Stanotte non posso dormire
e penso che sia perchè la mia testa non può contenere tutte le emozioni della giornata.
Ore 8.00 entro in ospedale e mi dirigo subito in terapia intensiva dove ho ricoverato 3 dei miei pazienti trapiantati di midollo. Rivedo i parametri della notte, tutti gravemente stabili, e comunico alle infermiere che ritornerò più tardi a parlare con le famiglie. Sono preoccupata per alcuni di loro.
Ore 9.00 45 minuti di lezione supercondensata sulle emergenze nel trapianto di midollo al gruppo di specializzandi appena arrivati. Sgomento sui loro visi.
Ore 10.00 convocazione urgente della direzione ospedaliera per discutere come gestire la famiglia di uno dei pazienti in terapia intensiva che ieri ha minacciato di morte lo staff medico e ha fatto comparire un coltello a serramanico dal nulla.
Ore 11.00 colloquio con la famiglia di un altro dei pazienti in terapia intensiva. Tobia, 7 mesi oggi, 4 settimane post trapianto. Purtroppo non ce la farà. Lo sappiamo da quando abbiamo guardato la TAC del torace di ieri che è invasa da una infezione fungina. Lo sappiamo perchè i suoi reni hanno smesso di funzionare nella notte e il suo fegato è imballato. Ora sono qui a convincere una famiglia che ha già perso altri figli in passato che insistere è inutile. Dopo un colloquio straziante i genitori ci chiedono di sospendere le cure (che in questo Paese è legale). Esprimono il desiderio che Tobia possa morire fuori dalle mura della terapia intensiva. Organizziamo i penosi dettagli della procedura. Lacrime e rabbia.
Ore 12.00 salgo in reparto per valutare con gli specializzandi gli altri pazienti. Tra cui Filippo che ha 6 anni, una leucemia mielolmonocitica recidivata 3 settimane dopo il trapianto e quindi ora è in palliazione. Padre straniero, vedovo da poco, aspetto l’interprete che viene ogni giorno per comunicare con lui. Morfina, ketamina e midazolam stanno facendo il loro lavoro. Filippo è vigile ma non ha dolore, ogni tanto ha un po’ di ansia e quindi ha bisogno di un po’ più di midazolam. Ma oggi verrà Superman a trovarlo, lui è contento. Chiedo alle infermiere di aspettare ad aumentare l´infusione, vorrei che fosse sveglio quando Superman sarà nella sua stanza.
Ore 13.00 una delle mie specializzande sta discutendo di fronte a un gruppo di colleghi i dati della sua tesi per cui abbiamo lavorato insieme. Sto per andare da lei ma la terapia intensiva mi chiama e non riesco a raggiungerla per tempo. Mi dispiace non esserci in un momento che so essere importante per lei.
Ore 14.00 nuova riunione per aggiornamento sulla famiglia che ci minaccia di morte, un sacco di scartoffie da compilare ma il nocciolo della questione è che questi genitori hanno un figlio gravemente malato e non ci sono scartoffie che toglieranno il loro dolore e la loro rabbia
Ore 15.00 Tobia è mancato. Nel giardino dell’ospedale, al sole, con la sua famiglia accanto.
Ore 16.00 entro nello studio delle infermiere e c’è una festa . Fiori, regali, i miei colleghi… è il mio ultimo giorno prima del congedo di maternità. Le immagini mi scorrono davanti come se fosse in un film. Non mi sento io la persona che stanno festeggiando. Non sono io che da domani non sarò coi miei pazienti per qualche mese. E soprattutto non posso festeggiare oggi, dopo Tobia, Filippo… il cuore fa a pugni con la mente.
Ore 17 altro giro in reparto per rivedere alcuni pazienti e parlare con le famiglie, Sofia, Luca e Sara stanno ricevendo una delle terapie più avanzate a disposizione per la loro leucemia super aggressiva. Famiglie che vengono da tutto il Paese per poter avere accesso a questo trattamento. Stanno andando bene per ora, tengo le dita incrociate. La loro guarigione sarebbe un traguardo importantissimo.
Ore 18 I neurologi vogliono vedermi per Alessandro, 2 anni, il terzo paziente in terapia intensiva. Sembrava migliorare ma forse negli ultimi due giorni i suoi sintomi si sono riacutizzati. Discuto con loro e con la sua mamma, donna fortissima che accompagna Alessandro da 12 mesi senza mai essere stata dimessa.
Ore 19 mentre esco dall’ospedale incontro Tommy in ascensore. 5 anni , 2 mesi dopo trapianto, anche lui venuto da lontano per ricevere una diversa terapia sperimentale. Sta molto bene, è uscito a fare un giro pomeriggio e sta recuperando le sue forze di giorno in giorno. I miei colleghi lo dimetteranno la prossima settimana .
Sulla via di casa penso che se avrò un decimo della forza che hanno le famiglie dei miei bambini sarò un genitore fortunato.
Ora pausa. La vita prende il sopravvento.
Ma come è difficile dormire stanotte.
Gio