Due cerottini gialli

Posted by fluture on agosto 28, 2018
testimonianze / Nessun commento

 

Foto di CdT

Foto di CdT

 

Ieri ho portato Sara a fare il suo terzo vaccino. Durante i 15 minuti di attesa dopo le punture mi hanno raggiunto Marco e Irene nel corridoio del consultorio pediatrico. Irene aveva il suo bambolotto preferito nel passeggino. Notò subito che Sara aveva due cerottini, uno per ogni coscetta, e me ne chiese due per il suo bambolotto. Ma io non ne avevo e le ho proposto di aspettare di arrivare a casa. Una bimba un po’ più grande era evidentemente attratta da questi giochi e tentava in ogni modo di impossessarsene. In attesa con noi c’era un’altra donna con sua mamma e il suo bambino. Chiacchierando di quanto fosse difficile avere due bimbe piccole così vicine, delle crisi di gelosia, delle attenzioni che si dividono, abbiamo scoperto di essere entrambe infermiere, e che lei era stata una collaboratrice di una docente universitaria negli anni in cui mi sono formata io. Aveva un volto familiare, verosimilmente mi avrà fatto lezione o addirittura l’esame.
Ad un certo punto la bambina riuscì a strappare a Irene sia il bambolotto che il passeggino e Irene si è buttata per terra in lacrime. Nel consolarla mi sono resa conto che il tempo dell’attesa precauzionale era terminato e l’ho convinta ad alzarsi e andare a casa a prendere i cerotti. Quella donna si è avvicinata con due cerotti gialli pieni di soli e fiori disegnati e glieli ha sporti. Irene si è illuminata in un sorriso. Ci guardammo negli occhi e sorridemmo anche noi. Gratitudine, comprensione, affetto (sì, anche questo). Tutto in uno sguardo.
Da quando ci siete voi ho conosciuto molte persone, mi sono ritrovata a chiacchierare, a raccontare e ad ascoltare estranei che vivono come me. Estranei che tanto lontani non sono, che anche se hai fretta ti chiamano, ti notano, si interessano a te e alla tua famiglia, e ti obbligano a fermarti e a guardarli. Qualunque cosa in cui credano, qualunque orientamento politico abbiano, qualunque sia il ceto sociale, ci si guarda negli occhi e si arriva al cuore. Ci si avvicina un po’.
Con quegli sguardi a volte ci si abbraccia anche.

Fluture

Tags:

il primo Natale

Posted by fluture on gennaio 16, 2009
testimonianze / 1 Commento

È arrivato Natale. È già la vigilia e a questa sera mi sono preparata e caricata di grandi aspettative. Canticchiando canzoni tradizionali ho preparato dei salatini. Mi sono truccata un po’ perché questo è un giorno diverso, speciale. Guidando, ho trovato poca gente per strada, e ho appena parcheggiato qua davanti.
In reparto è tutto uguale, ma si sente qualcosa di diverso: è felice chi finisce, ma è anche felice chi inizia. Ci portiamo avanti col lavoro sin da subito, per non rinunciare a quel piccolo momento conviviale che ci saremmo regalati dopo la mezzanotte.
Ci sono due pazienti svegli e pianamente coscienti stasera, sanno che giorno è oggi e uno di loro ci chiede una fetta di panettone. Accontentiamolo, in fondo è in respiro spontaneo e da oggi ha avuto di nuovo indicazione alla dieta leggera. È Natale anche per lui, anche qua dentro, in questa bolla di vetro soffiato.
La signora, invece, non dice niente, non può. È tracheostomizzata, ventilata ad alte pressioni e sorda, poverina, senza nemmeno l’apparecchio acustico per sentire un poco, almeno i nostri auguri. Ma vede quella fetta di panettone passarle accanto. Chissà se si sta illudendo che possa essercene anche per lei. Mi fa pena e non riesco a guardarla negli occhi per troppi attimi, non riesco a dirle nulla, che se fosse per me, le avrei dato pure un po’ da bere. Ma non può. E non le serve l’apparecchio acustico per sentire il mio imbarazzo.
In questi primi due anni come infermiera mi sono dovuta abituare a tante cose: i turni, le notti, i week-end, le feste in reparto. Ma a un Natale così crudele non ero pronta.
Il Natale può anche non essere bello per tutti.
Uscita la mattina in strada c’era ancora meno gente. Avrò incrociato solo altre due o tre auto lungo la strada.
Il Natale qua fuori c’è stato proprio per tutti.
Chiudo la porta di casa e accendo la luce. Tutto sa di un Natale vissuto: c’è ancora l’odore del cibo e del vino, c’è l’eco delle risate e degli auguri, dei calici che si incontrano e della carta da pacchi che viene strappata. Si respira aria di casa, di qualcosa di familiare, che quest’anno ho perso, e a che prezzo!
Prendo i miei pacchi sotto il presepe e, sola nel silenzio della mia camera, scarto i miei regali, poco prima di prendere sonno, mentre fuori è già l’alba di questo mio primo Natale.
fluture

Tags: