L’ uomo che non riusciva a morire in pace

Scritta da rem su gennaio 05, 2015
racconti
foto di MV

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Era arrivato a 90 anni quasi senza rendersene conto e senza meriti particolari,   soprattutto aveva  sempre  fatto finta di niente, come se gli anni non passassero, come se gli orizzonti non si restringessero con il passare del tempo, come se non aumentasse giorno per giorno la possibilità di morire, almeno  statisticamente. Aveva  vissuto ogni giorno come puro presente, e si era risvegliato il giorno dopo riniziando  da capo, nessun  segreto particolare. Ora però si sentiva un po’ stanco, niente di tragico , voleva solo finire di vivere, serenamente, come aveva sempre vissuto. Era solo stanco e non era nella natura del suo carattere, delle sua personalità docile, cercare una via d’uscita a questa vita terrena che peraltro riteneva anche l’unica, non sentendosi particolarmente affine a chi credeva in una vita dopo la morte. Va bene così, pensava. Mi basta questa vita che ho vissuto. E poi una vita senza corpo , non era così sicuro che sarebbe stata veramente desiderabile.  Aspettava quindi, giorno dopo giorno, ripetendo automaticamente e un po’ più a fatica gli atti della vita di tutti  i giorni: lavarsi, vestirsi, andare di corpo… Regolarità novantennale, una palla ormai, era per questo che se avesse potuto avrebbe volentieri accelerato i tempi. 

Nessun gesto tragico però, non era nelle sue corde

Così quel giorno quando si svegliò e non si sentiva un granché, un pensiero  lo fece, ma non lo disse alla badante ucraina che viveva con lui più per tranquillità dei figli che per reale necessità. Poi verso mezzogiorno una strana sudorazione accompagnata ad un dolore mai provato al centro  del petto, una morsa, non una bella sensazione,  “ci siamo” pensò. 

Ebbe  appena il tempo di pensarlo che svenne. Quando riprese conoscenza il mondo era arancione, una allucinazione lisergica, ma il dolore era ancora lì, stava di nuovo per svenire, vide piastre metalliche impugnate  a pochi metri dalla sua faccia e quando rinvenne   del tutto capì che l’arancione erano le tute del personale del 118 accorso al richiamo della badante che aveva fatto un corso di rianimazione cardiopolmonare e lo aveva massaggiato fino all’arrivo dell’equipe di emergenza

“Oreste! le ho salvato la vita” disse la badante 

“ma vaffanculo” fu l’unica cosa che gli uscì dalla bocca, non esattamente un ringraziamento. 

Era la prima volta che le mancava di rispetto.

rem

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