il posto a sospiri di pace cercata e forse mai trovata.

Occhi chiusi per proteggersi dal mondo che fuori continua anche senza te ed arriva alle tue orecchie, attraverso queste finestre ,in maniera ovattata ed impersonale.

Occhi chiusi per ricordare i sorrisi smarriti e gli attimi mancati.

Respiri profondi per arrivare fino in fondo all’anima e sentirla vivere, pulsare. Cercare la pace per partire, sapendo che il viaggio a volte è senza ritorno e non contempla soste per riposare.

Cercare gli sguardi più amati e fissarli nel tempo che ci resta a disposizione per non perderli mai più e tenerli stretti a noi per paura che svaniscano con noi.

Occhi chiusi per non aggiungere tristezza alla partenza.

Forse non è questo che hai pensato quando è stato deciso di non accanirsi più terapeuticamente

… o forse si.

Gavino

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U.G.I.*, l’occasione

Posted by massimolegnani on giugno 04, 2013
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foto di GP

Pino gonfia i palloncini e ride

A guardarlo sembra un citrullo che ride alle domande sciocche dei bambini. In effetti lui ride all’allegria che non sapeva di possedere e che ora sparge intorno come chicchi di semenza. E ride anche a quell’uovo di Colombo che è la vita.

Pino non è mai stato un uomo buono, ha viaggiato con un dolore dentro incancrenito e un rimorso continuamente rinnovato che gli serrava le labbra impedendogli il sorriso. “Ti porterò a pescare quando sarai più grande, ci divertiremo.”, diceva al suo bambino, scrollandolo di dosso, mentre usciva la domenica mattina con la canna e il pentolino dei cagnotti. Ma più grande il suo Michele non è diventato mai, non ne ha avuto il tempo.

E non è più andato a pesca, lui, troppa la colpa di non aver giocato.

Per vent’anni è andato avanti a rabbia e odio per ogni cosa che si muovesse sulla terra. Anche il sangue che donava non era una vera offerta al prossimo, ma una restituzione puntigliosa al padreterno per non sentirne più parlare, un tentativo di pareggiare il conto aperto, che tanto ne aveva consumato il figlio in poche notti prima di morire, più delle bottiglie che una combriccola di ubriachi si scola in una settimana di bagordi.

Un giorno Pino è entrato per errore in Pediatria, cercava la Cardiologia che è al piano sottostante. Capito l’errore, l’ho visto annaspare verso l’uscita. Ma prima che arrivasse alla maniglia, un bimbo gli si è aggrappato ai pantaloni: ”Tu sei BabboNatale, vero?”. L’istinto era quello di scrollarselo di dosso e di scappare, ma non è stato in grado di trasmettere l’ordine alle gambe, inchiodate al pavimento. Quello gli ha tirato di nuovo i pantaloni, che lo guardasse negli occhi: “BabboNatale mi fai guarire?”

Pino avrebbe voluto piangere, urlare, disintegrarsi che non restasse traccia del suo passaggio sulla terra, ma è rimasto lì impietrito per una vita intera. Poi si è messo a ridere a bocca spalancata, mentre le ginocchia si piegavano da sole. Da un tavolino ha raccattato un palloncino floscio e ci ha dato dentro a pieni polmoni. “A guarire ci penseremo dopo, ora divertiamoci a giocare.”

Pino gonfia i palloncini e ride.

A guardarlo sembra un citrullo.

 

* l’UGI è un’associazione di volontari che assistono bambini gravemente malati

 

 massimolegnani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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