la visita

Scritta da il guardiano su ottobre 13, 2008
cronache

Il ragazzino diede l’ultimo tocco di colore sulle foglie in primo piano, poi si scostò dal quadro e lo guardò da lontano, come gli aveva insegnato a fare suo nonno. E’ finito, pensò, e decise di sottoporlo al giudizio del maestro. Sapeva che avrebbe dovuto aggiungere ancora qualcosa. Una luce, un’ombra. Del bianco (ma non del nero: il nero non esiste, nemmeno la notte è nera). Il più era comunque fatto, da domani avrebbe potuto dedicarsi al suo progetto.Il nonno guardò con i suoi occhi acuti e severi. Si fece passare i pastelli e indicò i punti da correggere. Ora andava bene. La mamma sarebbe stata contenta di quei papaveri da appendere sul suo letto. Molto meglio di quel crocifisso che si era impuntato di fare durante tutta la settimana, e che era rimasto solo abbozzato sul cavalletto dello studio (il “suo” progetto). Tutti la pensavano così. Tranne lui, il ragazzino, che vedeva invece nel crocifisso un compagno fedele della malattia. Un’immagine concreta di quel dolore. Il crocifisso sarebbe stato lì a succhiare quel male che stava uccidendo la mamma. Molto di più di quel mazzo di papaveri rossi. Ma era inutile spiegarlo. Il crocifisso non sembrava adatto, e alla fine, non sapeva bene chi doveva fare contento con quel quadro.

Cercò di iniziare il discorso con suo padre mentre andava all’ospedale. Partì dall’idea di diventare pittore, e finalmente dipingere tutto ciò che voleva (compresi i crocifissi), ma subito il discorso si spostò sulla sua vocazione alla medicina. Vero anche quello. Aveva proprio detto così al medico che gli aveva parlato qualche giorno prima. Forse ci credeva anche, ma fondamentalmente gli era sembrato importante per quel dottore là, non per lui. D’altra parte quando vedeva Miriam fuori da scuola che lo guardava con quegli occhi vellutati e indifesi, sognava di diventare un soldato, per poterla salvare dalla terza guerra mondiale. Nel frattempo non avrebbe mai rinunciato ad un giro intorno al mondo, ad una caccia a tesori dimenticati, ad un viaggio nello spazio. Impossibile decidere lì in macchina, in poco meno di un’ora.
Per entrare in ospedale bisognava mentire sulla sua età, ovviamente, altrimenti la guardia dell’ingresso non lo avrebbe mai fatto passare. Poi una volta dentro era più facile. C’era di nuovo quel dottore dell’altra volta. Gli disse che la situazione non era cambiata molto, e che la mamma era sempre nello stesso letto. Il ragazzino entrò, appoggiò il quadro con i papaveri sul lenzuolo, e vide che quella macchia rossa sul verde del letto sembrava aver ritrovato una sua naturale collocazione. Si rincuorò un po’. La mamma dormiva, non le disse niente, e decise di recitare sottovoce una preghiera. Poi uscì, lasciando dentro solo suo padre.

Tornando a casa pensò molto al crocifisso che aveva deciso di dipingere. Pensò che lo avrebbe finito e lo avrebbe fatto vedere a Miriam, forse lei avrebbe capito.

il guardiano

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