Corro.
Jogging pigro di una fredda mattina di febbraio. Aria umida nelle narici. Gambe pesanti, corpo intorpidito dal lungo inverno. Mentre ascolto il ritmo affannato del mio respiro, la mente divaga
E mi viene in mente lui.
Jack.
8 anni, un’intelligenza fuori dal comune.
Ragazzino educato, vispo, curioso.
Si era accorto che qualcosa non andava perchè d’imporvviso gli è mancato il fiato e non riusciva più a tenere il ritmo nel fare jogging con suo padre nel weekend.
Linfoma di Burkitt.
Massa addominale enorme, lisi tumorale da manuale in induzione.
Remissione completa ma ricaduta immediata.
A trapianto.
Buon donatore, buone condizioni cliniche, si va. Ma si arriva al condizionamento senza una remissione completa e si sa che le possibilità sono poche. Lo sappiamo noi, lo sanno i genitori e soprattutto lo sa lui, troppo intelligente per non capire.
E ci insegna.
Mentre noi ci diamo da fare nel provare ogni terapia post trapianto che possa mantenere quello straccio di remissione ottenuta a fatica, mentre i genitori ci chiedono di riferirlo per questa o quella terapia innovativa in questo o quel centro specialistico, lui invita il suo dottore preferito a raggiungerlo in camera, alla fine del turno, per giocare una mano a carte.
Jack filosofo, Jack più saggio dei suoi 8 anni, Jack che non parla più molto, non chiede, ma batte il suo dottore a carte, troppo educato per dirgli altrimenti che la partita è persa.
Corro e ti penso Jack, e so che avresti apprezzato la vita che scorre nel jogging al freddo di una mattina di febbraio.
Gio