Il nostro caro Francesco

Scritta da folfox4 su settembre 14, 2012
grandi autori

foto di H. Cartier-Bresson

foto di H. Cartier-Bresson

E’ l’ultima continuità. L’ultimo giorno.

Poi vado in pensione.

E’ il loro unico figlio. Impiegato in uno dei tanti ministeri romani. Da trent’anni per lo meno. Non si è mai sposato. Ha sempre vissuto con loro. Una casa piccola, sull’ardeatina.

Ora potrebbe anche morire. Precedendoli.

Prima di uscire a dirgli del “nostro caro Francesco”, li guardo dal vetro.

Stanno seduti, appoggiati al muro. Sono molto vecchi.

Lo sguardo lontano.

Frugo nella memoria. Dove li ho visti? Chi me li ha fatti già vedere?

Eppure li conosco già. Non perché ho parlato con loro tutta la settimana.

Perché erano già entrati dentro di me in un tempo precedente. Quando? Già, quando …

“Credo che siano in pantofole. Non con le scarpe, hanno messo le pantofole per venire tutti e due; lei e lui, sono venuti in pantofole, le stesse, di feltro grigio o marrone, chissà.

E per il fiume cui danno le spalle, come talvolta si danno le spalle quando non funziona niente, non può veramente funzionare, hanno un’aria triste e preoccupata, a meno che lui non sia solo stanco, si potrebbe dire amareggiato, non inventeremmo niente dicendo amareggiato. Vedendo tutto quel grigio, si direbbe che sia arrivato l’autunno, cioè tra un po’ inverno, tra un po’ è inverno, sull’albero resta ancora qualche foglia. Potrebbe anche essere la fine dell’inverno, quando l’aria si stempera, e si dice che sarebbe bello uscire e prendere un po’ d’aria dolce, sì, potrebbe essere la fine dell’inverno ed è rimasta qualche foglia sull’albero come talvolta resta nell’inverno. Non c’è nemmeno il sole e nessuna ombra da cercare, tepore, una dolce luce sotto le fronde, non è per la luce o l’ombra che ci troviamo qui. È per l’albero malgrado tutto, c’è l’albero accogliente e ci appoggiamo su di lui. Ci appoggiamo. Sì forse è quello che dicono, non fa tanto caldo, ecco perché hanno fatto bene a mettere il cappotto, forse è proprio quello che hanno detto, chissà, ora tacciono, non c’è né sole né ombra, non fa molto caldo, ma c’è l’albero, verticale, accogliente, con la corteccia grossa e rude.

Vengono a guardare e a prendere l’aria del fiume. Le sponde, i cantieri, i battelli che non sono distanti, si può supporre. E poi il ponte. Il ponte di ferro al posto dell’altro, distrutto forse non tanto tempo prima, forse hanno parlato dell’altro ponte, quello di prima di cui si ricordano, di tutte le cose di cui si ricordano, forse vengono qui dov’era il vecchio ponte, dove un tempo – quando venivano con le scarpe, quando non andavano così in pantofole – il ponte di pietra o un altro, chissà non si sa da quanto tempo si trova lì il ponte di ferro, non si sa da quanto tempo ora stanno zitti, guardano dall’altra parte, dall’altra parte c’è qualcosa che guardano, cosa non si sa, forse anche insieme non guardano nulla. Forse semplicemente si voltano, sì, forse si voltano, non si sa da quanto tempo, tutto quello che sappiamo è che sono qui nell’immagine, che possono trovarsi solo qui a guardare altrove.”

 

Folfox4

 

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