Archive for febbraio, 2014

Il segreto del poeta

Posted by Ungiovanequasiinfermiere on febbraio 22, 2014
citazioni, poesie / 1 Commento
foto di DB

foto di DB

A volte apprezzi la letteratura che hai studiato solo quando quelle parole le vivi, in pieno.

Dedicata ai poeti che vegliano nelle corsie.

” Il Segreto del Poeta

Solo ho amica la notte.
Sempre potrò trascorrere con essa
D’attimo in attimo, non ore vane;
Ma tempo cui il mio palpito trasmetto
Come m’aggrada, senza mai
distrarmene.

Avviene quando sento,
Mentre riprende a distaccarsi da ombre,
La speranza immutabile
In me che fuoco nuovamente scova
E nel silenzio restituendo va,
A gesti tuoi terreni
Talmente amati che immortali parvero,
Luce.”

Giuseppe Ungaretti

Ungiovanequasiinfermiere

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Fine turno

Posted by Gio on febbraio 19, 2014
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foto di GP

foto di GP

Smonto dopo ventiquattro, dico ventiquattro ore di guardia, in tedesco… sono uno zombie!
Cammino verso casa, aria fresca, cielo limpido.
Ho freddo, il freddo della stanchezza.
Ho fame, la fame chimica dello smonto.
Mi sento di nuovo viva, a volte è una specie di corso di sopravvivenza…
Mi gusto il viavai della gente che sta andando a lavorare con la felicità di chi ha finito.
Mi infilo nella prima panetteria e mi concedo qualsiasi cosa la gola mi suggerisca, come premio per chi è sopravvissuto a una battaglia, senza riportare troppe ferite.
Mi ricordo che il mio frigo langue, ed entro al supermercato in cerca di qualcosa…
Ricerca impossibile, vago tra gli scaffali senza meta, cosi obnubilata che non trovrei nemmeno gli spaghetti in uno stabilimento Barilla; figuriamoci al supermercato tedesco….
Agguanto quattro cose e mi metto in fila alla cassa.
La cassiera si innervosisce perché sono un po’ lenta a cercare le monete nel portafoglio… “ehi tipa”, penso tra me e me, “io ho smontato dopo ventiquattro ore di lavoro, sono una specie di highlander per le prossime dodici ore, quindi porta rispetto ok?”
Ho bisogno una doccia; per la verità avrei bisogno una seduta alla beauty farm, perché porca miseria se le zampe di gallina peggiorano dopo il turno lungo….
Arrivo a casa, apro la cassetta della posta: l´ufficio delle tasse mi manda una lettera di richiamo? Come osa proprio oggi?!
Odio la burocrazia tedesca, che è ben peggio di quella italiana.
Saranno i soliti problemi che fanno con gli stranieri.
Ma ora salgo, mi attacco al telefono e mi sentono. Non certo perchè non sono a casa mia, possono fare ciò che vogliono!. Ora gliene dico quattro! Non gliele manderò a dire! ….magari dopo la doccia….magari dopo qualche minuto sul divano…forse rimando tutto a domani…
in fin dei conti cosa c’é di meglio di una bella dormitina?.

Gio

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Albert Einstein

Posted by Magamagò on febbraio 12, 2014
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foto di EP

foto di EP

Tra i vari poster e cartelli qui in Rianimazione ci vorrebbe anche una foto di LUI, Albert Einstein, con scritta sotto la sua celebre teoria della relatività..
Sì, perchè qui è tutto relativo; dal tempo che non scorre mai e che poi in un attimo ti cambia le carte in tavola, alle luci artificiali modello serra e ai suoni modello Las Vegas, come ha detto recentemente un famoso paziente, scrittore, contento soprattutto di poterlo raccontare.
È relativo anche il nostro concetto di “star meglio”: un pizzico in meno di temperatura, un punto in più all’EGA, un dito del piede che si muove in chi fino a ieri era immobile …Ci si “accontenta” qui dentro, e sembra la formula della felicità: “SAPER APPREZZARE COME UN DONO GRANDE QUEL POCO CHE OGNI GIORNO CI RISERVA LA VITA.”
A volte basta NON: non soffrire, non essere dispnoico, non tremare per le convulsioni, non sibilare coi polmoni chiusi dal broncospasmo …non fermarsi nel cammino verso la guarigione .
E pensare che fuori di qui c’è gente che si arrabbia se c’è troppo traffico, se si smaglia un collant, se quella ragazza non gli ha sorriso …
E’ tutto relativo e la Medicina non sempre è una scienza esatta, e per fortuna a volte nonostante tutte le brutte previsioni si può guarire.
Anche l’età è un concetto relativo, a volte hanno più acciacchi quelli giovani, e comunque non è l’anagrafe che deve farci desistere in partenza dal combattere la malattia. Io citavo sempre a difesa di questa tesi la Rita Levi Montalcini… adesso che è morta sono un po’meno credibile, ma comunque 103 anni sono sempre un bel traguardo! I miei colleghi adesso mi prendono in giro: “E ora di chi parlerai per dare coraggio a pazienti e parenti? Di Matusalemme? ” E perchè no; ma forse lui è vissuto tanto perchè c’erano pochi medici a quei tempi. Tutto è relativo a questo mondo, ma c’è spazio per tutto, per la vita, per la morte, per la lotta… Stanotte ho pazienti che stanno vincendo, e mi sento vincitrice anch’io, domani chissà …
È domani, un lunedì mattina smonto notte, e quindi libera dal lavoro: stiamo andando a Roma in macchina a trovare nostra figlia, biologa (per fortuna ha un po’ dirazzato avendo anche il padre chirurgo), e la radio trasmette il solito programma di intrattenimento con gli ascoltatori. Quella mattina il “conduttore creativo” se ne esce con questa faceta domanda: ditemi in 7 parole come avete passato il weekend, poveri lavoratori del lunedì: mandate un SMS al numero …”
E io mi sono trovata a rispondere (guidava mio marito ovviamente): IO HO LAVORATO ANCHE SABATO E DOMENICA.
E mi sembrava di essere di un altro pianeta, o forse lo era quel tipo che dava per scontato che tutti lavorassero cinque giorni a settimana, tutte le settimane, tutti gli anni, e dunque riposandosi 2 giorni soffrissero di stress di vacanza. “Ma mi faccia il piacere!” diceva il compianto Totò.
Invece c’è un mondo di lavoratori per gli altri, con orari in controtempo, con esigenze personali che sono sempre in coda nella lista delle priorità.
Nostra figlia da piccola diceva che forse ci avrebbe avuti per sè dopo il nostro pensionamento, ma ne era orgogliosa, e siccome il sangue non è acqua passa anche lei i sabati, unica, in laboratorio, per la gloria!
E io, a 60 anni, più stanca di prima, comunque non vorrei fare altro nella vita che questo, il medico, e vorrei essere sì di un altro pianeta, ma di quelli come si vedono in TV, nelle galassie lontane, dove ci sono attrezzature che in 5 minuti fanno diagnosi e guariscono sempre tutti, al 100%.
Eh sì, sarebbe bello poter guarire tutti ma solo fino al momento finale, quello del trapasso, perchè comunque quello ci deve essere, e il quando e il come non si può sapere.
E’ inutile, le notti in Rianimazione mi ispirano sempre un po’ e risvegliano la mia vena filosofica: che ci volete fare sono fatta così !

Magamagò

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A Nawaf, il guerriero coraggioso.

Posted by Gio on febbraio 07, 2014
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foto di NC

foto di NC

Chiamata dalle infermiere, apro la porta della stanza 117 e mi trovo catapultata in un altro mondo.
A tutto volume, da qualche iPhone, un muezzin chiama alla preghiera.
Una donna, di cui conosco solo gli occhi, dorme per terra, per lasciar posto a suo marito sul letto.
Il loro figlio sedicenne sta morendo nel letto accanto.
Nessuno può capirmi quando parlo, nessuno parla nè intende una lingua europea.
Il colloquio ufficiale con l´interprete è fissato per domattina, ma il loro figlio ha iniziato ora ad avere emottisi, dispnea e panico, e io devo sedarlo ora e non posso aspettare il traduttore alle 9:00.
Nawaf non ha più forze, pesa si e no trenta chili, è venuto in Europa perchè il suo osteosarcoma alla gamba era così grosso che i medici in Iran volevano amputagliela.
La famiglia non poteva vivere col pensiero del figlio maschio mutilato.
L´ottenimento del permesso per venire in Europa ha tardato così tanto che il tumore nel frattempo si è preso anche i polmoni di Nawaf, e persino un pezzetto del suo cuore.
Quando è arrivato qui, per giunta, quella gamba abbiamo dovuto levargliela lo stesso, chiaro esempio di senso di onnipotenza occidentale…
Cosi, lui è rimasto due mesi nella 117, senza una gamba e senza comprendere la lingua nè i costumi di chi gli stava attorno. Costretto a porre domande attraverso un traduttore che veniva quando e come aveva tempo.
Ieri abbiamo detto ai genitori di Nawaf che per il loro figlio non possiamo fare più nulla, e che non c’è tempo per farli tornare a casa.
Chissà con che parole un traduttore traduce la morte.
Quando comunichi a una famiglia che il figlio sta per morire, non riesci a farlo neanche nella tua medesima lingua. Il flusso di emozioni, e il senso di inadeguatezza prendono spesso il sopravvento. E io come faccio a fidarmi di un interprete, come so cosa esattamente sta dicendo? Userà parole chiare ma empatiche?
Metterà qualche aggettivo per smorzare la violenza che sto comunicando?
tradurrà ogni dettaglio (perchè sono i dettagli che fanno la differenza) delle domande dei genitori?
In questo caso il tutto è ancora più difficile, perchè non posso neanche vedere il volto di questa madre, il suo dolore, e non ho idea di cosa mi voglia dire, perchè lei non può parlare direttamente con il traduttore, ma solo tramite il marito.
Possibile che anche nelle ultime ore di vita del figlio certe cose non possano essere diverse?
A Nawaf ieri il traduttore ha chiesto se aveva domande, se voleva dirci qualcosa, qualsiasi cosa per uscire dal quel suo silenzio forzato.
Lui ci ha chiesto se potevamo fare qualcosa per farlo smettere di tossire…
Ora è dispnoico, satura 84% con 6 litri di ossigeno, rantola ovunque, non ho tempo di provare a spiegare ai genitori: il cocktail è già pronto: Morfina, Levopromazina e Midazolam. Cerco gli occhi della madre sotto il burqa, trovo quelli di Nawaf che hanno solo paura.
Pochi, lunghissimi minuti, e vedo gli effetti della sedazione.
Il viso si distende, il respiro resta irregolare ma la paura è andata, l´infermiere lo sistema sui cuscini, gli pulisce il volto segnato dall´emottisi.
La madre guarda il monitor con i parametri vitali per capire se il figlio è ancora li, tra qualche ora probabilmente inizierà ad ascoltare con paura se a un respiro ne seguirà uno nuovo.
Chissà se domattina alle 9:00 la madre chiederà al padre, di chiedere al traduttore, di chiedere al medico perchè non le ho chiesto se voleva dire ancora qualcosa a suo figlio prima di sedarlo definitivamente?

Gio

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