Pomeriggio di guardia. Ostetricia.
Mi annunciano il menù di oggi: una parto-analgesia da iniziare e un cesareo della mattina da rivedere in reparto. “Ah, sì, e poi c’è l’IVG, dottoressa.” Già, siamo ad agosto: il distretto sanitario dove si fanno abitualmente è chiuso, quindi, eccezionalmente, ce ne occupiamo qui in ospedale. Da quando lavoro qui non mi era ancora capitato.
Mi chiedono se sono obiettrice. Che strano, ogni volta che sento questa espressione: obiezione di coscienza, provo come un fastidio. Obiezione…bellissima parola. Coscienza…ancora più bella, vibrante, dignitosa. Come mai messe insieme non mi fanno più una bella impressione, allora? Come la nutella e la maionese! Sarà qualcosa di personale, senz’altro.
Sarà, per esempio, che penso al mio collega della mattina che ha “obiettato”, così che una donna che era qui dalle sette, pronta e digiuna, sta ancora aspettando che qualcuno la chiami. Con i propri pensieri e le proprie paure.
Quando rispondo ”scusate ragazze, ma vi sembro un prete o un’anestesista?” vedo facce inacidite intorno a me …no, decisamente l’ironia non è la miglior virtù delle ostetriche.
Almeno non di queste.
Ci siamo tutti, si può chiamare la signora. Non è che sia stato così facile, però: un’ostetrica di sala, obiettrice, è stata sostituita da una del reparto. Idem per il ginecologo. Tutti i presenti hanno esercitato la propria scelta, come prevede la legge. Il che dovrebbe farmi supporre che per tutti noi quello che stiamo per fare è solo un atto medico. Nessun giudizio, no? Anche perché, tecnicamente parlando, si tratta di una routinaria revisione di cavità, tale e quale a quelle spontanee, come se ne fanno tutti i giorni, mattina e pomeriggio. Naturale o volontaria che sia, non sono affari nostri.
La mia supposizione è evidentemente sbagliata. Il clima è un po’ teso, imbarazzato. Vado a conoscere la donna, visita e domande di rito, torno in sala operatoria, annuncio il nome della paziente che sta per entrare e subito si alza un coro di galline:
“ma…è italiana??”.
Beh, santiddio, è vero che siamo ormai un melting pot, ma ancora qualche paziente italiana ci è rimasta! “No, sa, è che per fare certe cose, di solito sono straniere…”.
“Certe cose”.
A 33 anni dalla 194. Un pomeriggio di agosto del 2011, nel civilissimo ospedale multiculturale di questa regione così “avanti” in Italia (beh…ti piace vincere facile, eh?), in mezzo a persone, non dico intelligenti -la mancanza di ironia era già un triste indizio- ma con un livello di istruzione cosidetto superiore, che non si dichiarano obiettrici… ecco il tabù che proprio non ti aspetti.
Chissà, forse per alcuni è così difficile accettare quelle “certe cose”, nascoste sotto le sigle di IVG, RCU, 194 (che poi sempre un aborto è), che l’unica soluzione passabile che hanno trovato è stata quella di immaginarsi sempre e solo una derelitta: straniera, senza permesso di soggiorno, povera, poverissima, magari anche violentata. Ah, sì, di sicuro è stata violentata poveretta, sennò come si spiega? Invece no, eccola lì l’impunita: è italiana, così a occhio direi ceto medio, niente lividi morbosi sul corpo. Non è un’adolescente sprovveduta. Non sembra neanche una tossica. Eccola là, a sbattere in faccia a tutti i presenti la propria scelta. Questa donna aveva il diritto di scegliere e l’ha esercitato. Avrà passato settimane a pensare, considerare, immaginare, come una partita a scacchi in cui ogni azione ha una conseguenza. E questa è la sua mossa con le sue conseguenze. Questa è la sua obiezione. E’ lei l’obiettrice di coscienza. E noi non ne conosciamo le ragioni, nè sta a noi conoscerle o tantomeno supporle.
Sono molti mesi che lavoro in questo ospedale, ma ci voleva un pomeriggio di agosto in cui il distretto sanitario è chiuso per accorgermi di quanto possano essere imbarazzanti persone con cui lavoro tutti i giorni. Persone che lavorano da sempre con le donne e per le donne: gentili, cordiali, capaci di fare un complimento ad una mamma persino davanti ad un neonato palesemente brutto, a dare loro coraggio anche quando la situazione sembra sfuggire di mano e che adesso hanno improvvisamente difficoltà a guardare questa donna negli occhi e ad essere altrettanto gentili e incoraggianti; colleghi che hanno vite spesso “non convenzionali”: tante ostetriche e dottoresse hanno figli senza essere sposate, tra gli uomini solo due ginecologi non sono (ancora) divorziati, una OSS è una lesbica dichiarata… Tutto questo è accettabile. Anzi di più: è giovane, è moderno, è anche un po’ “di sinistra” se vogliamo buttarla sulla politica!
Invece la scelta di una donna che ora è nuda davanti a noi che siamo vestiti…no, non lo è altrettanto, evidentemente. In nome di cosa, di grazia? Di una vita potenziale? Ma se adesso, proprio davanti agli occhi, abbiamo una vita reale e non riusciamo a trattarla con rispetto?
Colgo sguardi complici e borbottii a mezza voce “ma quanti anni avrà?”. La donna se ne accorge ma sta zitta.
Urlerei io, in compenso. Sono così imbarazzata per i miei colleghi che non mi basta più fare da sola sforzi di gentilezza alla signora.
Che poi, a dirla tutta, non è che l’empatia con i pazienti sia proprio la mia miglior virtù… Mi auguro che il midazolam della premedicazione (tanto midazolam!) la immerga nell’oblio e nell’amnesia. E ringrazio il santo propofol, quando il sonno profondo mette un muro tra lei e quell’idiota che dice “Certo che a quell’età lì una dovrebbe saperlo come si rimane incinte, no?”.
Perché, durante un’emicolectomia, non sento mai dire “Certo che di questi tempi lo sanno tutti che le carni rosse e i salumi fanno venire il cancro, no?”
Cinque minuti. Tutto questo teatrino per cinque minuti di intervento. Pago il mio buon midazolam con un risveglio un po’ più lento e poi a letto.
Il pomeriggio prosegue e anche le mie riflessioni. Mi chiedo se sia stato un caso: una congiuntura di persone particolarmente stupide tutte nello stesso turno? Può darsi, conosco tanti colleghi che non si sarebbero comportati così. Ma se un giorno ci fossi io lì, nuda come un verme? Un preservativo bucato, una pillola saltata, una spirale dispettosa…la mia obiezione di coscienza…mi addormenterei sapendo che, appena chiusi gli occhi, qualcuno si farebbe i cazzi miei.
Passano le settimane. Mi capita di leggere un libro, ormai un “vecchio” libro: “Lettera ad un bambino mai nato“, 1975. Beh…non è poi un vecchio libro: forse oggi che una madre sia formalmente signora o signorina importa meno di allora, ma per il resto sembra che in quelle cento pagine si svolga il mio anacronistico pomeriggio di guardia. Ed è triste.
Leggo: “…Il suo delitto non ha attenuanti, signori. Perché lo commise in nome di una illegittima libertà…”
Mi chiedo, nel 2011, come e da chi una qualsivoglia libertà possa essere ancora dichiarata illegittima.
Blue Dolphin
Ho trovato il suo blog per caso, per caso mi sono soffermata a leggere questo bellissimo pezzo che dà voce alla profonda indignazione che sento da tempo.Non è mai stato facile essere donne in questo paese,ma questa regressione tangibile mi fa accapponare la pelle. Il lunedì mattina, dopo il referendum sulla legge 30, ho pianto come una bambina e mi sono chiesta se fosse giusto far crescere una figlia in un paese così misogino e maschilista. Poi , incontri come questo, attenuano la mia claustrofobia e mi dico che, forse,c’è ancora una possibilità.
Grazie.
Grazie.
Ipocrisia e stupidità sono gran brutte bestie. Personalmente, come te mi astengo dai giudizi, e faccio ciò che mi viene richiesto come professionista, allo stesso modo per qualunque altro paziente. Credo che l’obiezione non dovrebbe essere ammessa, comoda scusa per “far finta di niente” e non pensare. Poveri noi! Ma, nonostante tutto, ancora non mi do per vinto, ancora mi incazzo e mi indigno, come te. Bello, ora so che non sono il solo. Un abbraccio!
”scusate ragazze, ma vi sembro un prete o un’anestesista?”.
Penso che sia una frase che potrei riutilizzare un giorno? Posso?
La legge 194 dà la possibilità di esercitare un diritto tutelato appunto dalla suddetta legge. Nessuno ti obbliga ad abortire se non vuoi. Nessuno ti chiede di giudicare. Come dici tu, giustamente, dobbiamo solo fare il nostro lavoro. Ho chiesto al mio prof di Medicina Legale “ma se tutti fossero obiettori, chi mi darebbe la garanzia di esercitare il mio diritto?”. Non ha saputo rispondermi. Mi fa piacere sapere però che siamo forse pochi, ma ci siamo, come dice Luca, ad incazzarci, ad indignarci, a non darci per vinti.
I tuoi scritti mi appassionano sempre, mi ispirano.
Grazie!
Adoro questo blog.Entro molto poco,ma ogni volta mi trovo a leggere e a piangere…
Grazie ragazzi,siete delle persone fantastiche e un pò mi rincuora sapere di poter trovare qualcuno di voi nello schifo di certa sanità italiana.
nel luglio 2009, per svariati motivi (anche per salute) ho abortito. è stato faticoso trovare un “team” di non obiettori. quello che mi chiedo io, a parte il giudizio che possono esprimere gli altri (di cui me ne frego ampiamente, so io perché l’ho scelto, e so io cosa comporti questa scelta): è giusto che un dipendente, in nome di convinzioni proprie, si rifiuti di fare il lavoro per cui è pagato? i miei capi sono fornitori di una pellicceria, io sono contraria, ma quando sono stata assunta ho firmato un contratto e non posso certo dirgli “io per loro non lavoro”, perchè la replica sarebbe “allora non lavori nemmeno per gli altri: cambia mestiere”
che bella cosa aver trovato questo blog…
Grazie per le tante cose che hai scritto.
Un post bellissimo e prezioso, soprattutto di questi tempi, in cui le garanzie della 194 sono messe in discussione in molte parti di questo sciagurato paese. I commenti degli operatori cosiddetti “benpensanti”, ignari della propria ipocrisia e del ridicolo di cui si coprono, sono purtroppo comuni anche a molte altre situazioni. Anche a me spesso è venuto da chidermi come a te se fosse solo una congiuntura di persone particolarmente stupide tutte nello stesso turno.. Grazie per aver condiviso
..volevo anche io ringraziarti davvero!!
…ho fatto felicemente l’obiettore di coscienza al servizio militare, l’ho pagata facendo 20 mesi anzichè 12…ho fatto l’obiettore alle spese militari ed ho pagato quando un bel giorno sono venuti a casa ad effettuare un pignoramento (..ma quella è stata una festa!) ..ho disobbedito in modo civile a leggi che ritenevo ingiuste e ho pagato con qualche fermo di polizia …mi piacerebbe che pagassero anche i miei colleghi per la loro scelta di obiezione di coscienza, anche poco o pochissimo ed invece paghiamo sempre noi con surplus orario, difficoltà a programmare ferie, la volontà di non tornare ai tempi dei “ferri da calza” o altre procedure incivili che tante donne hanno pagato spesso con la vita…
Sono un’ostetrica. Lavoro in Toscana, a Firenze per l’esattezza. Fortunatamente qui in ospedale ancora i medici non obiettori vanno per la maggiore rispetto agli altri! Ma innumerevoli difficoltà e lungagnaggini infinite riscontrano le donne che intraprendono il cammino della interruzione volontaria. Perse tra le lunghe pratiche e la burocrazia infinita…
Grazie anche da noi ostetriche fermamente convinte non obiettrici!