Nella vita io non sono mai stata molto coraggiosa.
Ero la tipica bambina che non si buttava dagli scogli troppo alti, che non saliva sulle montagne russe, insomma una fifona.
È quindi con molta sorpresa che mi sono scoperta a reagire con prontezza di fronte all´urgenza in medicina.
Soprattutto durante la specialità, quando avevo poca esperienza, mi è successo più volte di sentire quella doppia chiamata in reparto (quella che segnala l´allarme per un´emergenza) e di precipitarmi nella camera del paziente.
Riuscivo a gestire la situazione.
Tutto secondo algoritmo, tutto fatto a dovere.
È cosi che ho capito, che l´anima gioca brutti scherzi.
Giorni dopo l´emergenza, mi trovavo a lacrimare senza ragione sulle scale che portavano al reparto, settimane dopo la morte di un paziente, a tremare quando sentivo il suono del campanello provenire dalla stanza in cui si era spento.
Strano come la mente comandi anche le emozioni urgenti, quanto la lucidità del momento e la necessità di essere efficienti sopiscano la paura, e poi la facciano riapparire in altre vesti.
Essere medico è anche un viaggio dentro a se stessi, è un labirinto nel proprio subconscio che si percorre a tentoni.
Chissà quanti anni mi ci vorranno per raggiungerne il centro…
Giò