Posted by rem
on aprile 26, 2018
emozioni /
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foto di MV
Si vede che doveva essere un gran bella donna ed ancora lo è: due occhi grandi azzurri, un viso ovale per quanto scavato, pallido.
Ha gli occhi persi, lo sguardo assente, si vede al primo sguardo che ha smesso di lottare, che è stanca che sta per rinunciare.
Ha due occhi che dicono … “che cazzo di destino mi doveva capitare, perché a me, avrei potuto avere una vita più lunga, coccolare i nipoti sulle ginocchia, abbracciarli, baciarli e invece… sono qui a sessant’anni a fare i conti con la morte e con la morte non si vince mai, le piace vincere facile”.
Sono sicuro che ‘cazzo’ non l’avrebbe mai detto e lo dico io per lei.
Mi stupisco sempre di come i verbali oncologici non dicano niente.
Nemmeno una parola.
Su chi sei chi eri, sulle speranze che avevi sulla vita che hai fatto, sembrano istruzioni per elettrodomestici ma non nella tua lingua.
Solo sigle, classificazioni, codifiche
Carcinoma esofageo squamocellulare ypT3N1M3
Protocollo CROSS AL SAAFR e STOCAZZ, (ma sono sicuro che l’oncologo non l’avrebbe mai scritto).
Siamo macchine che si guastano, un giorno avremo anche noi la scheda madre , il meccanico la metterà nel computer e capirà tutto di noi perché non sarà più in grado di capire con i suoi occhi, con le sue mani, con la sua testa, con la sua anima.
E poi….
poi un giorno non ci sono più protocolli né sofisticate tecniche di immaging, abbiamo già visto tutto, ci spiace , non possiamo più fare niente, non c’è più niente da fare, forse qualche terapia sperimentale di quelle che proporrebbe anche il mago Otelma ma validate scientificamente, ora vada pure a morire in un ospedale generalista , magari in un Pronto Soccorso che a noi manca perché noi siamo un Centro di Eccellenza
Ma vaffanculo dai!
Rem
Tags: fine vita, oncologia, Tumore
Posted by Herbert Asch
on aprile 28, 2014
citazioni /
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foto di GP
“Non é morire che mi fa paura, mi fa paura quello che viene prima. Il corpo che se ne va per conto suo, la carne che si svuota come un materassino sgonfio, il catetere in mezzo alle cosce e la padella sotto il culo. Quello mi fa paura.
Li ho girati i reparti dei terminali, lo sai? Tutte le volte che andavo alle visite, facendo finta di andare a trovare qualcuno, mi infilavo in corsia e passavo delle ore a spiare quelli che morivano attaccati alle macchine. Ce li ho nelle orecchie i loro rantoli lenti. All’inizio non ce la fai, ti immagini che siano gli ultimi solo perché sono insopportabili. E invece no, quella roba fatta di pelle e ossa é capace di andare avanti mesi , col sondino su per il naso e il rantolo fisso. C’é stata una donna sui cinquanta che ho seguito per un anno, sempre uguale, immobile, con gli occhi chiusi, e non ho mai visto nessuno venire a trovarla, tanto che le infermiere pensavano fossi la figlia. Una sera che ero lì da un’ora mi sono detta: basta, adesso lo faccio, stacco tutto e corro via. Ma il coraggio non ce l’ho avuto, questa é la veritá. Sará che sono una donna, e le donne sanno sopportare piú degli uomini, e che ci vuole coraggio, anche per quello, forse di piú: peró non ho fatto niente di quello che pensavo. E l’ho lasciata lì a rantolare.
…
E poi c’è questa cosa, nei malati terminali: la puzza di carogna che ti si appiccica addosso quando sei ancora vivo. La conosci, sì?
C’è un lezzo di stantio che viene fuori dai corpi in ospedale, roba che traspira dalla pelle anche se gli infermieri ti lavano da cima a fondo. Hai mai visto, quando cambiano le lenzuola di un moribondo, quella specie di sindone gialla che ci resta sopra? Io quell’odore ho paura di sentirmelo addosso ogni mattina. E anche se non lo sento mi copro di aloe. Ma poi penso che quando starò in ospedale sarò come quella donna, puzzerò e non potrò farci niente. Anzi, nemmeno me ne accorgerò di puzzare, forse sarò solo contenta di essere ancora viva, perché ogni tanto mi viene anche questo dubbio: che quando sei davvero su quel letto tutto quello che ti sto dicendo me lo dimenticherò, sarò attaccata solo a quel rantolo e quel rantolo mi basterà, anche se probabilmente starò soffrendo come un cane.”
da “Sangue mio” di Davide Ferrario
Herbert Asch
Tags: fine vita, malato terminale, morte, odore
Posted by slowlyslowly
on settembre 24, 2013
poesie /
3 Commenti
Foto di GN
Il ragazzo
vent’anni
così bianco
mi avevano detto
-guarda oggi c’è un ragazzo di vent’anni-
e così entro nella sua stanza
-lui è così bianco in viso-
è un bellissimo ragazzo,
respira regolarmente
dorme
è sedato
-mi dicono-
ci sono due amici
e la nonna –
lui è così bello
e respira regolarmente
sulla maglietta
come portiamo tutti d’estate
su e giù va il suo respiro
come me ora, in questo momento
che ho anch’io questa maglietta simile
e il mio respiro va su e giù
come il suo ora
-sono entrata
e ho guardato-
mi avevano preparato-
guarda che oggi c’è un ragazzo
giovane di vent’anni-
mi avevano preparato
ma non si è mai preparati
a quello che davvero succede
-è il bello della vita-
è successo
che da lui steso nel letto
che dormiva
con il viso però del dolore
che fortuna sua non provava-
è successo
che da lui
mi è arrivato un gran calore
mi è arrivato al cuore
lo chiamo compassione
ma ne ho avuto paura
abbiamo paura di ciò che ci fa bene-
ho avuto paura d’esserne travolta
forse cambiata
cambiata in meglio
questo è certo-
che l’ho subito frenata,
arrestata
e ho preferito averne paura
e l’ho trasformata in semplice guardare
e chiedere agli amici
volete un pò di thè?
Slowlyslowly
Tags: fine vita, giovane
Posted by slowlyslowly
on settembre 22, 2013
cronache /
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Foto di GN
Se penso a te, ai tuoi vent’anni, alle lacrime dell’infermiera -Ha l’età dei nostri figli- e al non saper che dirle, perdo quel briciolo di fede che ho raccolto come fresca acqua piovana con tanta fatica e così tanto tempo; e tremo all’idea della paura, della tua ragazzo di vent’anni, e della mia.
-Eppure- dice l’infermiera -senza la paura la nostra specie non sarebbe sopravvisuta. Allora perché il buddismo insegna ad eliminarla? Essere inermi di fronte alla nostra morte o, come si usa dire, accettarla o addirittura viverla come il momento supremo di tutta la vita, è essere saggi?
Ci vuole la fede incrollabile, ci vuole un’intera società che pratichi da millenni la fede in un paradiso o in una rinascita, e non questa nostra società che crede solo nella materia e rifiuta lo spirito. Ma poi dopo tanto pensare a quel ragazzo di vent’anni si è così stanchi, più che altro così stanchi. Stanchi…sì stanchi, che anche la paura o il dubbio o la delusione si sciolgono, almeno per un po’.
Slowlyslowly
Tags: fine vita, giovani
Posted by Gavino
on giugno 09, 2013
emozioni /
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foto di GP
La vita che ti scivola tra le dita, che riempe la mente di ricordi nascosti negli angoli più bui del nostro essere…
Come sarebbe stato bello fare, dire, osare in certe occasioni.
Lacrime di rassegnazione che lasciano il posto a sospiri di pace cercata e forse mai trovata.
Occhi chiusi per proteggersi dal mondo che fuori continua anche senza te ed arriva alle tue orecchie, attraverso queste finestre ,in maniera ovattata ed impersonale.
Occhi chiusi per ricordare i sorrisi smarriti e gli attimi mancati.
Respiri profondi per arrivare fino in fondo all’anima e sentirla vivere, pulsare. Cercare la pace per partire, sapendo che il viaggio a volte è senza ritorno e non contempla soste per riposare.
Cercare gli sguardi più amati e fissarli nel tempo che ci resta a disposizione per non perderli mai più e tenerli stretti a noi per paura che svaniscano con noi.
Occhi chiusi per non aggiungere tristezza alla partenza.
Forse non è questo che hai pensato quando è stato deciso di non accanirsi più terapeuticamente
… o forse si.
Gavino
Tags: accanimento terapeutico, fine vita