Sono le 2.30 di notte di venerdì sera… mi aspetta davanti tutto un week-end impegnato in ospedale, tra notte, reperibilità e 12 ore di domenica. Che palle!! Ho appena finito di controllare i dati di ventilazione dei sei neonati ricoverati in terapia intensiva. Ce ne sono altri 15 fuori in post-TIN e nei box esterni. Il suono del cicalino… Che palle!! “E’ il neonatologo di guardia?” “Si sono io dica”. “Tra 5 minuti portiamo la 303, la donna gestosica con iposviluppo alla 24 settimana, in sala cesarei, perché ha avuto una crisi ipertensiva” “Va bene, mi organizzo con le ragazze per portare la culla e arrivo”. Ma porca miseria… ma proprio a quest’ora devono fare un cesareo? E poi dove lo metto… chi lo dice a quelle rompi… delle infermiere? Ho un posto solo libero in TIN e domani mi nasce la gemellare alla 33 settimana, cavoli loro, di quelli che ci sono domani, io stasera questo lo devo ricoverare. “Ragazze, è la sala parto: nasce l’iposviluppo alla 24ma il solito catorcio chi viene giù con me e porta la termoculla?” “Dottore non abbiamo 4 mani. Dà lei da mangiare alle altre jene? Cominci a scendere giù e arriviamo”. “OK, io mi porto giù la culla e anche il surfattante”.(Sì, ma che palle!!)
Il solito ascensore che non arriva mai, scendo a piedi, faccio prima.
Con gesto veloce digito 1-2-3-4 e poi cancelletto, si apre la porta della zona parto, passo davanti all’isola neonatale, controllo velocemente che tutto sia in ordine: Neo-Puff, ventilatore, laringoscopio, cateteri,etc.
Indosso, camminando, mascherina, cappello, guanti sterili e con il gomito premo sul tasto rosso della porta scorrevole della sala cesarei. “Buonasera… tirato giù dal letto dottore ?” “NO, no, stavo ancora controllando i catorcetti che ci date sempre e che sono in TIN”. Il ginecologo di guardia, freme con in mano la pinza che ogni tanto usa, pizzicando la pancia della gravida, per verificare se ha preso o meno la spinale. “Sente la pizzicata, signora?” “Si, dottore”. L’anestesista interviene “Ancora un attimo Andrea, la spinale l’ho fatta da meno di 5 minuti”. “Signora, sente il pizzicotto?” “No”. “OK si parte , bisturi…” Passano 3 minuti e Andrea è già sull’utero, divarica i retti addominali, batuffolo, con la forbice rompe il sacco, liquido limpido (meno male); eccolo. E’ podalico, ha il pisello (che sfiga prematuro e anche maschio!), peserà 6-7etti; a testa in giù aspirazione delle prime vie aeree, poi tra le braccia avvolte dal lenzuolino blu sterile della puericultrice e poi giù sull’infant warmer.
“Asciugalo, passami la mascherina”. Gli faccio fare una sustained inflation, come vuole quel rompi… del primario (si incav… se poi non lo faccio); oh però funziona! E si perché dal saturimetro annoto che la frequenza è 120/bpm anche se la saturazione è solo 65-70%. Ma chi se ne frega, Colin Morley, (dice il direttore), ha visto che ci vogliono almeno 5 o 10 (non ricordo bene) minuti per raggiungere la saturazione ottimale (oltre 90 o 95% che ne so, qui continuano a cambiare i valori in letteratura). L’importante è che la frequenza sia buona: “Ce lo hanno insegnato gli anestesisti”, continua a predicare il direttore. Va bene così. E dai respira, rompino di un bambino, prova a piangere, ma è un gemito. “Lo intubi ?” il solito rompiballe dell’anestesista con il fiato sul collo che gli ficcherebbe giù il tubo tracheale sempre. “Si, adesso, se non si riprende con la seconda sustained”. “Che cos’è la sustained?”, mi dice l’anestesista tirocinante che non sa un cav… ma che si deve impicciare di tutto. Non gli rispondo neanche, prendo il laringoscopio “Aspirate che non si vede un cavolo ha la glottide alta (ma è sempre così alta la glottide davvero o sono io che non sono capace a incubare? ma non potevo intubarlo in TIN con le mie ragazze?). Oh finalmente arriva dalla patologia, la mia infermiera, anche perché finalmente l’ho intubato, ma mi stavano dando un cerotto per fare il baffo sul labbro che sembrava una cintura per pantaloni. “Va bene, dottore la mandata del NeoPuff passa sia a destra che a sinistra, e satura bene 86% con la frequenza a 130/bpm” “Come sta?” Mi chiede Giorgio il ginecologo; “Ce la fa?” “Ma come cav… posso saperlo ADESSO? Chi sono il Padre Eterno?” “Per ora è discreto, adesso gli faccio il surfattante, poi lo incannulo su in TIN, e tra un’ora ci risentiamo”. Mi giro dalla parte della porta a vetri che dà nell’anticamera della sala cesarei: faccio un segno di OK con il pollice e indice al padre; quindi con l’indice che rulla nell’aria, gli faccio capire che ci sentiamo dopo, su al 5° piano.
Sospingiamo la culla da trasporto verso l’ascensore, sempre ventilando a mano il 24 settimane che adesso è un po’ più bellino di prima e che si muove come una rana.
Arriviamo in TIN sono le 3.15, lo mettiamo in culla, lo pesiamo: 650 gr, un altro ranocchio, lo attacchiamo al ventilatore: 60 atti, in SIPPV+VG (come vuole il direttore, che con la sua voce mi risuona nelle orecchie: ah sì, il Vt a 7 ml/Kg, “per lo spazio morto”. Che palle anche lui. “Mi raccomando fate il reclutamento, al limite se potete mettetevi in due, chiamando il reperibile, tanto ve ne capitano solo due o tre nell’anno di notte di neonati veramente prematuri: uno incannula i vasi ombelicali, l’altro recluta il polmone”. Ma a casa, si calmerà almeno un po’, o fa così anche con moglie e figli? capisco perché poi è sempre nervoso. Provo ad incannulare anche l’arteria: ma io non sono capace, ci rinuncio gli prendo solo la vena ombelicale: “Misurate la distanza spalla ombelico”, dice il primario, me lo sento fischiare nelle orecchie; oh mer… l’ho dimenticato, ma va bene vado su con il catetere, 3 F, finchè con la siringa non verifico che va bene sia in aspirazione che in infusione. Ore 3.55: prima emogas: ph 7.23, PCO2 35 PO2 85 (ma è arteria o vena, o sono troppo alto con il catetere? La famosa misurazione spalla-ombelico forse serviva! Vabbè, dopo la lastra del torace lo tiro giù il catetere. “Dottore, Laura è in bradicardia, è la terza apnea cha ha in due ore. Rimette finalmente le N-CPAP?” “Aspetta, dalle un attimo, fammi controllare quanto fa di caffeina? Non è che per caso ha rigurgitato prima?” “Dottore, Marco ha perso la vena periferica. E’ la terza che perde oggi. E’ massacrato nelle braccia e gambe; ma gli mette una vena centrale vero?” “Se aspettate un attimo. E poi non c’è Laura che prova magari a mettergli una periferica nella safena, lei è brava no? Se non ci riesce lei allora provo io a mettergli un centrale” Ore 4.10 chiamo il reperibile della radiologia per la lastra del torace e posizionamento CVO. Naturalmente è reperibile e mi ha detto che prima di 45 muniti non arriva, perché c’è traffico oggi e abita fuori Milano. Ma che cavolo di reperibilità è? Mando le provette dei prelievi giù in laboratorio con il bussolotto della posta pneumatica per gli esami; l’ho portati io perché le ragazze sono impegnate. Già che ci sono vado anche a ritirare il plasma che per telefono han detto che è pronto per Silvia; ma allora potevo anche portarle a mano le provette. Amen!! Le provette son già partite.
Ore 4.55: arriva il tecnico di radiologia “T’ho chiamato da più di mezz’ora!!” “Lo sai che abito fuori Milano e non ci posso fare niente”. “Dottore, s’è stubato Filippo. Piange!” Merda secca. Lo reintubo senza grosse difficoltà. E’ chiaro qui in reparto è più facile. Lo rimetto in SIPPV+VG e torno sull’ultimo arrivato. Fatta la lastra, guardo l’immagine al computer: un polmone di m… 6-7 spazi, RDS di 3°-4° stadio, e il surfattante l’ho già fatto, ma dove cav… è finito? Il primario dice però che se satura bene e ha bisogno solo del 25%, l’FRC è fatta e quindi non devo guardare la lastra, e posso fare anche il gradiente arterioso/alveolare per verificarlo, bla, bla, bla.
Ore 5.20, il cicalino: “Dottore in sala parto, nella margherita, una ventosa”. Che palle, giù di corsa sempre per le scale: mi ha detto nella margherita o girasole? beh, chiedo quando arrivo giù. 1-2-3-4 cancelletto, entro.
Entro nella margherita era giusta l’indicazione, il rompino è già nato, urla, sta benissimo. “S’è fermato allo scavo pelvico, ma sta bene” dice la ginecologa di guardia. E allora perché hai fatto la ventosa mi viene da pensare?
Torno in reparto sono le 5.30, comincia a spuntare un pò di luce fuori dalla finestra, la notte è un po’ meno ovattata e dall’alto del 5° piano vedo l’alba dietro il campanile e sullo sfondo, tra le nuvole, un aereo decolla da Linate. Qualche taxi sulla strada e i camion della nettezza urbana. Cominciano a circolare anche i primi lavoratori, quello del primo turno… a proposito, anche il mio cambio prima o poi arriverà, verso le 8 o poco dopo. Poco dopo, speriamo, sono proprio stanco. “Dottore, Federica, ha 2 cc di RG biliare, che faccio? Ha anche un panciotto con tutte le anse disegnate”. “OK sospenda il pasto e poi vediamo cosa fare tra tre ore”. “Dottore, Mario, ha avuto due apnee mentre lei era giù per la ventosa, ho messo due litri di ossigeno, se no non saturava più di 90%”. Ma non hanno ancora capito che non serve a niente l’ossigeno per le apnee? “Va bene, lo lasci in ossigeno, però lo concentri e non lasci il bocchettone, altrimenti ce lo troviamo al 100% di saturazione e gli viene la ROP”. “E sì e noi invece a forza di farlo desaturare, lo facciamo diventare scemo. O sta qui lei dottore a controllarlo che non desaturi, mentre noi ci preoccupiamo degli altri 20 o gli lascio il bocchettone, fisso”. Mah, c’hanno anche ragione loro. Arriva il papà della 24ma: è agitato, la moglie lo ha chiamato di corsa da casa, è il primo figlio, tanto atteso, ha le lacrime agli occhi; entrando in TIN, si sbaglia e si ferma prima davanti alla culla di un altro in ventilazione meccanica: sono tutti uguali, eppure così diversi tra di loro. “Come stà? Tutto bene? Ha tutto?” Ma come posso, spiegargli tutto stanotte? Lo invito a toccare il figlio con le mani, ma lui ha paura e dopo 5 minuti, e dopo la firma dei 350 consensi richiesti sulla cartella clinica (“La cartella è tutta a posto?” Il solito direttore),scende dalla moglie, a rassicurala. Di che, non si sa, siamo solo all’inizio, di un’avventura che durerà almeno 3-5 mesi. Se vivrà poi…
Ore 6.30, provo ad andare in camera e mi sbatto sulla sdraio; il direttore mi aveva detto che lui quando faceva le notti, lavorava al computer in TIN e tra una visita e l’altra scriveva gli articoli. Mah! Ma si rende conto di notte il casino che c’è qua? Ventose, flebo, cesarei. “Dottore la 24 settimane, desatura, e l’allarme del VG suona, Vt basso. O controlla il respiratore o si mette lei qui davanti a struccar il buttun”. “E’ sceso un po’ il tubo, ecco perché desatura: fissatelo meglio con il cerotto, di 0.5 cm più in su; era anche girata la testa, ora passa meglio e satura meglio”. Sono le 7.30, vado stancamente a darmi una sciacquata alla faccia: sembra che mi abbiano dato due cazzotti in faccia, ho due occhi con delle borse sotto che. Faccio pipì, me ne ero dimenticato e la vescica cominciava a dare i segni di irrequietezza. Sono le 8.07 arriva Luigi, a darmi il cambio “Ciao, come andata?” “Non ho chiuso occhio, neanche un minuto”. Suona il cicalino. “Dallo a me, dai”. Non vedevo l’ora. E’ finita, ma domani per 12 ore si ricomincia. Sono stanco, ma… E’ la vita.
the intensivist
al secondo “che palle” mi sono chiesto: “ma perché fai questo mestiere?”
già dalle prime righe di questo post mi sono chiesto cosa c’entrasse con lo spirito di questo blog.
non che non ce ne fossero altri che a loro modo stonavano, ma in questo ho trovato particolarmente fastidioso il tono più che il contenuto del racconto.
la notte di guardia raccontata, con una dovizia di particolari tale da renderla comprensibile quasi solo ad un addetto ai lavori, non lascia nessuno spazio alle emozioni, a quelle “impressioni di seconda fila” che dovrebbero sopravvivere senza essere schiacciate dal tecnicismo più asettico.
un post così tecnico potrebbe stare su un manuale di terapia intensiva, se non fosse che qualche emozione in effetti affiora dietro il tecnicismo: la spocchia, un fastidioso atteggiamento di superiorità che diventa saccenza con i collaboratori e mancanza di rispetto con i familiari dei piccoli pazienti.
credo che anche i moderatori abbiano percepito una sensazione simile, dal momento che lo hanno associato alla foto forse più brutta mai comparsa su questo sito.
resta comunque una lettura interessante, ci ricorda che di medici così ne esistono tanti e che proprio per questo c’è bisogno di blog come questo.
La prima volta che l’ho sentito era il 1999: perchè i prematuri in TIN vengono chiamati catorci?
Penso e spero che non ti identifichi con il protagonista di questo racconto. Leggendo tra le righe traspaiono un’assoluta competenza, una invidiabile determinazione ed una malcelata passione per questo lavoro che obiettivamente fanno a pugni con i comportamenti del nostro “intesivist”: cinico, saccente, irritante, incapace di inserire le sue innegabili doti tecniche in un contesto di valide relazioni umane (con gli altri medici, gli infermieri, i parenti e soprattutto i pazienti), vinto da una onnipresente “stanchezza di essere”. Penso che tu abbia voluto ricordarci come, se perdiamo il nostro entusiasmo, se ci isoliamo dal contesto in cui viviamo e lavoriamo, possiamo essere dei bravi Dottori in Medicina senza essere dei bravi Medici. Giusto?
Per la prima volta, credo, il pubblico può capire quanta aggressività si respiri nell’ambiente medico.
La gente vuole pensare al medico come ad una persona che segue il proprio cuore, e questo sito ne è una testimonianza…
Là fuori, però, la medicina è così come crudamente la descrive questo post : tecnicismo, applicazione di studi scientifici, “produrre salute”…e le persone che la esercitano sono spinte, oltre che dal “sacro fuoco”, anche da ambizione e vanità.
Purtroppo il resto, per qualcuno, non è altro che “contorno”.
Non sono del mestiere, ma questo blog mi appassiona in un modo incredibile, anche nei suoi aspetti piu “cinici”, meno poetici e sentimentali.
Sapere che un medico mentre sta curando qualcuno, pur con tutti gli uffa, cerca di mettere in atto quanto di meglio (o comunque, al meglio) la sua competenza, è molto meglio che saperlo pensare all’auto nuova che non gli è ancora arrivata.
Fiorella
Quanti altri lavori si possono fare nella vita. Ma tanti, eh.
A quanto pare questo the intensivist è rimasto sulle palle a tutti, non solo a me…
“[…] chi lo dice a quelle rompi… delle infermiere?”. Meno male che ci sono. Meno male che ci siamo. E’ il tono che trovo indisponente.
Sulle competenze non entro.
Non sono una intensivista ma faccio le guardie in ospedale, ed è proprio così che va,tra tensioni , stanchezza ,rottura di palle ed emozioni,notte dopo notte ,spendi la tua vita a fare un lavoro che, se hai delle carte da giocare, ti consente di metterle in gioco tutte
GRANDE INTENSIVIST!
ho lavorato come consulente oculista in una TIN dal 1994 al 1999: è tutto esattamente così, ed è il mondo reale, la medicina vera; se non lo capite (e mi senbra che quasi tutti i commenti evidenzino questo) evitate giudizi.
caro giuseppe, non solo il mondo di una TIN è così, anche quello di tutte le altre rianimazioni, credi a uno che ci lavora da un po’ di anni.
il post è di per sè molto realistico e assolutamente competente come “trattato di buona pratica clinica”, non credo che gli altri utenti non l’abbiano capito, credo solo che non abbiano apprezzato i toni, che pur “sinceri” e “realistici” denotano una certa fastidiosa spocchia e mancanza di rispetto.
caro marco, mi sono ulteriormente riletto il post , io non ci ho sentito nemmeno l’ombra di “fastidiosa spocchia e mancanza di rispetto”. Io ci vedo un collega- della cui competenza non discuto- dotato di realismo e senso critico, attento, vigilante, non televisivo e calatissimo nel mondo reale.
Egli si pone degli interrogativi ai quali spesso si risponde dandosi torto; cerca di dare il meglio di se senza risparmiarsi e lo fa mediando fra il suo mondo interiore e quello degli altri che incontra. E’ un essere umano, non una macchina.
Mio figlio è nato a termine, ma se avessi avuto la sfiga di vederlo nascere a 24 settimane – e io sono perfettamente consapevole di ciò che questo implica – avrei voluto un collega come the intensivist ad assisterlo…..
certo, se il prematuro non avesse avuto il pisello e il primario non fosse stato un perfetto persecutore, avremmo forse avuto noi la “sfiga” di perdere un “collega”, così attento ai suoi che “palle” nel passare dallo stato di quiete all’ intervento, da non accorgersi che al burn out è sempre meglio una vacanza.
Grazie. io ho partorito a 24 settimane. mio figlio e’ morto dopo 32 giorni di tin! e ancora credo nel rispetto della vita e nell’amore che i medici e gli infermieri mettono nel loro lavoro di cura, accudimento e sostegno di questi bambini
E’ un racconto che mi riporta indietro nel tempo e mi fa apprezzare sempre di più il lavoro dei colleghi che con tanto sacrificio, ma passione, stanno accanto a queste piccole creature ( i gravi prematuri) e le lor famiglie