via da qui

Scritta da joyce su novembre 16, 2008
cronache

Emanuele oggi esce dall’ospedale… dopo mesi passati tra un reparto e l’altro.
Ho incontrato la madre sulle scale mentre usciva, una giornata memorabile per lei il figlio finalmente lascia questo luogo anonimo e torna a dormire nel suo letto di quando era bambino, torna alla realtà.
una grossa vittoria per lei che in barba a notizie sempre più scoraggianti continuava a vedere il figlio come se da un momento all’atro dovesse alzarsi da quel letto in cui era legato a doppia mandata con tubi, cavi, drenaggi. Mi è sembrata più piccola come se un po’ alla volta si fosse consumata ad aspettare dietro le porte l’orario di visita, ad origliare ogni più piccolo gemito del figlio, a controllare l’integrità di una figura che un po’ alla volta si è trasformata davanti ai suoi occhi, i ineamenti alterati da gonfiori, la voce che per giorni non esce fino al vederlo scrivere con la mano sinistra per una paresi ormai quasi irreversibile.
Eppure sempre lì, ogni giorno, tranquilla, con lo sguardo perso intenta a pensare ai nipotini che avrebbe stretto tra le braccia o a quale pietanze mettere in tavola per la cena di Natale.
Incredula l’ho guardata per mesi accanto al letto del figlio, non capendo questa farsa della vita normale che tanto continuava a propugnare.
Come non accorgersi delle trasformazione in atto come non vedere tutto quel che accadeva attorno al letto del figlio come ignorare le assenze che ogni tanto lo colpiscono come non capire che già solo tornare ad una stazione eretta per Emanuele è quasi un miraggio come ignorare che dopo tanta sofferenza il tumore del figlio continua ad essere lì, racchiuso nella sua testa, fortezza inespugnabile, punto irraggiungibile.
Sembrava quasi di parlare con un automa quasi convinta che il figlio fosse lì per una gita istruttiva o per un suo capriccio e non per un reale problema, come se fosse uno scherzo.
L’ho vista invidiare le dimissioni dei vicini, l’ho vista guardarci con rancore come se fossimo responsabili dell’assenza del figlio da casa sua, dai suoi luoghi, dalla sua vita.
L’ho vista diventare più aggressiva, più rigida e tronfia come una matrona quando lui da solo è uscito dal suo letto per cambiare reparto.
Per i mesi successivi lo intravista trafelata, sulle scale tra un piano e l’altro a rincorrere le diverse degenze del figlio, oggi sulle scale mi ha fermata.Mi ha gridato la sua vittoria e poi tradita dalla stanchezza è scoppiata a piangere.

Quasi senza parole l’ho abbracciata e con voce calma le ho ricordato tutti i progetti che aveva in serbo per il figlio e che durante i colloqui continuava ad enumerare, mi ha guardato stupita e poi come se nulla fosse è riapparso il sorriso beffardo e la vita normale è ricominciata.

joyce

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1 Commento

  • anonimo scrive:

    Questa notte sei riuscita a rompere la mia tranquilla solidità con questa storia che mi ha fatto scorrere un brivido freddo lungo il corpo mentre ascolto la vita dei miei due figli nella stanza di là e del mio terzo che aspetta di uscire al mondo dal ventre della mia donna che dorme qua vicino… Questo brivido che desiderebbe capire il perché e fino a quando possa valere la pena sopravvivere ben sapendo che nessuno su questa terra potrà mai darmi una risposta realmente sufficiente, spesso anche solo scientificamente convincente… un fotografo

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