Quest’anno sono stata brava. Come compagna, sorella, zia, figlia, amica o collega non saprei. Ma come soccorritore sì, molto brava: lo sa Babbo Natale che mi ha fatto un regalo. Una divisa nuova, nuovissima, non di seconda o terza mano come le altre; questa è una tuta quasi fashion, più arancione che mai, più “performante” che mai, più leggera che mai.
E’ di un materiale tecnico, con rinforzi e protezioni su gomiti e ginocchia, senza pezzi strani sulle spalle che rischiavano di farmi rimanere impigliata, con dodici-tasche-dodici contate solo tra pantaloni e giacca…: insomma, vista così dovrebbe proteggermi al meglio.
La indosso, regolo la cintura, mi specchio e mi vedo quasi carina. Effettivamente è comoda, mi permette movimenti agevoli, pesa molto poco; mi hanno assicurato che sarà fresca d’estate: i miei Capi sanno quanto io non sopporti il caldo. E contando che nella mia grande città fa davvero caldo al massimo per due mesi ma al contrario il freddo, la notte, già da ottobre si fa sentire, beh, è fondamentale che la nuova divisa mi tenga fresca per quella dozzina scarsa di turni estivi che farò. Come del resto non apprezzare le dodici-tasche-dodici dove mettere guanti, biro, piletta, cellulare personale, cellulare di servizio, carta per appunti, documento di identità, memo operativi: sarà divertente perdere una manciata di secondi per aprire quella giusta, di tasca, dove il cellulare suona “e-speriamo-sia-la-sede-e-non-la-centrale” e io avrò un attacco di panico da ritardo nella risposta. Ripensando poi a tutte le volte che sono rimasta impigliata in porte di ingresso, cancelli, serrande, lamiere contorte, abitacoli deformati, rami di alberi o pali divelti devo ammettere che la giacca fatta così è davvero una sicurezza in più. Come lo sono le protezioni nere all’altezza di gomiti e ginocchia che mi permetteranno di strisciare senza pensieri in cunicoli mal illuminati, mal frequentati e con ogni specie di rifiuti pericolosi che potrebbero altrimenti farmi male. No, però queste protezioni mi piacciono: il nero spezza il monocolore arancione e la mia divisa assomiglierà un pochino, tanto pochino, a quella dei mitici equipaggi delle Alfa.
Vorrei che questa divisa così nuova mi permettesse di scendere negli angoli bui e remoti della mia città, cosi insospettabilmente prossimi ai miei percorsi diurni e distratti, e risalire senza portarmi dentro il peso opprimente di quelle esistenze nascoste, deragliate dai binari della nostra “normalità”.
Vorrei trovare sull’etichetta interna un simbolo che mi sveli a quale temperatura e con quale tipo di lavaggio rimuoverò sofferenza, paura, disperazione di quelle vite altrui che incontrerò per caso e che in una qualche piega del mio io rimarrebbero altrimenti impresse.
Vorrei che la mia nuovissima tuta arancionera mai facesse vacillare quel senso di estraneità e distacco che mi protegge dai mali degli altri.
Continuerò a entrare nelle case e nelle vite altrui, mi imbatterò in una serie indistinta di voci e visi di cui terminato il servizio non saprò più nulla; medicherò, allerterò, chiacchiererò per distrarre, stringerò mani, ventilerò, massaggerò, sorriderò simulando certezze che non ho, mi arrabbierò, piangerò e riderò; incontrerò ancora anziani con lo stesso sguardo sgranato di bambini, visi sgomenti e disarmati di chi è stato derubato delle certezze che tengono ancorati alla vita, volti composti della paura, sorrisi timidi e pudici, gioia incontenibile, rabbia disperata, dignitosa e disarmante solitudine.
A loro, a tutta la varia umanità che incontrerò, sarò grata per ricordarmi la mia vulnerabilità e per regalarmi, seppur inconsapevolmente, gli strumenti per affrontare quella paura che, prima o poi, ci coglie tutti.
Lunasioux