Archive for novembre, 2012

La prova interiore

Posted by slowlyslowly on novembre 28, 2012
poesie / Nessun commento

foto di MV

foto di MV

Com’è guardarsi

negli occhi nella malattia?

Temere per lui/lei

trattenere la disperazione e il pianto

gioire del suo sorriso

che scaccia la morte nera

la fa per un attimo

bianca di luce –

voglio le prove

voglio dentro di me le prove

della nostra

prossima vita

slowlyslowly

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Cure me

Posted by Raven on novembre 25, 2012
cronache / 3 Commenti

foto di NC

foto di NC

Sette mesi. Questo è il periodo del suo limbo, lì, immobile in quel letto pian piano sempre più grande per lei che si fa sempre più piccola via via col passare dei giorni.

Gli occhi, fino a qualche tempo prima dello stesso colore del cielo perdono la loro luce diventando mano a mano più vitrei e opachi.

Chissà quando eri giovane quanti uomini si perdevano dentro quell’azzurro?

Mi trovo a domandarmi, mentre le passo una graza imbevuta di soluzione fisiologica sulle orbite. Non ha nemmeno più il riflesso palpebrale già da qualche giorno. Di lei è rimasto solo un corpo che fa sempre più fatica a respirare, anche con la mascherina di ossigeno sparata a tutto volume.

Arranca, sibila, rantola…Della bella signora sempre sorridente tutto ciò che è rimasto è solo questo.

E una PEG.

E una piaga da decubito che peggiora nonostante le accurate medicazioni e gli spostamenti su un fianco o sull’altro. Ormai si vede bene l’osso del coccige da quella ferita sanguinante.

Chissà se senti ancora dolore quando ti mettiamo la iodoformica?

Mi ritrovo di nuovo a pensare. Vorrei che non sentisse più nulla, imprigionata in quel limbo, compreso il rumore della pompa attaccata al sondino nasogastrico, il fischio del concentratore di ossigeno che ogni tanto reclama attenzione, la vicina di letto che ignara di tutto urla che anche lei non sta mica tanto bene…

Vorrei che non si stesse accorgendo più di quanto accade intorno a lei.

Mi accorgo che le sono rispuntati i baffetti sotto al naso e le unghie continuano imperterrite a crescere: lo so, questo può essere il tuo ultimo giorno di agonia e non sarebbe corretto che tu ti presentassi così, con le unghie lunghe ed i peletti sul viso.

Prendo la salviettina con acqua e sapone ed un po’ di colonia e ti passo le mani, talmente gonfie dai liquidi infusi da non sapere più dove metterli.

La collega mi passa la forbicina per le unghie, mentre lei si occupa dei peli superflui.

C’è ancora una cosa che non mi piace:ha i capelli troppo lunghi. Guardo la collega,lei ha capito cosa ho intenzione di fare. Stamattina, strano ma vero, siamo riuscite a guadagnare un po’ di tempo in più, e sembra che gli altri pazienti non reclamino particolari problemi, oggi. Mi fa cenno di sì con la testa. Prendo un asciugmano e, come se stessi maneggiando la testolina di un neonato, con la stessa cura le appoggio l’asciugamano sul cuscino e passo a lavarle i capelli.

La collega con la stessa attenzione le tiene la testa mentre io le passo il pettine tra i fili bianchi e sforbicio dove per me sono troppo lunghi rispetto a tutti gli altri.

Mi accorgo che di lungo ha anche le sopracciglia: incredibile come i peli possano crescere a velocità sorpendente anche su un corpo in quello stato.

La collega mi guarda di nuovo:

“Hai fatto trenta…..”

“Non la lascio così!”

I suoi parenti fondamentalmente mi stanno antipatici. Non gli ho mai potuti vedere: pretenziosi, maleducati e soprattutto, di lei, della nostra signora nel limbo, se ne sono sempre più che fregati.

Della zia importa solo il testamento che le avevano fatto firmare quando ancora quelle mani si potevamo muovere ed impugnare una penna.

Non lo sto facendo per loro.

Prendo la pinzetta e con facilità strappo le sopracciglia. Poi insieme alla collega la riposizioniamo sul letto, le cambiamo le lenzuola, controlliamo i tubi che siano tutti al posto giusto e silenziosamente entrambe speriamo di non doverla più vedere arrancare per la vita il giorno dopo.

Un ultima occhiata prima di lasciare quella stanza: così sistemata sembra un pochino più serena in quel “sonno” senza fine.

“Chissà quando saremo noi al posto suo ci sarà qualcuno che come me e te oggi avrà la stessa cura…” Mi dice la collega.

Chi lo sa, di questa grande ruota che gira? Io non posso saperlo, ma di una cosa ero certa: il giorno dopo non l’avremmo più trovata a lottare nel limbo che sembrava infinito.

Raven

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Catene d’oro

Posted by slowlyslowly on novembre 22, 2012
poesie / Nessun commento
foto di MV

foto di MV

Ho letto poesie

in una casa ammalata

dove io

egoista

trovo la pace-

allora una giovane donna

ha letto anche lei poesie

su un nido vuoto-

e un’altra donna

ha cantato

parole di musica

sacra-

aiutaci o Signore

Dio, Gesù, Buddha-

qualunque nome

t’abbiano dato-

se uno Spirito Santo

ci guida e ci porta

fuori dall’Inferno

della paura,

aiutaci-

a preservare,

rendere durevoli

questi tre momenti

di pura gioia comune-

ad entrare nella foresta

della paura

e lì trovare,

come per caso,

la gioia.

slowlyslowly

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Destino beffardo

Posted by zarianto on novembre 17, 2012
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foto di HA

foto di HA

Quante volte accade, nel nostro amato/odiato mestiere di custodi notturni e festivi delle  vite altrui, di imbattersi in circostanze così singolari, da giustificare il sospetto dell’esistenza di un qualche regista occulto e bizzarro, alla direzione sapiente e divertita delle drammatiche e sofferte vicende umane?  Moltissime!  Ma tra tutte quelle possibili oggetti di narrazione, mai dimenticherò lo strano caso che mi accingo a raccontare, per la sequenza di coincidenze, pure assolutamente occasionale, occorsa a tutti i protagonisti.  E se non parlassimo, aihmè, di salute e malattia, di morte e sopravvivenza, che impongono la giusta dose di rispettosa serietà, forse verrebbe addirittura…da sorridere!

E’ la notte di San Sivestro di qualche anno fa.  Terminato il giro-pazienti medico e infermieristico di una rianimazione abbastanza tranquilla, onde attenuare la frustrazione di chi spesso è costretto a lavorare durante le festività, anche quelle più importanti e sentite, mentre gli altri, “i normali”, si danno alla pazza gioia, il personale del reparto dà luogo, con impaziente e superstiziosa rapidità furtiva, preventivamente anti-catastrofista, al brindisi – minimalista, austero e assai spartano, s’intenda – da tempo programmato, di saluto agli anni vecchio e nuovo, giacchè il regista occulto di cui sopra, apparentemente lo concede.  Apparentemente…appunto!

Per il cardiochirurgo di guardia è l’ultima notte di lavoro…in assoluto: il nuovo anno reca con sé una bella finestra provvidenziale, non solo previdenziale – l’ultima? – soprattutto quando gambe sinistrate, anziane e malferme escludono da tempo dalla sala operatoria: ci voleva proprio!

Il cardiologo reperibile sconta l’ultimo turno prima dell’agognato trasferimento verso un primariato prestigioso e si gode l’euforia di un doppio festeggiamento in compagnia degli amici.

L’anestesista di guardia non è sicuramente avulso dal contesto, ma un po’ contrariato si: nonostante una certa anzianità di servizio maturata altrove, in quella rianimazione è l’ultimo arrivato e, dunque, gli tocca lavorare, perché, nella nuova realtà, non contano le innumerevoli festività già trascorse in turno, in diverso nosocomio.

E’ da poco passata l’una di notte e tutti, ma proprio tutti, avvinti da improbabili intuizioni cabalistico-statistiche di auto-convincimento propiziatorio, si crogiolano nella più totale e incrollabile certezza…di averla scampata!  Quand’eccoli sobbalzare e ammutolire d’atomico sincronismo, al ritmo…della suoneria del telefono portatile “d’ordinanza” che annuncia l’emergenza in arrivo.  E che emergenza!  Di tutte quelle possibili e immaginabili…la peggiore in assoluto!

Si tratta di una neonatina di colore, in arrivo dall’ospedale ginecologico perché affetta dalla madre di tutte le malformazioni cardiache congenite, il cuore sinistro ipoplastico!  In pratica, la sventurata è funzionalmente priva di ventricolo sinistro e di radice aortica, per cui il ventricolo destro pompa sangue per tutto l’organismo e non solo per i polmoni, come normalmente dovrebbe accadere.  Affinchè però  il sangue vi giunga dalle vene polmonari, è necessario garantire la comunicazione tra atrio sinistro e destro, destinata a chiudersi in poche ore dopo la nascita.  Pertanto si rende opportuno l’ intervento urgente di settotomia percutanea mediante cateterismo cardiaco, da eseguirsi nel laboratorio di emodinamica, ad opera del cardiologo…e dell’anestesista reperibili!

I genitori della piccola sono di nazionalità nigeriana e non parlano Italiano.  Ricorrendo allo Spaghetti-English, dimostratosi estremamente affidabile finora, forse perché ne sono – modestamente – campione mondiale in carica, riesco a illustrare comprensibilmente la complessità del caso, le procedure cui verrà sottoposta la loro unica figlia e la  prognosi, piuttosto invalidante, se non fatale, in assenza di trapianto di cuore.  La rappresentazione della cruda realtà non li scoraggia e non scalfisce la loro felicità neo-genitoriale: ancora una volta, mi inchino di fronte alla grandezza dei sentimenti di cui l’animo umano è sorprendentemente capace.
Tuttavia, il loro racconto, che, a scanso di equivoci, faccio ripetere per ben tre volte e che trova conferma nella storia clinica, …mi fa letteralmente trasalire!  Rimango sbigottito nell’apprendere che la madre è reduce da ben…sette interruzioni volontarie di gravidanza!

Ora, posso facilmente immaginare…anzi no, potrei finanche percepire distintamente il flusso e il contenuto dei pensieri di chi legge in questo momento, ma, ove necessario – e con ogni probabilità non lo è – vorrei propagare il mio umile invito alla sospensione di un accattivante giudizio, poiché nulla è più fallibile…di noi tutti!  Cionondimeno, considerazione ancora, diciamo così, politicamente corretta, potrebbe essere la seguente: accidenti!  Doveva toccare proprio all’ottavo?

Purtroppo, dopo diversi mesi di ricovero ospedaliero e tribolazioni varie, nonostante l’instancabile e commovente vicinanza di entrambi i genitori ,la piccola …muore.

Fortunatamente, per noi sopravvissuti, come solitamente  accade, giunge infine l’alba di un nuovo…giorno!  E allora: happy new year!

Zarianto

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Domani non vado.

Posted by Bellerophontes on novembre 12, 2012
emozioni / 1 Commento

foto di MV

Domani non vado.

Domani non vado perché posso ancora permettermelo.

Domani non vado perché questa sera mi ha ricordato chi ero, e chi sarò lo vedremo più avanti.

Domani non vado perché voglio accarezzare il mio cane sotto il glicine.

Domani non vado perché ieri volevo, dopodomani vorrò.

Domani non vado.

E sentirò gridare le sirene delle ambulanze dal mio giardino.

Coraggio ragazzi. lasciatemi un giorno, poi torno con voi.

Bellerophontes

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Tramonto d’autunno

Posted by Il Gatto e la Volpe on novembre 03, 2012
cronache / 3 Commenti

foto di MV

Passando davanti alla finestra riguardò la panchina. Tante volte aveva fatto quel percorso per andare a far pranzo, con la sua andatura, sempre la stessa. Alcuni giorni erano stati più felici, altri più noiosi ma uno sguardo a quel giardino le aveva sempre regalato un istante di intensa emozione. Da lì osservava il susseguirsi delle stagioni e non poteva smettere di stupirsi della magia offerta dalla natura. Riflettè per un momento senza fermarsi ma non ricordava quanti anni fossero trascorsi da quando era passata da lì la prima volta. Eppure il giardino oggi le sembrava diverso. Non aveva mai notato quel cespuglio di lavanda che cresceva lì, vicino a dov’era appena stata seduta. Le venne un brivido, sicuramente era colpa dell’aria fresca che entrava dalla finestra.

Il menù oggi offriva il risotto con zucchine. Le piacevano le verdure di stagione e si accomodò al tavolo come ogni giorno. Ebbe un’esitazione e poi si girò. Sapeva che avrebbe incontrato il suo sguardo. Lui stava alzando il bicchiere nella sua direzione come per fare un brindisi. “Cin cin” rispose e ridendo tornò al suo pranzo.

Mangiò di gusto. La vita offriva ancora dei momenti di piacere e lei sapeva coglierli. Era una persona solare, con il sorriso e lo scherzo sempre pronto. Ma quella situazione non l’aveva proprio immaginata. Adorava stare al sole. Tutti le dicevano che doveva proteggersi ma il suo colorito rivelava le ore trascorse sul terrazzo negli ultimi tre mesi. Sapeva che quell’abbronzatura le donava e metteva in risalto la sua pettinatura. Ma non aveva più pensato che un uomo potesse essere interessato a lei.

Da parecchi anni era rimasta vedova. Sola nella sua casa aveva vissuto di ricordi e piccoli impegni quotidiani. Poi i familiari le avevano proposto quel soggiorno estivo. Sapeva che avrebbe dovuto decidere se la casa di riposo era il posto dove voleva trascorrere il tempo che ancora le rimaneva. Si era trovata bene. Era una persona socievole e la compagnia degli altri ospiti e le attenzioni degli operatori erano state gradite da subito. Le amiche più perfide il giorno della sua partenza l’avevano salutata con compassione. Ora avrebbe voluto mostrar loro il mazzo di rose e lavanda messo in bella mostra sul suo comodino.

“Ciao ciao” disse alla sua vicina di letto entrando nella stanza. Era il suo modo di salutare dei giorni felici. Sorrise. Quella mano appoggiata sulla sua le aveva dato una vera felicità. Sorrise ancora e dentro di sè ringraziò. Ora sapeva che il cuore funzionava ancora, anche se aveva superato gli ottanta.

Si coricò per il riposo pomeridiano e chiudendo gli occhi pensò che anche le cose belle stancano. Aveva vissuto tante esperienze ma la vita nasconde sempre delle sorprese. Il profumo dei fiori le allietava il riposo.

Quando si alzò si diresse allo specchio. I capelli bianchi erano lucenti e con la pinzetta aggiustò le sopraciglia. Ogni giorno le controllava. Sapeva che questi dettagli erano una coccola che regalava a sé stessa. Lui bussò alla porta lei lentamente e con gentilezza lo accompagnò alla poltrona. Questo era il bello dell’età matura. Poter fare entrare un uomo nella sua stanza con disinvoltura. Stavano per ore ad ascoltar musica e a chiacchierare. Era stato spontaneo e naturale. Per mesi non aveva notato che il tempo trascorso con lui era sempre maggiore. Le prime partite a carte, la festa dei compleanni seduti vicino, le gite all’agriturismo trascorse a ridere insieme. Aveva bisogno di aiuto per poter passeggiare in giardino e sempre più sovente era stato lui il suo accompagnatore. Giorno dopo giorno avevano allungato il tragitto fino a quando avevano preso l’abitudine di riposare su quella panchina per poi ripartire. Trascorrevano ore all’aperto. Lui non amava il sole ma la panchina era metà all’ombra. Non sempre parlavano, ma la compagnia l’uno dell’altro bastava. E poi erano iniziate dolcemente quelle piccole attenzioni. Non la facevano sentire più giovane. Non lo desiderava neanche. Ma davano sapore alle giornate; assaporava ognuno di quei gesti che le venivano offerti; erano un dono che non aspettava più.

Oggi lui era stanco perché quella notte non aveva riposato bene. Forse il caldo, forse aveva mangiato troppo la sera prima. Lei gli passò il succo di frutta che le avevano portato per distogliere l’attenzione dai suoi malanni. Avevano un’oretta di tempo prima della tombola tutti insieme. Non era il caso di uscire in giardino, lui avrebbe sofferto il caldo. Decisero di riposare un po’, lui con la visiera del berretto calata sugli occhi e lei accomodata dolcemente sul terrazzo. Il bello di questa relazione. Un rapporto senza diritti né doveri, senza gelosie o compromessi, in cui ognuno era libero di esprimere sé stesso nelle proprie fragilità dell’età avanzata con il piacere di sentirsi vivo.

Oggi erano particolarmente fortunati; la loro cartella aveva già vinto l’ambo e la tombola aveva regalato loro un pacco di biscotti cucinati dagli altri ospiti il giorno precedente. Lei era golosa, e bastò uno sguardo perché lui capisse che la panchina poteva accoglierli per la merenda.

Il sole d’agosto era ancora alto, ma l’aria era fresca e l’erba appena tagliata profumava il giardino.

Solo una volta lei aveva avuto timore. Per fortuna i suoi familiari avevano da subito capito che i sentimenti la mantenevano serena e che la compagnia di un uomo rassicurava e riempiva le giornate di una donna anziana ma ancora ricca di vitalità.

La cena fu frugale. Non le piaceva andare a letto dopo un pasto abbondante. Si mangiava piuttosto presto, ma durante l’estate apprezzava quest’orario: c’erano ancora alcune ore di luce che le permettevano di leggere e preparare i maglioncini che in inverno avrebbero riscaldato i suoi pronipoti. Si accomodo nel letto con la testiera alzata. Poi chiese gentilmente alla vicina di letto, che aveva meno difficoltà di deambulazione, di socchiuder le tende della finestra. Indossò gli occhiali scuri perché i raggi del sole non la infastidissero e lasciò libero lo sguardo. Con un po’ di fatica si sistemò i cuscini e si lasciò cullare dai pensieri che affioravano nella sua mente, affascinata dal tramonto che alleggeriva e addolciva l’autunno della sua vita. Per un attimo si voltò. Sì, la porta era socchiusa, sapeva che lui sarebbe ancora passato per augurarle la buonanotte e sorseggiare la tisana insieme.

Il Gatto e la Volpe

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