il maestro

Posted by Sun-Tzu on giugno 26, 2009
pensieri / 6 Commenti

Se hai fortuna quando cominci questo mestiere hai davanti a te un maestro. E io questa fortuna l’ho avuta.
Un maestro lo riconosci subito. Ti insegna senza clamore. Ti insegna l’etica e l’onestà intellettuale prima di insegnarti la medicina. Ti insegna il rispetto per i pazienti ed i loro cari. Ti insegna un metodo. Ti insegna ad amare questo lavoro, anche quando sei stanco.
Un maestro lo riconosci subito. Sta a te seguirlo. Lui ti insegna con l’esempio.
Un maestro c’è sempre. Anche quando non è in reparto. Un maestro non lo disturbi mai, anche in piena notte. Un maestro non ti lascia mai solo in situazioni difficili. Un maestro accolla su di sé le grane più grosse. Un maestro pretende molto dai suoi allievi. E sa essere severo e giusto.
Un maestro sa molte cose, ma non lo hai mai sentito dire che sa tutto. Ma le volte che non aveva ragione tu non te le ricordi proprio.
Un maestro sa che ci sono altri maestri e lascia che i suoi allievi vadano ad imparare in altre scuole, se lo desiderano. I maestri non sono gelosi della conoscenza.
Un maestro concede all’allievo una progressiva indipendenza, pur rimanendo sempre disponibile al confronto e, se necessario, all’aiuto concreto. Anche quando sei ormai cresciuto.
E in questo mestiere anche quando sei convinto di averne viste tante e di aver maturato una grande esperienza un maestro sa ancora stupirti.
Sfortunatamente i maestri sono pochi. Se non ti riconosci in questo breve racconto, mi dispiace, ma significa che non hai mai incontrato un maestro.

Sun-Tzu

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la Risonanza Magnetica

Posted by Sun-Tzu on maggio 11, 2009
cronache / 2 Commenti

Avere un quoziente intellettivo in perfetto equilibrio con il proprio potassio non è un criterio indispensabile per fare l’anestesista. Però aiuta.
Quando squilla il DECT dell’emergenza l’anestesista sa che la vita di uno sventurato è nelle sue mani. Ed in questo caso sarebbe stato meglio tagliargliele, le mani. Magari prima che potesse usarle per iscriversi a Medicina.
Qualche piano più in basso e pochi corridoi più in là, c’è una signora non più giovanissima ma ancora in buona forma. Sta sdraiata sul lettino della Risonanza Magnetica Nucleare. Fino ad oggi conduceva una vita tranquilla in totale indipendenza. Poi improvvisamente il braccio di sinistra ha cominciato a non funzionare più a dovere.
La signora è agitata. Un po’ è preoccupata e spaventata. Un po’ è maledettamente claustrofobica. A casa sua non prende neanche l’ascensore. E abita al terzo piano.
Non si preoccupi – dice il medico radiologo – le chiamo subito l’anestesista che le fa qualcosa per farla rilassare. Non so se il collega radiologo mantenga una formula di comunicazione nebulosa e vaga per farsi comprendere meglio anche da chi non è del mestiere o se nebulosa e vaga è anche la sua idea su ciò che fa l’anestesista. L’anestesista in risonanza spesso rilassa i malati agitati. Uno psicoterapeuta pret-a-porter. Che il rilassamento a volte avvenga con un curaro ed un anestetico e ci voglia un tubo ed una macchina per respirare bene può sembrare un vezzo.
In questa storia l’anestesista, però, è uno che sta alla calma e alla ragionevolezza come Ibrahimovic sta alla meccanica quantistica.
Partito alla volta della radiologia con lo zaino per l’emergenza intraospedaliera che ci puoi curare tutti i feriti della scorsa Parigi-Dakar e l’immancabile bombola dell’ossigeno, entra nei locali della Risonanza Magnetica con la delicatezza delle squadre speciali d’assalto.
Impossibile fermare l’eroe prescelto. Il cavaliere dell’apocalisse fa solo in tempo a sentire un incredulo tecnico di radiologia che gli urla: ma dove ca……
La signora adesso è ferma. Il cervello è ben ossigenato avendo una bombola di 15 kg di ossigeno puro nei pressi della testa. Non fosse per una frattura affondata della teca cranica si poteva pensare ad un buon lavoro.

Sun-Tsu

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l’emergenza e il territorio

Posted by Sun-Tzu on marzo 11, 2009
cronache / 5 Commenti

Ci sono posti che sono delle sacche di resistenza organizzata alla divulgazione della cultura medica.
Sono roccaforti inespugnabili di obbiettori di coscienza nei confronti del pensiero scientifico e della pratica clinica più elementare. Qui si nascondono anche pochi, isolati entusiasti cultori della emergenza extraospedaliera ortodossa. Sono una minoranza, probabilmente destinata all’estinzione. Travolti da uno tzunami di inoperosi affacendamenti più prossimi allo sciamanesimo che alla medicina moderna.
Capisco che sia necessaria una frequentazione, almeno occasionale, di un corso di medicina per sapere che Glasgow non è solo una ridente località della Scozia ma, che, quando associata a Coma Scale indica diversi livelli di stato di coscienza.
Mi rendo conto che vien difficile ricordarsela come la maestra ci ricordava i vari tratti delle Alpi. Mica c’è una filastrocca in rima per il coma.
Vien da se che ogni regione o paese ne elabora una con leggere modifiche. Così che ci possa essere l’Omegna Coma Scale e con pari dignità anche la variante di Cuggiono.
Per i linguisti più puri, poco inclini all’uso dei numeri, sono disponibili scale locali più descrittive in cui il coma può essere duro o grave, ma anche barzotto, utilizzando una terminologia con licenza da classificazioni più prosaiche.
Non volendo inopinatamente insistere su argomentazioni di carattere nozionistico affronterei con slancio la prima pruriginosa questione: L’intubazione oro-tracheale al di fuori dell’Ospedale per i pazienti in coma (indipendentemente dalla scala utilizzata) può comportare il malocchio persistente per l’operatore? Apparentemente si. Solo pochi sventurati hanno ricevuto questo privilegio. Da dati recenti sembra che gli operatori avessero Urano nel Leone. Una condizione estremamente favorevole.
Inoltre se allo stato di coma si associa quello di shoch emorragico è noto dal cofanetto deluxe della prima serie di E.R. che la questione si complica.
Era inoltre propedeutico alla formazione in emergenza ed urgenza sul territorio la visione di almeno uno (meglio due) epici film con John Wayne. Qui a fronte di un copioso sanguinamento da una ferita da taglio il posizionamento di una cintura stretta a monte della ferita stessa risultava di notevole aiuto. Il sorso di whyskey pare a tutt’oggi opzionale.
Sfortunatamente il nostro soccorittore aveva privilegiato Tom e Jerry per la sua formazione. Secondo questa diversa corrente di pensiero anche gli approcci più fatalisti spesso si risolvono con voluminosi ma benigni bernoccoli, uccellini che cinguettano e qualche stellina che ruota sul cranio.
Uno dei problemi della medicina moderna è, inoltre, la superspecializzazione. Una competenza universale per un particolare. Nel nostro caso il soccorritore era da generazioni un profondo conoscitore della storia e dello sviluppo del futon. Lo sventurato, è vero, non aveva una protezione delle vie aree, respirava a stento, sanguinava come un vitello sgozzato ed aveva una pressione arteriosa non pervenuta come la temperatura di Vladivostock. Ma era posizionato sulla sua tavola spinale che lo potevi fotografare. Un capolavoro di simmetria assiale. Ogni singola cinghia del ragno era tesa alla perfezione. Accordate come le corde di un pianoforte; se le sfioravi nella sequenza giusta ottenevi la sigla del Dottor Kildare.
Insistere sul razionale di tale scelta si è rivelato dirompente. Una critica all’estro del singolo. Una inopportuna limitazione della libertà del soccorritore cui venivano tarpate le ali della fantasia creativa costringendolo ad ammettere che no, lo sventurato non aveva subito traumi da precipitazione; no non era lecito chiedersi se l’asse spinale avesse una funzione. Era come chiedere a Dechamp se la ruota sullo sgabello avesse un fine pratico. Una domanda inopportuna e fastidiosa. Posta da chi certe raffinatezze non le può mica capire. Lo sventurato era lì, ora ed adesso, per volere dell’artista. E se proprio vuoi una ragione qesta è che lo sventurato sanguina. E se uno sanguina si mette sulla spinale. Pragmatismo dogmatico. Non si discute.
Andava capito subito che il tempo delle domande era finito. I frequentatori delle roccaforti del negazionismo scientifico sono persone di poche parole. Spesso anche scoordinate. Ma soprattutto poche.
Devono fuggire. All’interno degli Ospedali hanno pochi minuti di vita. Si teme che nano particelle di pensieroscientifico disciolto nell’aria associate alla pratica clinica elementare possano irrimediabilmente contagiarli. Sarebbe sufficiente ascoltare qualche stralcio di discorso tra operatori sanitari a vaporizzarli. Solo alcuni di loro, praticanti la mesmerizzazione trisettimanale, possono prolungare la permanenza. Sfortunatamente non era il caso del nostro. La sfrontatezza con cui si soleva proprio capire quale meccanimo avesse prodotto una tale lesione era insopportabile. Dopo che lui aveva con solerzia e precisione consentito che il male presente nelle vene e nelle arterie dello sventurato fluisse libero sul pavimento liberandolo e purificandolo, che altro ancora si poteva volere da lui. Piccinerie di noi menti semplici. Condannati a sapere se dover redigere una comunicazione alla Procura della Repubblica oppure no.
E’ noto, infine, che gli appartenenti a queste congregazioni di negazionisti della medicina tradizionale sottoposti a stressanti interrogatori inerenti il loro operato divengono violenti. Unendo così la peculiare caratteristica di un eloquio colorito, seppur difficilmente comprensibile, ad atteggiamenti aggressivi.
Si profila così un quadro completo composto da una popolazione piuttosto omogenea e diffusa sul territorio nazionale di individui legittimati a scegliere per la salute di alcuni sventurati in accordo a leggi non governate dal pensiero scientifico ma dall’estro o dal caso, accompagnate dalla presunzione e dalla supponenza di chi sa. Data la precisa localizzazioni geografica di tali congregazioni taluni auspicano, come per i dinosauri, l’avvento prodigioso degli asteroidi.

Sun-Tzu

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