Una serata sola in casa: sola? Non proprio: mi fanno compagnia una cagnetta di nome Lulù stravaccata sul divano (si sa, i volpini sono cani da salotto!) e una bimba piccolissima, tanto piccola che è ancora in me, poco più di una speranza, anzi molto più di una certezza, enorme, coinvolgente tutto e tutti nel mio microcosmo. E’ piccola, ma crescerà.
In lontananza una sirena d’ambulanza: non potrebbe essere la Polizia, o i Vigili del Fuoco, o vattelappesca? O, figurarsi, il mio sesto senso (o perchè sono una streghetta come mia nonna bonanima) mi dice di no, e che forse fra poco qualcuno avrà bisogno di me, del mio amore per il prossimo, della mia professionalità, del fatto che in questo piccolo paese, in quel piccolo Ospedale oggi ci sono solo io come Anestesista. Eh sì, bimba mia, hai scelto una mamma con un lavoro un po’ burrascoso e tosto, una mamma che ama l’imprevisto anche se non lo cerca… Suona il telefono: lo dicevo io! Mentre nelle mie vene scorre a fiumi l’adrenalina rispondo, con in mano i vestiti ed il guinzaglio, già pronta per uscire. Poche parole, un romanzo non detto a cui manca il finale. “Un incidente… un ragazzo in coma, c’è bisogno di te… lo conosci”. Volo per le scale, corro in ospedale col cane in macchina che mi segue ovunque fin dove può e poi mi aspetta paziente. E naturalmente porto dentro di me la mia bimba. Scusa Chicca, non vorrei strapazzarti ma laggiù c’è un bimbo cresciuto che sta male e una mamma che dopo tanta fatica rischia di vederlo andar via in un attimo. Scusami non è colpa tua se sono un’anestesista, è casomai colpa mia, ma è il mio lavoro, quello che ho scelto lottando duramente e voglio svolgerlo con impegno e poi fino a un attimo fa tu non c’eri. Al Pronto Soccorso bastano pochi minuti, decisioni rapide prese coi colleghi, alcuni gesti essenziali e l’ immediato colo sembra scongiurato, o almeno rimandato. Ma non basta: bisogna trasferire il ragazzo in un Ospedale più grande, più attrezzato; lo si “carica” sull’ambulanza. E’ così tranquillo ora, sembra che dorma, e invece è in coma e vive solo perchè è aiutato da noi, dai farmaci e da Dio soprattutto. Di nuovo la sirena che lacera l’aria e nella notte buia si ingigantisce di più. Reggiti forte, bimba mia, dentro la tua mamma, anche se ti senti sballottata, anche se sei piccolissima e fragile. Ti abbiamo cercata per anni il tuo papà ed io; non siamo genitori cattivi, nè il tuo papà in camice bianco che al PS ha fatto quello che ha potuto e poi ci ha lasciate salire sull’ambulanza, nè io stessa che mi affanno attorno a questo ragazzo in fin di vita. Vedrai piccolina, non ti succederà niente, Dio non baratta una vita con un’altra e noi lo salveremo anche grazie alla forza tua, la forza della Vita nascente!
Però ti prometto che da domani farò la casalinga e niente più ambulanze, niente stress… e niente strizze!
Magamagò
Le parole a volte non bastano…
posso solo dire di essere fiera del fatto che i miei genitori si siano sempre preoccupati e presi cura di me anche quando non avevo ancora le sembianze di un essere umano, ma ero solo un “mucchietto” di cellule in divisione (scusate, deformazione professionale di biologa!).
mamma e papà mi hanno sempre messa al primo posto,sempre.
mamma e papà combattono ogni giorno contro la morte in favore della vita perchè sanno che oltre la cartella clinica c’è una storia di un genitore,di un figlio, di uno zio, di una sorella o di un fratello..per loro i pazienti non sono numeri di letti in reparto o colori dei letti della rianimazione..loro sanno che fuori dalla sala operatoria, dalla rianimazione, dal pronto soccorso c’è una madre, un padre, un figlio, un nipote, un fratello o una sorella che credono in loro..perchè loro sono li a salvare,o tentare di salvare, la persona che amano..dico tentare perchè come mi ripetete sempre “non siamo Dio, alcune situazioni sono troppo gravi”
mamma e papà non lo fanno per i soldi o per sentirsi dire “ecco il dottore e la dottoressa!!”. Mamma e papà lo fanno per amore e per passione..ed io sono orgogliosa per questo di aver condiviso così intimamente con voi, con la mia mamma, parte di questi momenti anche se per pochi mesi..
mamma e papà sono sempre in divisa, sono in divisa mascherata da pigiama anche a casa..tornano a casa e pensano ai loro pazienti…e al suono delle sirene dell’ambulanza scattano e, credetemi, il loro pensiero non è “che palle,spero non tocchi a me” loro si precipitano in ospedale per aiutare le persone, per stare vicino alle famiglie, per amore.
Mamma e papà, con o senza divisa, ci sono sempre stati e continuano ad esserci ogni giorno, ogni ora, ogni minuto e ogni secondo..una delle immagini più belle che ho della mia infanzia è il loro ricordo in divisa nei corridoi di quel piccolo ospedale, perchè io so, e sapevo, perfettamente che sotto quella divisa c’era un cuore immenso!
mi scusi Icy24, in che senso “le parole a volte non bastano..”?
se mette in dubbio ciò che ho scritto,le garantisco che si sbaglia,veramente..
nel caso in cui invece io abbia frainteso il suo commento le chiedo scusa!cordiali saluti e buona giornata!