una nuova strategia

Scritta da il guardiano su ottobre 25, 2008
ritratti

Era meglio parlare chiaro. La mamma era in coma. Il dottore aveva impiegato un bel po’ a spiegare questa cosa al ragazzino. Aveva anche parlato di un nuovo tubicino che le avevano messo in testa. Sembrava una cosa dell’altro mondo. Un sensore proprio dentro il cervello. Chissà quali informazioni avrebbe potuto dare. Il ragazzino immaginava tutta una serie di onde, di segnali, di flussi che messi insieme avrebbero dato un quadro molto preciso della malattia della mamma. Una specie di tac (aveva già visto una tac) ma non degli organi, proprio dei pensieri. Così quando era entrato e aveva visto quel piccolo monitor che indicava un numero scritto grande, come per essere letto da un bambino dell’elementari, c’era rimasto un po’ male. Era molto più interessante l’altro monitor, quello colorato, o il ventilatore (anche quello gliel’avevano già spiegato). Comunque non disse niente. Non voleva offendere quel dottore che gli aveva fatto lo spiegone. Certo che avrebbe preferito qualcosa di un po’ più sofisticato per frugare nel cervello della mamma.

Il quadro dei papaveri era appeso proprio sopra al letto. L’infermiere che si occupava della mamma (c’era anche lui di là con il dottore), gli disse che era molto bello quel quadro. Gli disse che lui non sapeva disegnare neppure una casetta ed ammirava molto chi invece aveva queste doti (disse proprio la parola “doti” che colpì il ragazzino, perché era una di quelle parole che usavano spesso gli adulti per fare un complimento, senza accorgersi che non c’era niente da essere contenti a possedere una “dote”; era più una scocciatura che altro).
Tornando a casa pensò a quando avrebbe potuto raccontare tutto a Miriam. Immaginava i discorsi, le parole precise che le avrebbe detto, e le sue reazioni. Ogni piccolo gesto. Immaginava i loro sguardi aggrappati l’uno all’altro, e le loro bocche impigliate fra dolci parole . Immaginava il suo sorriso, e le sue risate. Poi improvvisamente, poco prima del bacio, la scena ritornava dall’inizio, e ricominciava tutto. Ma ad un certo punto si era accorto che c’era proprio poco da ridere in tutta quella faccenda. Con che scusa avrebbe potuto invitare Miriam? E come avrebbero pututo trascorrere un pomeriggio insieme a divertirsi? “Ciao Miriam, vieni a casa mia a vedere il crocifisso che ho appena finito di dipingere?” oppure “Mi spiace, ma devo proprio tornare a casa per le 5 – se potessimo baciarci entro quell’ora! Mia madre è all’ospedale, in coma, che mi aspetta…”
No, così, non avrebbe mai funzionato.

il guardiano

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