Archive for gennaio, 2015

Dodici ore

Posted by Badev on gennaio 23, 2015
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foto di BDV

foto di BDV

  Il mio Natale è questa notte di guardia che è giunta al termine più vera di tante altre. E’ il mio collega che dall’altro ambulatorio mi chiede, per favore, B, questo bambino, lo visiti anche tu? E lo so che tu non sbagli, che toccandogli la pancia troverò anch’io ciò che non vorrei trovare e sto quasi per dirti che si vede già a occhio nudo, lì, a sinistra, figuriamoci sotto le dita.

Incrociamo uno sguardo di madre così devastato dalla preoccupazione (come invocasse cautela dalle parole che stanno per essere dette), che ci toglie quell’impeto di pronunciarci a tutti i costi, anzi, ci fa rimanere silenziosi, ci fa diventare per un momento anche noi madre e padre di uno sui dieci anni, un po’ svogliato a scuola, ma simpatico da morire, con il labbro leporino che gli distorce un po’ i sorrisi, che peraltro non risparmia a nessuno.

Mentre gli fai l’ecografia i suoi occhi a mandorla ci rivelano un lungo viaggio tra due culture, attraversato da poco, verso un presente di serenità probabilmente troppo fragile: le fiammelle del color-doppler nell’immagine si muovono in una danza che avremmo preferito non vedere. Ci guardiamo tutti insieme e uno per uno. Mi scopro annuire a domande che non sono state poste, se non con un breve cenno degli occhi. E adesso non vi lasciamo soli, non ora che è indispensabile diventare spalla, orecchio, mano tesa: il pensiero è per voi genitori appena sbarcati su un continente ignoto, dove si parla una lingua diversa, si conta in millilitri, si misurano i giorni in buoni e ostili, in ore fuori e dentro l’ospedale, chissà per quanto tempo.

Il mio vero Natale d’amore siamo tutti noi qui che ti guardiamo, ben oltre il termine del nostro turno di guardia, da dietro i vetri della Radiologia, mentre ti sdrai nella TAC e dici “mamma, ma è una macchina fotografica enorme questa roba qui! Davvero ci posso entrare?”.

Badev

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L’ uomo che non riusciva a morire in pace

Posted by rem on gennaio 05, 2015
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foto di MV

foto di MV

Era arrivato a 90 anni quasi senza rendersene conto e senza meriti particolari,   soprattutto aveva  sempre  fatto finta di niente, come se gli anni non passassero, come se gli orizzonti non si restringessero con il passare del tempo, come se non aumentasse giorno per giorno la possibilità di morire, almeno  statisticamente. Aveva  vissuto ogni giorno come puro presente, e si era risvegliato il giorno dopo riniziando  da capo, nessun  segreto particolare. Ora però si sentiva un po’ stanco, niente di tragico , voleva solo finire di vivere, serenamente, come aveva sempre vissuto. Era solo stanco e non era nella natura del suo carattere, delle sua personalità docile, cercare una via d’uscita a questa vita terrena che peraltro riteneva anche l’unica, non sentendosi particolarmente affine a chi credeva in una vita dopo la morte. Va bene così, pensava. Mi basta questa vita che ho vissuto. E poi una vita senza corpo , non era così sicuro che sarebbe stata veramente desiderabile.  Aspettava quindi, giorno dopo giorno, ripetendo automaticamente e un po’ più a fatica gli atti della vita di tutti  i giorni: lavarsi, vestirsi, andare di corpo… Regolarità novantennale, una palla ormai, era per questo che se avesse potuto avrebbe volentieri accelerato i tempi. 

Nessun gesto tragico però, non era nelle sue corde

Così quel giorno quando si svegliò e non si sentiva un granché, un pensiero  lo fece, ma non lo disse alla badante ucraina che viveva con lui più per tranquillità dei figli che per reale necessità. Poi verso mezzogiorno una strana sudorazione accompagnata ad un dolore mai provato al centro  del petto, una morsa, non una bella sensazione,  “ci siamo” pensò. 

Ebbe  appena il tempo di pensarlo che svenne. Quando riprese conoscenza il mondo era arancione, una allucinazione lisergica, ma il dolore era ancora lì, stava di nuovo per svenire, vide piastre metalliche impugnate  a pochi metri dalla sua faccia e quando rinvenne   del tutto capì che l’arancione erano le tute del personale del 118 accorso al richiamo della badante che aveva fatto un corso di rianimazione cardiopolmonare e lo aveva massaggiato fino all’arrivo dell’equipe di emergenza

“Oreste! le ho salvato la vita” disse la badante 

“ma vaffanculo” fu l’unica cosa che gli uscì dalla bocca, non esattamente un ringraziamento. 

Era la prima volta che le mancava di rispetto.

rem

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