Cosa vuoi fare da grande?

Posted by Marianna on ottobre 16, 2012
emozioni, testimonianze / 2 Commenti

foto di NC

A  cinque anni, quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande rispondevo sicura: “l’astronauta!”. Trovavo meraviglioso che un uomo potesse “volare”, indossare tutoni metallizzati e camminare tra le stelle.

Poi sono cresciuta e finito il liceo, non avevo più le idee così chiare. Cosa avrei fatto da grande? Non riuscendo a trovare risposta tra il caos che avevo in testa, mi affidai a Internet e navigando senza rotta, trovai finalmente qualcosa che suscitò in me una qualche curiosità.

Per caso trovai il bando di concorso per le professioni sanitarie.

Per caso trovai la strada per arrivare a fare i test.

Per caso risultai vincitrice tra le centinaia di persone che avevano provato.

E mo’ che faccio? Io che svengo alla sola vista del sangue mi vado a chiudere in un ospedale? Io che tremo al solo pensiero di vedere un medico? No, no, lasciamo stare!

Alla fine però, non andò esattamente così.

Non so per quale motivo mi iscrissi. Inconsciamente forse, era la cosa che davvero desideravo fare o semplicemente era solo un dispetto che facevo a me stessa, per mettermi alla prova, per capire dove realmente arrivassero i miei limiti.

Mi ritrovai catapultata in un posto che pensavo non adatto a me.

Passino le giornate intere di corsi, passi la fisica, la statistica e le leggi da imparare, ma c’era sempre l’ostacolo più grande da superare: l’ospedale.

Da sempre l’avevo visto come un luogo dove le persone soffrono, combattono, e muoiono. Non immaginavo l’altro lato della medaglia, il lato buono, quel lato di cui nessuno parla, che si dà così tanto per scontato da essere ignorato.

“E ho visto in sala parto la potenza delle cose”, un’esplosione di luce fuoriuscire da grembi gonfi di donne sfinite che ti emoziona tanto da farti svenire.

E ho visto esserini di 500 grammi attaccarsi alla vita e non volerla abbandonare, lacrime di gioia dei neogenitori che portavano a casa dopo mesi i loro pargoletti che erano già abbastanza grandi per sorridere.

Ho visto anche la morte, quella aspettata, da alcuni sperata e quella che si presenta all’improvviso lasciandoti senza fiato. Ho visto gli sguardi complici, quelli cattivi, ho sentito caldi abbracci e parole di affetto.

Ho imparato a convivere con una divisa informe, una cuffietta che schiaccia i capelli, campanelli e allarmi nelle orecchie e mani screpolate da eccessivi lavaggi.

Ho quasi finito il mio corso di laurea.

Oggi quando mi chiedono cosa voglio fare da grande rispondo sicura: “l’infermiera pediatrica”.

Marianna