La migliore complicanza possibile

Posted by FiloDiK on dicembre 08, 2014
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Foto di NC

Trauma trauma trauma traumapediatrico. Un bambino, frattura di Monteggia tipo 1, e come ultimo della mattina.

Butto giù a fatica lo pseudo-caffè della macchinetta, con in testa il solito film dell’esserino urlante e indomabile che sta alla sala operatoria come un DJ ad una severa biblioteca.

Grazie a Dio almeno dormirà … Non faccio in tempo a finire questo pensiero semiconscio e politicamente alquanto scorretto che mi viene incontro l’anestesista. Ahia, aria di casini! Niente totale. Niente totale Eh no, elleviibipi … insomma, plesso pediatrico e pace, per tutta una serie di ragioni. E’ sicuro è provato è efficace. Lo dice anche Pubmed, se leggi.

Leggo, giuro.

Lei così lo tiene controllato, ed è tranquilla, lei. Lui così non sente male, ed è sereno, lui. Io così mi scartavetro le mani al lavaggio per scaricare il nervosismo, io.

E se …. E se gli faccio male? Se il plesso prende poco e lui sente mentre incido? Se lo faccio piangere, o peggio, urlare di dolore? Se lo traumatizzo a vita? Madonna Santa. Entro in sala tutta tesa, e mi sembra così diverso dalla visita in PS di poche ore prima. Mi sembra molto, ma molto, piccolo. Un ragnetto piccolo e secco, incartato come uno strano regalo nel riscaldatore Bair Hugger che lascia emergere solo un visetto vispo e due occhioni azzurri giganti. Due scanner che mi sento addosso durante la vestizione, due fari allo xeno che si allargano ancora di più quando spontaneamente mi dice “lo so che dovevo dormire, ma ti prometto che starò fermo e quindi tu stai tranquilla”.

Mi vergogno. Mi ha rubato le battute. Sono sempre io quella che tranquillizza, col mezzo sorriso sicuro. Eh che diamine.

Meno male che il collega si sta ancora lavando, posso mantenere una reputazione da adulta con tutti i crismi. Iniziamo, e il bello è che il ragnetto sta fermo davvero. Ma proprio fermo, che l’avambraccio di ieri con tutti i suoi 65 anni di vita in confronto ci ballava la tarantella sotto i ferri. Sta LVIBP1 funziona proprio bene. E anche il mio ragnetto se la cava alla grande… bravo ragnetto coraggioso! Spariamo il filo decisivo, ci siamo quasi ragnetto resisti. Il collega va a scrivere l’intervento e io resto a rifinire il tutto con le scopie e la medicazione. Niente di nuovo sul fronte occidentale, direi …

Ma entra il Doc con la sua faccia da brutto quarto d’ora. Uragano in vista, e solo perché mi è finalmente arrivata l’approvazione del Capo per quel periodo di perfezionamento all’estero che avevo richiesto da mesi. Vuoi andare all’altro capo del mondo, ho fatto tanto per te ma non è mai abbastanza, hai fretta di cambiare ambiente perché non vuoi restare qui con me, cosa ti danno loro che qui non hai e variazioni sul tema, a volume crescente. Argomentazioni infondate e tempismo discutibile, Doc, ma non posso risponderti per le rime perché sei già uscito come una furia, perché sei tu, e perché c’è il ragnetto sveglio sul lettino.

Ragnetto che ha deciso di stupirmi fino in fondo, ragnetto che – appena tolgo il telino che ci ha divisi per quasi due ore – mi guarda. Mi guarda e mi dice che non devo arrabbiarmi, che è come quando il suo papà lo sgrida, perché ci tiene a lui. “Lui mi urla quando sbaglio, ma io lo so che poi mi vuole bene perché mi aiuta e mi fa le sorprese e controlla sempre se mangio”. Non riesco a reprimere il pensiero irritato per cui il ragnetto è solo un ragnetto, che cosa vuole saperne lui … queste son dinamiche complesse, altro che papà e figli … son cose da adulti, ecco.

Ragnetto mio, devi capire, il Doc non è il mio papà. Lui è arrabbiato con me e basta, non sto a spiegarti. Peccato che proprio in quel momento il Doc rimetta dentro la testa. “Pensavo che tra tutto tu oggi non hai mangiato! Dai che in mensa ci sono le lasagne calde, magari mandi giù un piatto di cibo vero per una volta, no?! Fai veloce che se no becchiamo una coda che neanche lo stradone alle 18:00!”.

Ragnetto, hai sentito anche tu ?! Se hai pazienza un secondo mi levo il guanto. E per rispetto del plesso mi limito a un ganascino sulle tue guancine da cucciolo – per darti un abbraccio da boa constrictor, in fin dei conti, posso anche aspettare in reparto.

 

FiloDiK

 

1 Lateral Vertical Infraclavicular Brachial Plexus

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Traumalgia

Posted by FiloDiK on ottobre 03, 2014
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Foto di MV

Foto di MV

Lunedì di quelli infiniti, se esistesse il concorso di “Miss Occhiaie” credo che avrei delle buone chances di vittoria. Certo che passare le ore fuori dalla sala ad aspettare il nostro turno, con gli interventi delle 11:00 e delle 14:00 che diventano quelli delle 13:30 e delle 16:00 per una sottocapitata che non si lascia inchiodare, non aiuta proprio per niente.

Meno male che l’avambraccio è complesso e l’omero si rivela una pluri-frammentata un po’ stronza … almeno ne è valsa la pena, di tutta quella pre-sala a intra-sentire i pazienti appena svegli che straparlano, drogatissimi di Diprivan. Da registrare.

Entrano gli infermieri a prendere il paziente, lo specializzando cambia sala inseguendo la sua ennesima placca di clavicola.

Tempo di accoccolarmi sul seggiolino del pc per scrivere il verbale, ma soprattutto sottrarre le caviglie alla morsa della gravità, che entra il Doc: sala urgenze, c’è da amputare quel politrauma per cui è accorso in piena notte … quel ragazzone di 29 anni e 120 chili, che si è distrutto in un incidentaccio auto/moto nel weekend e adesso è lì che aspetta con le sue fasciotomie di gamba.

Dai Doc, non guardarmi così. Dai che mi manca mezz’oretta e basta. E poi son sempre qui… Se mi ordini di stare anche oggi mi impunto, stavolta mi impunto davvero.

Ma il Doc non dice niente ed è stanco, e ha in mente quel paziente dalle 3 del mattino, e a me non sembra neanche di avere alternative. Me ne accorgo mentre mi lavo, con quell’assurdo grembiulino impermeabile che preannuncia sangue in quantità, e poi ancora mentre aspiro con cautela vicino a quella malefica sega di Gigli che sembra sempre lì lì per tirare gli ultimi e abbandonarci nel mezzo del nostro campo di battaglia.

Operatoriamente va tutto liscio, se così si può dire, con l’adrenalina che mi soccorre dalla stanchezza letale della giornata seminando placche ateromasiche in giro per le mie arterie ma salvandomi innegabilmente le chiappe davanti a due o tre vasellini ribelli, e il moncone è proprio bello. Funzionalmente bello, con cute a sufficienza … possiamo definirci contenti.

Ma io mentre chiudiamo vorrei la radio a mille per sigillare fuori il pensiero che, per un Ortopedico, amputare è l’atto più irrazionale che esista – l’atto che più di tutti va contro la logica del nostro lavoro, contro la logica di chi taglia per riparare e non per tagliare e basta. Un atto preciso come tutto quello che si fa in sala, ma di una precisione dura e irrevocabile e avvolta da una vertigine di definitività.

E non so cosa darei per essere ancora là nel mega ospedale americano, dove “Life over Limb” era il mantra di ogni 24 ore e giustificare – prima di tutto a me stessa – la lieve presunzione di questo specifico gesto chirurgico non era poi così difficile. Non so cosa darei per avere accanto D., il mio fratello-collega di tante notti di Trauma made in U.S.A., e cercare nei suoi occhi le risposte a tutte quelle domande che non permetto a me stessa nemmeno di formulare.

Ma non son da sola: c’è il Doc, che ha fatto un super-intervento anche dopo questo insensato turno devastante di quasi 18 ore all-inclusive e che non ha smesso un attimo di impegnarsi come per il più certosino dei salvataggi d’arto. Il Doc che non si piega alla fredda necessità della cosa e non si lascia anestetizzare insieme al paziente – anche se questo implica esporsi e uscirne stravolto – perché tenerci è l’unica posizione veramente umana e didattica e corrispondente.

Perché il giusto non è il comodo e non è il facile, e richiede mani salde cui aggrapparsi.

E perché quando un Energy Drink non basta per ingoiare i dubbi, quando non ci sono parole per esprimere il crollo del Parasimpatico nelle vene e la certezza di un lavoro ben fatto nelle mani e la morsa della paura intorno al cuore – perché gli anestesisti han parlato di CID e poi già altre volte è crollato tutto, proprio nel momento del massimo “controllo” … esiste solo la gratitudine di potersi affidare, e la sensazione che un abbraccio di 30 secondi possa in realtà durare 4 ore e 20. Minimo.

FiloDiK

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