la morte dei vecchi

Scritta da Goldencharlie su giugno 08, 2009
pensieri

Pur essendo assolutamente contrario filosoficamente, umanamente ed eticamente alla pena di morte, ci sono altre morti che mi colpiscono e mi addolorano maggiormente.
Penso alla morte delle persone anziane. Come muoiono oggi i vecchi? Muoiono in OSPEDALE. Perché quando la nonna di 92 anni è un po’ pallida ed affaticata deve essere ricoverata. Una volta dentro poi, l’ospedale mette in atto ciecamente tutte le sue armi di tortura umanitaria. Iniziano i prelievi di sangue, le inevitabili fleboclisi, le radiografie.
“Come va la nonna, dottore?”. “E’ molto debole, è anemica!”.
Il giorno dopo della nonna ai nipoti già non gliene frega più niente!
“Come va l’anemia, dottore?”. “Che vi devo dire? Se non scopriamo la causa è difficile dire come potrà evolvere la situazione”.
“Ma voi cosa pensate?”. “Beh, potrebbe essere un’ ulcera o un tumore… dovremmo fare un’ endoscopia”. Io faccio il chirurgo e lavoro da venti anni in ospedale. Mi sono trovato moltissime volte in situazioni di questo tipo. Che senso ha sottoporre una vecchia di 92 anni ad una gastroscopia? Che mi frega sapere se ha l’ulcera o il cancro? Perché deve morire con una diagnosi precisa? Ed inevitabilmente la gastroscopia viene fatta perché i nipoti vogliono poter dire a se stessi e a chiunque chieda notizie, di aver fatto di tutto per la nonna.
Dopo la gastroscopia finalmente sappiamo che la vecchia ha solamente una piccola ulcera duodenale ed i familiari confessano che la settimana prima aveva mangiato fagioli con le cotiche e broccoli fritti, “…sa, è tanto golosa”.
A questo punto ormai l’ ospedale sta facendo la sua opera di devastazione. La vecchia perde il ritmo del giorno e della notte perché non è abituata a dormire in una camera con altre tre persone, non è abituata a vedere attorno a sé facce sempre diverse visto che ogni sei ore cambia il turno degli infermieri, non è abituata ad essere svegliata alle sei del mattino con una puntura sul sedere. Le notti diventano un incubo. La vecchietta che era entrata in ospedale soltanto un po’ pallida ed affaticata, rinvigorita dalle trasfusioni e rincoglionita dall’ambiente, la notte è sveglia come un cocainomane. Parla alla vicina di letto chiamandola col nome della figlia, si rifà il letto dodici volte, chiede di parlare col direttore dell’albergo, chiede un avvocato perché detenuta senza motivo.
All’inizio le compagne di stanza ridono, ma alla terza notte minacciano il medico di guardia “…o le fate qualcosa per calmarla o noi la ammazziamo!”. Comincia quindi la somministrazione dei sedativi e la nonna viene finalmente messa a dormire.
“Come va la nonna, dottore? La vediamo molto giù, dorme sempre”.
Tutto questo continua fino a quando una notte (chissà perché in ospedale i vecchi muoiono quasi sempre di notte) la nonna dorme senza la puntura di Talofen.
“Dottore, la vecchina del 12 non respira più”.
Inizia la scena finale di una triste commedia che si recita tutte le notti in tanti nostri ospedali: un medico spettinato e sbadigliante scrive in cartella la consueta litania “assenza di attività cardiaca e respiratoria spontanea, si constata il decesso”. La cartella clinica viene chiusa, gli esami del sangue però sono ottimi. L’ospedale ha fatto fino in fondo il suo dovere, la paziente è morta con ottimi valori di emocromo, azotemia ed elettroliti.
Cerco spesso di far capire ai familiari di questi poveri vecchi che il ricovero in ospedale non serve e anzi è spesso causa di disagio e dolore per il paziente, che non ha senso voler curare una persona che è solamente arrivata alla fine della vita. Vengo preso per cinico, per un medico che non vuole “curare” una persona solo perché è anziana. “E poi sa dottore, a casa abbiamo due bambini che fanno ancora le elementari non abbiamo piacere che vedano morire la nonna!”.
Ma perché? Perché i bambini possono vedere in tv ammazzamenti, stupri, “carrambe” e non possono vedere morire la nonna? Io penso che la nonna vorrebbe tanto starsene nel lettone di casa sua, senza aghi nelle vene, senza sedativi che le bombardano il cervello, e chiudere gli occhi portando con sé per l’ultimo viaggio una lacrima dei figli, un sorriso dei nipoti e non il fragore di una scorreggia della vicina di letto.
Regaliamo ai nostri vecchi un atto di amore, non cacciamoli di casa quando devono morire.

Glodencharlie

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30 commenti

  • Elisa scrive:

    Articolo che fa riflettere… Anche mio nonno ha passato lo stesso calvario. Dovremmo riappropriarci della morte, ma fa paura e nessuno vuol sentirsi responsabile del non aver concesso qualche giorno in più ai propri cari, anche quando stanno veramente male.
    Qui si entra in tema di fine vita, di accanimento diagnostico e terapeutico. E’ necessario un grande coraggio per lasciare la gente morire quando il loro momento è arrivato. E forse anche un grande altruismo..dovremmo pensare un pò meno ai nostri sensi di colpa e un pò di più agli altri.

  • Carlo scrive:

    Una risata con la figlia, uno strano sospiro e poi qualcuno o qualcosa (o tutte e due, chi lo sa) scrive la parola “fine” su quasi un secolo di vita con un ictus cerebrale fatale. In pochi attimi dobbiamo decidere se chiamare una autoambulanza, fare qualcosa, tentare l’impossibile …. Purtroppo il medico ci consiglia di apettare quella manciata di tempo di una vita che vita non è più. Con tanta paura di sbagliare accettiamo di lasciarla in casa vicino a noi, tre figli che stringendole le mani l’accompagneranno su un letto di parole, ricordi e sentimenti. Nessuno di noi saprà mai cosa lei possa aver provato o sentito; di sicuro, nel silenzio della sua camera, nella intimità del contatto con i figli si è chiusa degnamente e con rispetto una vita. Nulla di questo sarebbe stato possibile in una corsia di un ospedale…
    Carlo

  • meri scrive:

    E’difficilissimo essere costretti a scegliere dove il nonno starà meglio quando lui stesso afferma di “non stare più bene da nessuna parte” e che le cose che vorrebbe fare non potrà mai più farle.
    I sensi di colpa sono devastanti perchè non è tanto importante dove il nonno finirà i suoi giorni, me è essere vicino a lui quando accadrà. Questa è una scommessa terribile! Allora non ci resta che difendere a tutti i costi la dignità di queste persone care sono ridotte a esseri deboli, defedati, emaciati in cui la vita non è che un sottile respiro superficiale in condizioni di riposo…

  • il guardiano scrive:

    …poi a volte arriva anche un rianimatore, magari giovane, magari alle prime notti, che vedendo la situazione (paziente in coma, o addirittura già in arresto…) sfodera il laringo dalla fondina e gli piazza un bel portex calibro 8 in trachea, adrenalina, massaggio, scarica e chi più ne ha più ne metta. Poi via! di corsa in rianimazione… perché non si può mica morire così, senza che nessuno faccia niente! Già, non si può… ma perché?

    • joseph scrive:

      Ti spiego io il perché, il rianimatore di turno non può non fare niente se lo chiamano , non può arrivare e dire “no lasciamo morire il paziente”, perché tranquillo che fuori l ospedale c’è già l avvocato pronto a romperti il culo. Purtroppo è una questione di legge, un argomento delicato, attualmente i medici devono garantire fino alla fine il diritto alla vita e quindi finché il paziente ha polso

  • giulia scrive:

    Molto toccante.
    Credo che bisognerebbe riflettere in tal senso non solo per quanto riguarda le persone anziane, ma per noi tutti.
    Quando l’intubazione non serve più, quando le flebo, i cateteri, i farmaci per pisciare, per nutrirsi, per controllare la frequenza cardiaca, per mantenere calmo il cervello…non sortiscono alcun effetto terapeutico. Quando la cura diventa una sorta di prigione da cui non si può scegliere di uscire…
    Ci vuole tanto buon senso per cercare di arrivare a delle leggi – sicuramente difficili da redigere – in materia. Ci vuole buon senso e coscienza. Così come bisognerebbe che chi presenta i disegni di legge, o chi evita anche solo di mettersi in discussione in nome di credi diversi, avesse a che fare per mesi con un famigliare in camera di rianimazione, totalmente non autosufficiente, che ti chiede, come ultimo atto d’amore da parte di chi lo ha sempre amato e protetto, di potersene andare in pace, senza essere torturato ulteriormente. Mio marito, per fortuna, si è spento da solo dopo due mesi di calvario…ma non potrei nemmeno immaginare come sarebbe stato doverne affrontare lo sguardo dopo mesi ed anni in una simile condizione…
    Ora lo piango, e mi manca tantissimo, ed ho il cuore distrutto, e avrei fatto di tutto per salvarlo, se questo avesse significato poterlo riportare a casa…riportare a casa.
    Ma almeno adesso sto male io, mentre lui non sente più dolore.

    Giulia

  • giovanna scrive:

    ho letto solo ora…e sto vivendo la stessa situazione da lei descritta..mio nonno è in terapia intensiva da una settimana,completamente sedato e intubato,dicono per una polmonite e un accumulo di liquidi nei polmoni.
    quando lo abbiamo portato in ospedale era in coma e i medici ci hanno detto che l’unica ,piccola possibilità di salvargli la vita fosse l’intubazione! qual è la cosa più giusta da fare in una situazione simile?! rimani pietrificato,devi decidere in un attimo,altrimenti è trp tardi,il destino di una persona a te cara,dalla quale,nonostante l’età e la consapevolezza che qsta è la vita,nn sei mai pronto a distaccartene.
    Nn si tratta di accanimento o di nn rassegnazione,si tratta solo di fare tt il possibile,fino all’ultimo,per una persona a te cara e poi in una situazione improvvisa nn sempre,e nn tutti,riescono ad essere lucidi e calcolatori. Chi può stabilire cn certezza,che dopo la rianimazione una persona,per quanto anziana,nn possa riprendersi e vivere un altro mese,un altro anno o solo una settimana?!
    per un attimo ci siamo illusi che tt poteva essere passato,mio nonno si era ripreso,ma solo per qualke giorno.ora da una settimana,tt i giorni,alla stessa ora,andiamo in ospedale,attendiamo in silenzio il nostro turno,speriamo in un lieve miglioramento che è destinato a rimanere un’utopia nn appena vediamo l’immagine sul monitor,da 5 giorni sempre la stessa,come un rituale.
    Ora, con il senno del poi mi chiedo se all’inizio abbiamo preso la decisione giusta ma qlla decisione ,subito dopo la sua ripresa, ci ha permesso di dirgli, per l’ ultima volta, “ti vogliamo bene” e lui ha annuito.E credetemi per noi è già molto.

    giovanna

  • sorriso scrive:

    …complesso, troppo, il tema della dignità della morte per cercare di spiegarlo o comprenderlo in poche parole…
    Lasciatemi solo dire, senza voler in nessun modo giudicare o entrare in merito a scelte e situazione troppo personali, che forse nel nostro tempo manca la capacità di accettare la morte e l’impotenza che l’uomo e di conseguenza la medicina hanno di fronte ad alcune situazioni… Non credo che si debba sempre “fare qualcosa”, a volte il “fare” più grande è proprio il non fare medicalmente nulla, ma ascoltare, guardare, stare vicino a chi amiamo accompagnandolo alla fine del suo tempo con rispetto, senza “macchinose torture” e inutili sofferenze… Già, per questo ci vuole un gran coraggio, un immenso altruismo e una grande forza..e forse qualcuno che con altrettante qualità, che ci aiuti a sostenerla…

  • sono passata di la,,, scrive:

    poi quando si passa per ospedali,,,dove ci sono infermieri e capo sala che sono delle persone che pensano di avere a che fare con bestie,,tutto diventa estremamente difficile!ci sono passata in un reparto del genere e credetemi l’ambiente aiuta a morire,,,,,,,,,

  • bruno scrive:

    Voglio che mia nonna (classe 1914), completamente autosufficiente fino a 2 mesi fa, quando un femore ha deciso di cedere, costretta suo malgrado ai soli spostamenti letto-poltrona, poltrona-letto; si spenga con le sue mani tra le mie. Con una carezza dietro l’altra, mentre cerco di tranquillizzare il suo sguardo impaurito, come ha fatto lei migliaia di volte, quando da piccolo mi infilavo a dormire nel suo letto perchè fuori tuonava. Poco importa se dopo 11 ore di turno di notte in ospedale a casa devo ri iniziare tutto dal principio……

  • tiziana scrive:

    se non fosse per la tragicità della situazione direi che il racconto ha lo straordinario contorno del grottesco…ho dovuto ridere un paio di volte…pazzesco se pensiamo che si parla di morte…ma credimi non si è mai pronti per dire addio anche quando sai che inevitabilmente si è giunti al capolinea…spero di morire con accanto un medico così…anche il trapasso sarà più facile

  • SIMONETTA scrive:

    Quello che scrive questo articolo è il classico medico “criminale” io dono PER LA VITA, la vita va vissuta e se serve anche a 100 anni si deve lottare, rileggiti. Il GIURAMENTO D’IPPOCRATE.

    • Chiara scrive:

      i criminali sono altri, questo è un medico umano che finalmente descrive in maniera eccezzionale l insensatezza del nostro tempo… La morte no è più contemplata quando invece resta l unica certezza che abbiamo..

    • Stefania scrive:

      Carissima Simonetta,
      Mi Sa che sei tu che ti devi rileggere il giuramento di Ippocrate …. Di cui ti riporto le ultime due righe “…to su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’ esercizio della mia professione o in ragione del mio stato; di astenermi dall’ “accanimento” diagnostico e terapeutico”
      E mi sembra chiaro che tu non lavori in ospedale, perché in caso contrario non potresti certo pensare che “la vita va vissuta” se avessi in mente gli anziani di cui si parla in questo articolo, spesso completamente dementi, non in grado di alimentarsi né di muoversi e con le piaghe da decubito, incapaci spesso anche di parlare… Tenuti in vita con flebo e nutrizioni artificiali e non certo per tutela della loro umanità o qualità di vita ma solo perché in questa nostra società ci sono persone stupide o forse bigotte come te che non sanno accettare l’offesa narcisistica che la malattia e la morte comportano per il proprio io. Se ci pensi, ai cani quando soffrono gli si fa l’anestesia e la puntura di curaro e ci sentiamo umani perché li facciamo smettere di soffrire. I nostri anziani invece li lasciamo morire, appunto, come cani.

    • Mary scrive:

      Non è un medico “criminale” ma un Medico….e molto più umano di tanti parenti di questi poveri vecchietti. Poter morire a casa, in questi casi, non è arrendersi ma morire con dignità.

  • Valeria scrive:

    Un racconto di vita in ospedale per nulla cinico ma concreto e sensibile. Io concordo pienamente con l’ultima frase.

  • monique scrive:

    …parzialmente d’accordo…mia nonnina a 93 anni ad un certo punto era pallida e debole, è stata ricoverata, intubata, sottoposta a gastro…ed è tornata a casa dove con noi ha passato ben altri 8 anni, lasciandoci quando ne aveva 100 e 4 mesi…se avessimo optato per lasciarla a casa per non sopportare lo stress di un ricovero non sarebbe certo andata così! Ogni caso è a se, sono contro l’accanimento di voler curare tutto per forza ma negli ultimoi tempi ho visto cose davvero brutte…tipo mia madre dimessa con una diagnosi di ferro basso ed invece aveva una anemia emolitica (sic)

  • Laura scrive:

    Uhm. Questo articolo mi vede d’accordo fino ad un certo punto. Sono un medico e lavoro in casa di riposo. I pazienti in casa di riposo sono lì magari da anni, c’è un rapporto, ci si affeziona. Alcuni arrivano a 100 anni, per cui e uno di 90 anni ha una bronchite o un’infezione viene curato e rispondono bene. Magari un giorno uno dei pazienti altrimenti tutto sommato abbatanza lucido ed orientato, improvvisamente ha uno stato di confusione mentale. E’ la sua ora? Ha un’infezione urinaria? Ha un’iposodiemia perché fa il lasix ogni giorno da 8 anni? Difficile da dire, l’unico modo è un esame del sangue. Se io però prescrivo esami urgenti, me li fanno solo il giorno successivo nella struttura in cui è l’anziano e allora in questi casi succede che li invio in PS per avere esami urgenti e magari hanno elettroliti alterati, vengono ricoverati qualche giorno e poi rispediti in struttura, dove vivono ancora altri 5-6 anni. Non è semplice gestire la persona anziana, perché è imprevedibile, può durare anni od aggravarsi in un giorno, ma lo sai dopo, non prima. A volte i colleghi in ospedale sembrano scocciati perché invii una persona anziana in PS perché ormai “è vecchia”. SArà anche vecchia e tutto, ma mica per questo significa che il paziente vuole morire. E non è neanche facile guardare una persona morire, dipende da come muore. Vedere un tuo parente morire schiumando per un’edema polmonare non è facile, soprattutto se non sei un medico e a casa non hai una pompa di morfina con cui assicurarti che non soffra, anche se rantola dispnoico da due giorni… Se le persone accedono all’ospedale c’è un motivo forse più profondo di quanto scritto in questo articolo.

  • Serena scrive:

    …è’ difficile accompagnarli, e’ ormai altrettanto difficile morire…
    Grazie per aver messo così bene in parole una “cosa così “.
    Serena

  • Rodolfo scrive:

    Purtroppo l’accanimento legale, la prsunzione da parte del pubblico che la medicina sia onnipotente ed una società ” anestetizzata”
    ci stanno privando della possibilità di scegliere.
    Bell’articolo!

  • Luca scrive:

    Perché è quello che gli utenti vogliono. Già, perché in sanità non ci sono più pazienti, ma utenti, che all’urlo di “io pago le tasse” pretendono di ricevere servizi sanitari come fossero beni di consumo.
    Perché non ci interessa se la trasfusione potrebbe salvare il diciottenne vittima di incidente stradale, o la trentenne che ha avuto un’importante emorragia durante il parto, la pretendiamo per far vegetare mezz’ora in più il nonno di 99 anni. Che è 20 anni che vive in casa di riposo senza che nessuno della famiglia si ricordi dove sia, ma adesso che è in ospedale esigiamo avere medico ed infermiere a nostra disposizione 24 su 24.
    E se le cose vanno come natura vuole, perché no, magari denunciamo il medico perché per colpa sua non siamo riusciti a postare su Facebook la foto del centesimo compleanno… scattata in un letto d’ospedale col nonno intubato, attaccato a 3 o 4 flebo e alimentato artificialmente.
    Perché sicuramente era questo il centesimo compleanno che il nonno avrebbe sempre sognato.
    Accanimento terapeutico, dite? No, cari miei: lavaggio di coscienza dei parenti.

  • McEzio scrive:

    Caro Glodencharlie, da operatore del 118 professionista (quindi lavoro almeno 40 ore alla settimana in ambulanza), concordo a pieno tutto quello che hai scritto, ma non solo come operatore … anche come figlio consapevole del bene che voglio ai miei genitori. Vedo troppi figli “egoisti” che, per un piccolo malore, vorrebbero vedere la Mamma in un pronto soccorso, senza pensare minimamente alla volontà della stessa, senza il rispetto di chi vorrebbe restare nella sua casa, vicina all’affetto dei figli … gli stessi che decidono di relegarla a una squallida barella in corridoio, pensando di aver fatto il massimo per lei.
    Io, per sfortuna o fortuna, ho avuto splendidi genitori che si sono spenti nel sonno, a casa propria e nell’Amore di tutta la famiglia. Certamente non mi sento un “esecutore” della loro morte, ma un cristiano figlio che ha rispettato i propri genitori … fino all’ultimo respiro.
    Non comprendo accuse, ingiurie e tantomeno “… rileggiti il Giuramento di Ippocrate …” che certamente non detta egoismo e inciviltà!

    Spero di incontrarti Doc, con l’Anima che hai vorrei essere tuo paziente.
    McEzio (al 118 Piemonte tutti mi conoscono così)

  • valeria scrive:

    Sono anni che lo dico.
    Non si può più morire in santa pace nel proprio letto. Ci si può augurare di morire senza nessun medico che ti torturi solo in caso di incidente aereo: lì nemmeno l’autopsia possono più farti.
    Oggi morire in casa, nel proprio letto, magari con attorno le persone care, è impossibile. E’ così impossibile che quando abbiamo scelto questa morte dolce, senza accanimenti, per mio suocero, pur essendo io e mio marito due medici, e due di quei medici che vengono chiamati quando tutti gli altri hanno gettato la spugna, ma ancora insistono, due rianimatori, ecco sotto sotto, ognuno per sè, in silenzio, ce lo siamo detti: se fosse parente di persone “normali” ora sarebbe in ospedale con un tubo in gola e altri 3-4 sondini sparsi ovunque. Certo, in quel modo si soppravvive (si SOPRAVVIVE) un po’.
    Però dov’è l’ESSERE UMANO? E noi che sappiamo che spendiamo risorse che assicurerebbero la sanità a folle di malati nei paesi di sviluppo solo per allungare l’agonia di una povera anima che è arrivata alla fine della sua esperienza terrena…. Niente. Oggi si nasce e si muore solo in ospedale. Ma se la nascita è un evento pericoloso, imprevedibile, se nessuno accetta un figlio disabile tanto che si sottopone a esami su esami prenatali, magari anche a rischio di perderlo, se il parto è PERICOLOSO, la morte non è pericolosa, è un evento naturale a cui nessuno oltre una certa età e oltre certe condizioni di salute, nessuno si può sottrarre. Nella mia carta di identità io non metterò il foglietto americaneggiante DNR (DO NOT RESUSCITATE), ma scriverò: lasciami in pace a morire nel mio letto, per favore.

  • Loredana scrive:

    sono assolutamente e completamente d’accordo! Si dovrebbero dire più spesso queste cose!

  • maria grazia scrive:

    assolutamente e tragicamente vero: la parola accanimento terapeutico oramai non esiste più.Siamo costretti a vivere al di là delle risorse che la natura meravigliosamente ci ha fornito. Tra i ringraziamenti più sinceri ricevuti durante la mia attività di chirurgo vi è quello di una figlia: mi sono opposta ad un intervento chirurgico per occlusione e la vecchina di oltre 92 anni è spirata serenamente con il solo supporto analgesico in compagnia della figlia e del genero.

  • Antonella scrive:

    Poteva spegnersi dolcemente, come la fiamma di una candela che si è, ormai, consumata. Ma non puoi non affidarti al medico. Mi hanno convinta che era necessario impiantare un pace-maker. Un pacemaker in un fisico di 98 anni con tutti gli organi già usurati dall’età e da altre patologie delle quali non si è tenuto conto puntando, troppo semplicemente sulla soluzione del problema specialistico. Le hanno regalato in questo modo 40 giorni di inutile agonia. Non mi perdonerò mai per la decisione presa, ma, ancor meno perdonerò chi quella decisione mi ha convinta a prendere!

  • ferdinando scrive:

    Una Verità scomoda forse anche cinica: non si muore perché ci si ammala ma ci si ammala perché si deve morire. Michel Foucault

  • leon scrive:

    La discussione va avanti ormai da anni, perchè il problema dei malati anziani particolarmente fragili non trova soluzione legislativa. Un medico compassionevole viene accusato di essere “cinico” allorché rifiuta soltanto di essere crudele. Bisogna avere una legge semplice e chiara che dia valore vincolante alle volontà del paziente quando aveva la forza di esprimerle e di nominare un fiduciario per farle rispettare.

  • xnet scrive:

    87aa, lucida e completamente autonomia. Solo una lieve ipertensione, mai avuto problemi.

    Un giorno inizia ad anemizzarsi toccando più volte i 5 di Hb, no foci emorragiche evidenti. Iniziamo con le trasfusioni, il curante mi risponde “aspettiamo” ritenendo sproporzionato qualsiasi altro accertamento.

    Sei mesi di trasfusioni continue, non accettiamo la sua diagnosi e ci rivolgiamo a un altro collega.

    Eseguiamo una Colon che rivela un adenocarcinoma del cieco in situ, senza alcuna metastasi o altro interessamento. Programmiamo per filo e per segno l’intervento grazie a eccellenti colleghi, la operano in tempi da record e pochi giorni dopo torna in piedi come prima, ma senza più tumore, non dovrà fare altri trattamenti per esso. Gli anestesisti hanno fatto un eccellente lavoro, zero dolore e zero danni anossici grazie alla presenza in sala di specialisti in aiuto.

    Se avessi ascoltato il primo collega, oggi lei non ci sarebbe più. Questo per dire, non accanirsi ma nemmeno gettare la spugna prima del dovuto

  • DAVIDE scrive:

    Caro Dott. Goldencharlie
    e’ la prima volta che sento parlare( scrivere di questo argomento ) ho da poco un esperienza del genere e io insisto con i familiari che la soluzione migliore e’ quella di riportare a casa il mio amico che ha 74 anni e dal primo giorno che e’ entrato ha incominciato ad andar di matto proprio come nella lettera scritta sopra , lui sta morendo e io con lui perche’ non ho mezzi per aiutarlo visto che i medici insistono che deve rimanere li in piu’ alla notte viene legato e imbottito di sonniferi che non gli fanno effetto e lui e’ sempre piu cattivo e nervoso .
    Anche io vorrei essere un tuo paziente perche sento in te vera umanita’.
    Grazie

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