Storie di ordinaria medicina e di straordinaria vita – tre

Posted by Magu on dicembre 29, 2013
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Foto di HA

Foto di HA

Stamattina ore 8.35 circa. In P.S. giunge Loredana 58 anni insegnante di scuola primaria ed attivista di Greenpeace. Caduta al suolo (banale sciuliata sullo zerbino di casa), deformità del braccio destro. Non si lascia neanche sfiorare dal chirurgo per valutare il sospetto di frattura. Un rapido sguardo negli occhi tra me e Giancarlo come per dire…”Giancà amma pruvà?!”. Pieno assenso (con colleghi come lui e gli amici infermieri Procolo, Amelia, Peppe, Mario… è facile).

NRS* 10 monitoraggio pressione e saturazione tutto bene, corro nella stanza a prendere la bombola e via…. subito un po’ di Protossido. Tempo cinque minuti e tante chiacchiere con Loredana sulle attività di Greenpeace, la protezione dei cetacei (guarda con tenerezza Procolo) in Antartide (ah in Russia è stato arrestato un napoletano attivista per la lotta alle trivellazioni del mar Artico e la stampa non dice nulla)

NRS 5, Paracetamolo un grammo EV (costa tanto ma abbiamo solo quello). Ora Loredana si lascia visitare sembra una lussazione completa di gomito.

NRS 2 e tanto “benessere (Loredana dice che ha anche un buon odore anche se dovrebbe essere inodore). In previsione del dolore provocato dalle varie proiezioni delle RX, Fentanyl 100 mcg in fisiologica 100 ml (sguardo alla pressione che regge bene) Midazolam 2 mg EV (poco ma è sufficiente a raggiungere una Ramsay** di 3 che ci basta per la radiologia). Conferma della lussazione. L’ortopedico venuto in consulenza è bravo ma un pò manesco, allora in previsione della procedura altri 2 mg di Midazolam. Riduzione parziale, lastra di controllo e nuova procedura. Nel frattempo spiego tutto, compreso il video che stiamo girando, al marito.

Recupero completo, lastra di controllo, bendaggio in Dynacast e dimissione dopo un’ora circa. Loredana: “che bella sensazione se ne potrebbe avere un pò da utilizzare quando sono in classe con trenta satanassi?” Ci ringraziano affettuosamente Loredana ed il marito e ci fanno i complimenti per la presa in carico. Nel frattempo la caposala Letizia cazzia Procolo per non so bene cosa. Sull’uscio un ultimo sguardo di Loredana; leggo nei suoi pensieri: beh non bisogna sfidare il mar Artico a bordo di un gommone per difendere un cetaceo! Ciao Lory

*NRS: scala di valutazione del dolore

**Ramsay: scala di valutazione della reattività dl paziente

Magu

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Storie di ordinaria medicina e di straordinaria vita – due

Posted by Magu on dicembre 16, 2013
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Foto di BDV

Foto di BDV

Un sabato alle 2.00, durante il turno in 118, codice rosso: lipotimia in terminale (in questa maniera barbara si esprime la mia centrale!). 62 anni, tumore laringeo con metastasi in ogni dove. Circa trenta chili di ossa e cute. Nessun lamento verbale (era laringectomizzato) ma tanto dolore si leggeva negli occhioni lucidi che sembravano ancora più grandi rapportati al corpo anchilosato. I due figli mi fanno:

“dottore sappiamo che sta morendo ma non possiamo vederlo finire così”,

ed io: “ma è seguito dall’oncologo oppure dal servizio per la terapia del dolore?”.

La figlia, voltando lo sguardo alla finestra come in segno di malcelato rancore,

“quando non guarisci oppure non servi più per le chemio, i protocolli e gli studi multicentrici, chi se ne frega di te…Vi prego portiamolo in ospedale per fare qualcosa, noi non ce la facciamo ad assistere a questo scempio inumano”.

Una coltellata nella mia dignità di medico. “Ok dove possiamo sederci per parlare un pò?” Mi vengono in mente le raccomandazioni della mia maestra in tema di comunicazione, Fiorella Paladino, tutti seduti alla stessa altezza, sguardo negli occhi, mano sulla spalla per creare contatto ed empatia.

Spiego che il solo atto di metterlo sulla barella dell’ambulanza determinerebbe dolori INUTILI. Allora descrivo la sedazione del morente di cui ci ha parlato Carlo, il nostro docente al corso. Un cocktail di sedazione ed analgesia che accompagna il malato nel suo naturale percorso ma senza dolore e senza indurre la morte.

Ma il mio bravissimo infermiere mi dice “ma non ha la vena e, a lume di naso, non sarà tanto facile”. Evita persino di toccargli le braccia per non fargli male. Insomma un vero delirio di impotenza davanti al nostro nemico dolore.

Idea! L’intranasale con midazolam e morfina ad alte dosi. Spiego la “strana tecnica” ai familiari ed iniziamo: Grande cautela nel cercare di iniettare il farmaco nel naso senza muovere il capo. Dopo circa quindici minuti, quei grandi occhioni si chiudono in un sonno ristoratore. Giusto il saturimetro (ma solo per dimostrare ai figli che sta dormendo). Comunico agli stolti della centrale che sono ancora a casa del paziente e di allertarmi in caso di necessità e restiamo circa un’ora a “far compagnia” ai figli. Lascio dei MAD300* con due fiale di Midazolam da 15 mg già caricato ed istruisco su come fare in caso di risveglio. Lascio il numero di telefono del P.S. (dove c’è la nostra postazione) per eventuali problemi. Alle 6.00 la figlia mi telefona per dirmi che Gaetano (il padre) è morto dicendo queste parole “SENZA SOFFRIRE!”

Musica per le mie orecchie. Addio Gaetano e grazie Carlo!

* Mucosal Atomization Device è una siringa con un atomizzatore per la somministrazione di farmaci attraverso le mucose nasali (NdR)

Magu

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Storie di ordinaria medicina e di straordinaria vita – uno

Posted by Magu on dicembre 04, 2013
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Foto di DB

Foto di DB

Giovedì notte in 118. Grande team di bravi amici-colleghi, Tonino il maresciallo alla consolle e Mimmo maestro delle vene e dei farmaci: due veri amiconi, gente che si diverte a fare questo lavoro.
Non ho ancora finito di vestirmi che la centrale chiama: codice rosso per un paziente non cosciente sulla panchina di una delle zone “in” di Napoli. Il luogo dista abbastanza dalla nostra zona, ma non ci sono ambulanze disponibili e… Il maresciallo innesca la sirena, ci inoltriamo verso piazza dei martiri zigzagando con la maestria della guida di Tonino.
Arriviamo sul posto e ci rendiamo subito conto che si tratta del solito homeless che dorme in sana alcolica beatitudine sulle doghe della panchina. Ci avviciniamo e come per miracolo ci risponde (insomma è molto cosciente).

Maschio di razza bianca dell’apparente età di 45-50 anni…

In TV si sarebbero espressi così. Ma noi non siamo in una soap americana e, guardandoci tutti e tre, si legge sui nostri volti che si tratta di un povero Dio di certo maschio ma con difficoltà a mostrasi uomo. Si la dignità dell’essere uomo si perde nei gradi dell’alcol. L’età sembra quella ma non ci giurerei.
Cerchiamo di capirci di più anche se la storia è chiara; la bottiglia vuota di pessimo vino bianco gocciola ai suoi piedi.
“Come ti chiami?” “Pasquale, Pasquale Esposito”, l’alito fa barcollare anche le vocali di Esposito. “Hai bevuto vero?!” A quel punto i suoi occhi vispi e si illuminano con un sorriso che fa capolino tra i peli ispidi della barba incolta. “No!” “Ah ho capito ci vuoi prendere in giro?!” esclama il maresciallo. “Ma pecchè se tu mi fai questa domanda nun me staje sfuttenno? Ce l’hai un poco di pane che mi sto puzzando di fame?”. Io ribatto “ma sei conosciuto in zona?” “Certo, a me mi sanno tutti qua” “e allora chiedi una pizzetta oppure un panino alla rosticceria all’angolo”. Ecco nuovamente la luce farsi strada tra le rughe profonde come mulattiere “pure tu me vuò sfottere? E secondo te io vado nella rosticceria così combinato e quello prende un panino e me lo regala?” Manco il tempo di pensare che non ho portato con me il portamonete che Tonino e Mimmo raccolgono dalle loro tasche tre o quattro euro e all’unisono: “tieni così te lo compri il panino e quello della rosticceria non potrà dirti niente”.

Chiamo la centrale per avvertire che è tutto ok e che si è trattato del solito buon samaritano che allerta la centrale senza neanche avvicinarsi per vedere se è vivo oppure morto. la telefonata (gratuita) si, la puzza di alcol e vomito no! Nel frattempo si avvicinano due vigilantes in moto “sono stato io a chiamare” dice uno dei due “sembrava non respirasse e i passanti si preoccupavano, i clienti della gioielleria che controllo si lamentavano e…”. Tranquillizzo anche loro dicendo che hanno fatto bene a chiamare ma che, forse, se avessero provato ad avvinarsi e l’avessero chiamato…

A questo punto Pasquale si alza per andare a comprare il panino, barcolla un poco ma più per i pantaloni cadenti che per l’ubriachezza. Si gira, ci saluta e fa: “ah io mi chiamo Mimì, Pasquale è mio fratello e lascio parlare lui con le autorità. Ma voi mi siete simpatici e allora con voi parlo io”. Si allontana verso l’ingresso della chiesa di Santa Caterina a Chiaia, una genuflessione appena accennata per non cascare e poi a sinistra verso la vetrina ad angolo della gioielleria; una manovra nota e via a fare la pipì.
Rimettiamo le borse e la barella in ambulanza, mi volto per dare un ultimo sguardo a Mimì e con l’angolo dell’occhio guardo la statua di Santa Caterina; immediato un pensiero “Santa Caterì, stanotte guardalo tu a Mimì”.
Torniamo in postazione un po’mogi, anche i girevoli sembrano essere fiacchi. Ma la notte continua.

Magu

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