Di giorno si balbetta, ma le parole nella notte si fanno tonde e calde, piccole pagnotte dal buon odore alle narici, pietre di fiume smussate all’acqua e tiepide di sole da tenere in mano e da sgranare come grani di rosario, bocce di ferro che rotolano precise sul liscio della terra dietro l’osteria fino a raggiungere il pallino.
Di notte le parole ci fanno tutti complici, amici solidali, quasi amanti per quanto sconosciuti. Siamo le talpe semicieche che trovano nel buio sorrisi e gesti dove non potevano sapere finchè c’era la luce a nascondere emozione.
Forse solo questo ho imparato in tanti anni di lavoro. Che la notte aiuta.
Nella penombra delle stanze ti è più facile essere sereno sedendoti sul bordo di un letto sfatto di paura. Guardi negli occhi gonfi che non vedi questa mamma che boccheggia sotto il macigno di una diagnosi. Lei tace accarezzando lenta il suo bambino che finalmente dorme, miniera inesaurita di dolore, tu usi silenzio e vicinanza, parli, poco, stai in ascolto anche se tutto apparentemente tace. E con questi due strumenti che possono sembrare miseri, poco più che due cucchiai di fronte a una montagna, scavi un cunicolo fino al cuore della donna, che almeno possa respirare. E col respiro il pianto che assecondi muto, perchè occorre dare il tempo giusto ad ogni lacrima, che lenta cada come sangue sporco di terra da una ferita aperta che non devi avere fretta di richiudere. E dopo parli in bisbiglio caldo, divaghi, infili qualche fesseria accettando il rischio di essere frainteso, e infine torni al sodo, che è quello il punto da smussare. Tu non sei giudice che possa fare sconti sulla pena, ma la pena la puoi dividere per due.
E solo quando ti sei fatto carico del peso altrui, azzardi di forzare la tristezza, ti fai caronte allegro, “di qui si esce più in fretta se le tornerà il sorriso, ginnastica di labbra e di cervello”. Lei forse capisce cosa intendi perché prima ti guarda stralunata poi abbozza una smorfia complice e bambina.
Nel buio amico escono altre mamme dalle stanze, ti stanano in ambulatorio o in cucina, sensi assonnati che fiutano e reclamano il conforto della voce prima ancora dell’aiuto di una cura. Chiedono, ascoltano in piedi in corridoio e per un poco le abbandona il freddo che si portavano dentro.
Così per qualche ora oscura e chiara diventi il Cristo minimo che allevia la comunanza del dolore e riaddormenta con le dita sulla fronte.
Poi torna la luce e con la luce i capi e i bravi e i belli, quelli con il sapere in tasca e le parole in bocca da utilizzare in giro per tenere le distanze e accrescere la gloria. “Notte tranquilla, nulla di nuovo” dici, che tanto a certa gente è inutile spiegare. Ma mentre te ne vai, vedi una mamma sul limitare della stanza che incomincia con te a tessere la tela di sorrisi e di fiducia, da non disfare nella notte.
massimolegnani
Uno tra i brani piú belli ed emozionanti che abbia letto, nonostante qui ve ne siano sempre molti.
Piú che farti i complimenti mi sento di ringraziarti.
H.A.
ti ringrazio.
credo di aver dato voce a un sentire comune tra quelli che attraversano la notte tra le sofferenze altrui. ml
Tutto in un brano. In reparto, come in una stretta cellula sanitaria, come in garage coi colleghi aspettando l’ultima chiamata prima del (forse) sonno.
Grazie ml
un brano emozionante davvero. perfettamente in sintonia con le mie notti, i miei festivi al lavoro, anche le sedute in sala operatoria. condividere speranze, gioie, preoccupazioni, mettere a disposizione anche la parte di se’ che in genere teme la luce del giorno.. grazie ad un camice bianco e un po’ di umanità.. è il bello di ogni giornata di chi ha la fortuna di essere un medico.
Bisogna dare il tempo ad ogni lacrima…
Niente di più vero.
Condivido quanto hai scritto. Proprio nelle notti si tessono tele che cerano alleanze e alleviano sofferenze, non quelle fisiche, ma quelle dell’anima. Sono condivisioni che danno un senso al nostro lavoro e lo arricchiscono e curano, a volte, più dei farmaci.
Grazie e buona continuazione.
“E col respiro il pianto che assecondi muto, perchè occorre dare il tempo giusto ad ogni lacrima, che lenta cada come sangue sporco di terra da una ferita aperta che non devi avere fretta di richiudere.”
Qui a me mancano le parole!
Eppure ho sentito questo brano profondamente con un’emozione totale.
Hai saputo farmi captare come la notte possa aiutare chi soffra, come il dialogo tra chi assiste un malato ed il medico divenga più intimo, più vero.
La penombra della notte attutisce le distanze, le differenze.
Una mano viene tesa e viene cercata.
Splendido brano!
La notte è un momento magico in realtà.
Tu hai anche saputo, all’inizio, scrivere sulla notte con poesia.
“Siamo le talpe semicieche che trovano nel buio sorrisi e gesti dove non potevano sapere finchè c’era la luce a nascondere emozione.”
Grazie! Solo grazie!
Un sorriso
gb
sì gb, la penombra della notte è speciale.
grazie della condivisione
ml