Un angelo malato

Scritta da Angela su maggio 11, 2014
ritratti

foto di RR

Durante le mie lunghe notti di guardia, sono tante le volte che la mia mente torna a quei pomeriggi d’inverno assolati… io e lei attorno a quel “braciere”, che mi infuocava le gambe: quanta serenità, quanta sicurezza in un affetto incondizionato. La guardavo incantata: nonostante la sua malattia, presente da quando ho memoria della mia infanzia, la sua  pelle era sempre candida, le sue trecce ordinate attorcigliate intorno alla nuca, i suoi occhi vivaci e inquisitori, il suo sorriso povero di denti, ma così ricco di una bellezza d’altri tempi.

Le nostre chiacchiere coprivano il ticchettio di quella sveglia sul tavolo, in cui un gallo picchiettava di continuo in sincrono con la lancetta dei minuti. Ero capace di raccontarle qualsiasi cosa, e lei era sempre attenta ad ogni mia parola, sempre interessata, sempre partecipe della mia vita, nonostante non ricordavo di averla mai vista lasciare la sua casa .

Lei, cascasse il mondo, ero certa che l’avrei trovata seduta su quella sedia davanti all’ingresso ad aspettarmi.

Non accettavo nemmeno la vaga idea che un giorno avrebbe potuto lasciarmi. No, lei no.

Mia nonna era, ed è ancora tuttora, un amore viscerale, una figura angelica che ha accompagnato la mia vita riempiendola di una tenerezza infinita.

Il desiderio di vederla star bene, mi ha fatto sognare di diventare un medico fin da quando avevo dieci anni. Da quando ne avevo solo quattordici mi occupavo di tutta la sua terapia, e lei amava farsi “curare” solo da me.

Lo so che in realtà era piena di difetti, una matriarca tremenda, ma guai a chi me la toccava, io ero perfetta per lei e lei era perfetta per me.

Ancora oggi, a distanza di ormai quasi dieci anni dalla sua morte, sento il dolore immenso della sua mancanza, il bisogno delle sue mani calde con cui scaldava spesso le mie, sento ancora l’angoscia del nostro addio. Il dolore lancinante durante il viaggio verso casa per raggiungerla durante un suo nuovo malore. La consapevolezza che quella volta la mia amata professione non l’avrebbe aiutata, la mia rassegnazione di un giovane medico che si deve arrendere davanti alla morte non più rimandabile. Il suo “grazie di tutto”…

Nei momenti bui della mia vita, sento quelle mani, stringo forte la sua fede al mio anulare destro, sorrido, e il suo conforto mi arriva fino al cuore, e so che non si separerà mai da me, perché continua a vivere attraverso di me.

Oggi, se sono diventata un medico rianimatore, so per certo di doverlo solo a lei… il mio angelo malato che rivedo in ogni paziente e che mi porta a mettere il cuore ogni giorno in quello che reputo una nobile e meravigliosa professione.

 

 

Angela

1 Commento

  • Elisa scrive:

    Nelle tue parole rivivo l’amore che anche io ho provato e provo tuttora per i miei nonni. Figure immense, importantissime, che mi mancano ogni giorno.
    Grazie!

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