Autoprotezione

Posted by lunasioux on marzo 01, 2015
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foto di HA

foto di HA

Quest’anno sono stata brava. Come compagna, sorella, zia, figlia, amica o collega non saprei. Ma come soccorritore sì, molto brava: lo sa Babbo Natale che mi ha fatto un regalo. Una divisa nuova, nuovissima, non di seconda o terza mano come le altre; questa è una tuta quasi fashion, più arancione che mai, più “performante” che mai, più leggera che mai.

E’ di un materiale tecnico, con rinforzi e protezioni su gomiti e ginocchia, senza pezzi strani sulle spalle che rischiavano di farmi rimanere impigliata, con dodici-tasche-dodici contate solo tra pantaloni e giacca…: insomma, vista così dovrebbe proteggermi al meglio.

La indosso, regolo la cintura, mi specchio e mi vedo quasi carina. Effettivamente è comoda, mi permette movimenti agevoli, pesa molto poco; mi hanno assicurato che sarà fresca d’estate: i miei Capi sanno quanto io non sopporti il caldo. E contando che nella mia grande città fa davvero caldo al massimo per due mesi ma al contrario il freddo, la notte, già da ottobre si fa sentire, beh, è fondamentale che la nuova divisa mi tenga fresca per quella dozzina scarsa di turni estivi che farò. Come del resto non apprezzare le dodici-tasche-dodici dove mettere guanti, biro, piletta, cellulare personale, cellulare di servizio, carta per appunti, documento di identità, memo operativi: sarà divertente perdere una manciata di secondi per aprire quella giusta, di tasca, dove il cellulare suona “e-speriamo-sia-la-sede-e-non-la-centrale” e io avrò un attacco di panico da ritardo nella risposta. Ripensando poi a tutte le volte che sono rimasta impigliata in porte di ingresso, cancelli, serrande, lamiere contorte, abitacoli deformati, rami di alberi o pali divelti devo ammettere che la giacca fatta così è davvero una sicurezza in più. Come lo sono le protezioni nere all’altezza di gomiti e ginocchia che mi permetteranno di strisciare senza pensieri in cunicoli mal illuminati, mal frequentati e con ogni specie di rifiuti pericolosi che potrebbero altrimenti farmi male. No, però queste protezioni mi piacciono: il nero spezza il monocolore arancione e la mia divisa assomiglierà un pochino, tanto pochino, a quella dei mitici equipaggi delle Alfa.

Vorrei che questa divisa così nuova mi permettesse di scendere negli angoli bui e remoti della mia città, cosi insospettabilmente prossimi ai miei percorsi diurni e distratti, e risalire senza portarmi dentro il peso opprimente di quelle esistenze nascoste, deragliate dai binari della nostra “normalità”.

Vorrei trovare sull’etichetta interna un simbolo che mi sveli a quale temperatura e con quale tipo di lavaggio rimuoverò sofferenza, paura, disperazione di quelle vite altrui che incontrerò per caso e che in una qualche piega del mio io rimarrebbero altrimenti impresse.

Vorrei che la mia nuovissima tuta arancionera mai facesse vacillare quel senso di estraneità e distacco che mi protegge dai mali degli altri.

Continuerò a entrare nelle case e nelle vite altrui, mi imbatterò in una serie indistinta di voci e visi di cui terminato il servizio non saprò più nulla; medicherò, allerterò, chiacchiererò per distrarre, stringerò mani, ventilerò, massaggerò, sorriderò simulando certezze che non ho, mi arrabbierò, piangerò e riderò; incontrerò ancora anziani con lo stesso sguardo sgranato di bambini, visi sgomenti e disarmati di chi è stato derubato delle certezze che tengono ancorati alla vita, volti composti della paura, sorrisi timidi e pudici, gioia incontenibile, rabbia disperata, dignitosa e disarmante solitudine.

A loro, a tutta la varia umanità che incontrerò, sarò grata per ricordarmi la mia vulnerabilità e per regalarmi, seppur inconsapevolmente, gli strumenti per affrontare quella paura che, prima o poi, ci coglie tutti.

Lunasioux

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Comunque auguri

Posted by lunasioux on gennaio 01, 2014
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C’è così tanta felicità nella vita.
La felicità di essere con le persone che ami di più.
La felicità del dare- e di ricevere. La felicità di vivere in una terra pacifica, sicura, familiare.
Ma la felicità ha un nemico, e il nome di quel nemico è indifferenza.
Quando l’anno volge al termine, è un buon momento per guardare dentro di noi.
Che cosa è importante? Cosa provoca indignazione? Quando ti riempi di meraviglia? Cosa ti rende felice?
Non ci vuole molto a provare a rendere felici gli altri.
Quando offri a qualcuno il tuo posto in autobus, quando aiuti il tuo vicino di casa anziano a scendere le scale, quando ti rifiuti di guardare dall’altra parte.
Inizia dal piccolo mondo che è di fronte al tuo naso.
Tu sei sulla buona strada per combattere l’indifferenza.

Auguri a tutti.

Lunasioux

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Il silenzio, nuova dimora

Posted by lunasioux on settembre 22, 2013
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foto di MV

foto di MV

Ricordo ancora come quella parola rimbomba, simile a un’ombra scura nella mente, quando non ti aspetti di sentirla. Il mondo si ferma in un istante. Ancora un altro. Ricordo come sia impossibile dare una forma a quella parola. Allora la ripeto. Ma non cambia nulla. Non ha alcun senso. Ricordo il dolore associato ad essa di tanti piccoli spilli che penetrano ogni parte del corpo e lì si fermano, andando sempre più a fondo ad ogni respiro, e ad ogni pensiero nostalgico.

Ricordo quella parola madida di ferite, vuoti assordanti, logiche incomprensibili, urli soffocati, deliri di dolore, lacrime pungenti, brandelli di cuore. La ripeto, perché fino a un momento fa stavo lavorando, stavo portando a spasso il cane, stavo in viaggio, stavo studiando, leggendo, cantando … e poi tutto si è fermato.

La voragine, il buio, il silenzio eterno.

Dovrò imparare a chiamarla con il suo nome. La ripeto ancora quella parola, eppure non riesco mai a darle una forma. La morte.

Ricordo come sia inevitabile ricordare.

Ripensare ai momenti straordinari passati insieme, scintille di un passato che ora bruciano sulla pelle, perché ogni minuto, ogni giorno, ogni anno la ferita di quella perdita continua ad aprirsi, e la voragine si allarga.

Ricordo le parole di circostanza in quel momento di dolore. Le parole di odio contro u

n dio così ingiusto. Le parole d’amore verso un dio buono che si prenderà cura del nostro angelo. Le parole di chi non sa che dire. E i silenzi di chi perde la voce ed entra in una dimensione di sofferenza lancinante.

Ricordo lo strazio della madre che non si dà pace. Per la seconda volta subisce il taglio del cordone ombelicale che la lega al figlio. Una chiara manifestazione di come la natura cambia il suo corso, inverte i ruoli, fa crollare ogni certezza. Ricordo il silenzio del padre, di un uomo che piange, l’ossimoro struggente della sua fragilità in un corpo forte e muscoloso.

Ricordo come il tempo non aiuta, come ognuno cerca disperatamente una strada per poter andare avanti, come certi giorni siano più difficili di altri, come un semplice profumo possa a volte far risplendere la presenza di un’assenza.

Ricordo la gioia di chi cerca di guarire quella ferita con una cosa sola: l’amore. Di chi accoglie quel dolore e lo trasforma in un vortice di energia, creando, danzando con la vita, cantando, suonando, scrivendo. Un inno d’amore che squarcia le pareti della solitudine, dl vuoto, del rancore, dell’odio.

Ricordo che è come perdere una parte di se stessi. Non muore solo un volto, un sorriso, un corpo. Muoiono anche l’abbraccio, il giro in moto, la passeggiata al mare, i baci, le litigate, i pomeriggi di studio, le sciate in montagna, i consigli, le ramanzine, le serate al pub, i viaggi.

Muore un mondo che piano implode nel ricordo.

Rimane tutto lì, in un pensiero, quando si guarda una vecchia foto e si ride nel pianto.

Lunasioux

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