Manifesta amicizia

Posted by manuele on novembre 11, 2013
emozioni / Nessun commento

immagine dell'autore

immagine di EB

Sai… in Congo in missione, una notte avevamo finito un intervento. E sono uscito fuori, sudato, ma neanche tanto stanco. Ho guardato in alto, le stelle… Erano grandissime, lucentissime, bellissime.

bellissime è forse un termine scontato ma non saprei dire altro ora. Erano grandi come massi e… lì, davanti a quest’immensità, e al calore di quella notte, ventilata, così piacevole da sentire sul viso, così fresco quel vento; io ho pensato a tutti, dico tutti, i miei veri amici…e come se una immensa forza e una grande luce e spirito provenienti da ciò che stavo ammirando, mi si manifestasse da fuori verso il mio dentro. E che in ogni secondo che piu’ guardavo e ammiravo quel luccioleto infinito tra il nero e il blu lucente, mi stava aprendo qualcosa nella mente….

Si, era la scoperta del vero senso d’Amicizia. L’Amicizia è una cosa potente. Sprigiona un’Energia enorme, potresti morire per essa anche davanti a uno stormo di mille cavalieri inferociti, ma non avresti mai paura, anzi, dentro te per quell’Amicizia diventeresti sorridente nonostante tante fatiche , tanti sforzi, tanto dolore, tanto sudore, tante lacrime, tanti sospiri…

l’Amicizia …una ineguagliabile forma d’Amore… il vero “senza avere nulla in cambio, senza aspettarsi nulla in cambio” .

Quella notte mi mancavano le risate dei miei amici, le loro prese in giro nei miei confronti, i nostri dolori condivisi, i nostri litigi con infiniti abbracci finali. Le nostre bevute e ubriacature di sonno, di divertimenti, di confidenze, di allegria, di tante albe e tramonti, e di giri in moto, di vento tra le braccia, di ricordi di scuola, di pagine di libri, di occhiaie,  di una sorta di stato dell’Anima che fisicamente si può forse paragonare a un piacevole ronzio nel petto che sale verso la gola, che irrora i tuoi occhi… ecco:  avevo scoperto o meglio mi era stata manifestata dal cielo di una notte stellata da non so quale Forza esteriore a me, nella mia Anima, quanto grande significato  e vigore avesse e desse l’Amicizia …. ecco cosa provavo quella notte… quella Notte di Guardia in Africa.

manuele

Tags: , , , ,

Anima d’Africa

Posted by manuele on marzo 17, 2012
testimonianze / 1 Commento

Congo, lago Tanganika.

Mattino, ore 6 precise. I canti “gospel” in lingua swahili della messa sono la mia sveglia. Apro gli occhi. Sul viso un sole enorme che mi riempie l’anima, entra nella mia stanza dalla finestra della ex missione dei saveriani abbandonata. Ogni mattina percorriamo in jeep una lunga strada di polvere rossa.

Colori vividi, mai visti prima, un cielo terso e d’un azzurro sgargiante. Un via vai continuo di persone a piedi, motociclette mai viste fanno da taxi, edifici in rovina e capanne lasciati così dalla guerra ai lati del lago splendente.

“jambooo ! munganga musungu, habari gani?” è il saluto che accompagna il mio esser uomo bianco e medico in missione, tra sorrisi e volti che mi guardano con occhi grandi e sereni, volti d’un colore d’ebano di antiche origini dell’uomo.

L’ospedale è fatiscente. Nei piccoli giardini circostanti, galli e capre, panni colorati stesi al sole, persino i guanti in lattice vengono messi all’aria per essere riutilizzati.

In sala operatoria si muore di caldo, ci saranno 50 gradi, ma oggi ho un ventilatore comperato ieri a Bujumbura dopo 4 ore di macchina.

A volte non riesco a credere a ciò che vedo, colera, lebbra, tifo, malaria, meningiti, tumori, gozzi grossi come meloni…  come faccio a curare cosi’, coi mezzi che ho?

Tra un intervento e l’altro esco a fumare una sigaretta e coi miei fratelli africani parlo un misto tra francese e swahili e le risate assordanti non mancano.

Sì perchè là non si parla sommessamente come da noi. E questo mi piace da morire. Ricordo che avevo un pacchetto di mentine. Le assaggiavano e ridevano di gusto…ma come? Non avete mai assaggiato la menta? Ahahahah fantastico.

Tra un reparto e l’altro percorro corridoi all’aperto con le donne che mi sorridono, si interrogano, c’è chi dorme sulle stuoie, chi cucina… giuro, c’è anche il coiffeur che taglia e pettina !

Bimbi che mi toccano i capelli biondi e lisci e ridono e ti saltano al collo….le mamme poi dicono loro che lui è l’uomo bianco, il “musungu”…Ma com’è possibile che queste persone che non hanno nulla riescano ad avere sempre il sorriso ?

La mia ombra si stacca da me al massimo di trenta centimetri. E d’un tratto fuori ed è buio.

Il sole cade alle sei precise, esattamente dodici ore dopo. Non ci sono lampioni, ci sono i grandi fari della jeep che ci portano a casa. Ma anche il buio sembra colorato e acceso da stelle grandi come sassi se guardo in alto…

E c’è un profumo accattivante nell’aria, di lago salato, di erba, di frutti, come d’incenso che miete la mia stanchezza. Ogni giorno e sera così per un mese.

Oggi si ritorna in Italia. I bambini della missione hanno un nastro di carta sulla testa con scritto in italiano “tornate presto”. Le mie lacrime sono cosi’ grosse, che non riesco quasi a vedere chi abbraccio ed è un coro di voci, di canti e ululati delle donne vestite a festa, con abiti lunghi dai toni accesi… Grazie Dio Onnipotente che mi hai fatto non fare ma Essere medico dopo un’esperienza così.

La mia anima è cambiata: è colma di quel sole, di quegli odori, di quei colori, di quegli abbracci di bimbi e amici, di lacrime e risate, del ricordo di quelle malattie così “distanti” da noi, del mio senso di impotenza ma di ritrovo continuo di vigore quotidiano, di dire a me stesso di non mollare mai, ma di pensare con calma a come affrontare tutto.

Grazie.

Ho imparato che la mia anima è fatta per condividere, per avere e donare empatia, come loro senza volere l’hanno donata a me. E io ritornerò là…presto, molto presto….perchè tutto questo mi manca immensamente e se ci ripenso mi viene un groppo in gola….

Manuele

Tags: , ,

Il medico ideale

Posted by manuele on settembre 12, 2011
grandi autori / 3 Commenti

(…) Mai che un medico dopo una visita ci dica:
“caro signore mi dispiace, non andiamo per niente bene.
se lei continua così, scusi la sincerità, ma le do pochi mesi di vita.
Perciò è mio dovere parlarle chiaro.
Qui si impone un rigoroso regime di vita. Per cominciare, una dieta ricca di ferro: verdure, latte frutta cotta, carni bianche sono tutte veleno per lei! neanche sentirne parlarne. il suo vitto d’ora in poi si baserà su salumi, selvaggina, paprica, mostarde, molto pepe e molto sale..

Tutt’al più qualche insalatina di cipolla e peperoni, ma solo di quando in quando.

In quanto al bere, mi duole darle cattive notizie, ma acqua succhi di frutta vanno subito dimenticati e per sempre banditi dalla sua tavola.
Vino questo sì e soprattutto che sia buono! E soprattutto whiski, si rassegni amico mio: il whiski è per lei il toccasana: ma sì anche due bottiglie al giorno!!
E ora veniamo agli aspetti della sua vita quotidiana. Come prima cosa mi metterei a letto non prima dell’una di notte, meglio se sono le due. Qualche notte in bianco poi sarebbe l’ideale ma so di non poter pretendere tanto in così poco tempo.
Però il sacrificio più grande caro signore, è di altro genere. Qui sta la base vera della guarigione !
E il rimedio è presto detto: donne, donne, donne ! non ce ne devono essere mai abbastanza. giorno e notte, notte e giorno, bisogna che lei se ne faccia proprio una ragione, e ci dia dentro più che può! ” perchè mai un medico simile non è il mio medico? (…)

Da Dino Buzzati: “Siamo spiacenti di…” (1960)

Manuele

Tags:

non alzare il gomito

Posted by manuele on novembre 01, 2010
cronache / 3 Commenti

Amo il mio mestiere. Desideravo già da bambino diventare medico. Dentro di me desideravo sempre stare dalla parte del più debole, forse perché debole e timido sono sempre stato anch’io. Finché un bel giorno eccomi Medico Rianimatore-Anestesista. Questo mestiere mi ha plasmato, ha modificato il mio carattere, ha infuso pian piano, giorno per giorno, in me il modo di controllare la timidezza, di prendere sicurezza, di tenere a bada la tensione, di riuscire nel panico generale ad essere calmo, prendere secondi preziosi di riflessione per me stesso e successivamente agire rapidamente per il bene del paziente con la mente sgombra dalla paura di commettere errori, di non essere all’altezza, di arrecare danno e non beneficio. Insomma, ora, dopo quasi 15 anni che faccio il medico, posso dire di convivere con essa, di aver accolto i “demoni” che continuano a bisbigliare al mio orecchio e ascoltare sempre più la mia “vocina buona e ottimista”.
Fine Novembre, domenica. Turno lungo. Un freddo cane. Il mio turno in elicottero 118 quel giorno non passava mai, non eravamo ancora usciti ed erano solo le 16.00. In base le ore passavano, tra chiacchiere, battute, caffè e qualche sigaretta con gli altri componenti dell’eli, con Marco il comandante pilota, con gli infermieri simpaticissimi e veramente in gamba.
“Beh io mi butto 5 minuti sul divano ok raga?”
“Tranquillo doc, guarda che c’è Valentino oggi…”
“Azz! E’ vero! Oggi c’è il motogp!” Mi getto sul divano, faccio appena in tempo a metter la testa tra le mani e: “BIRIBIRI-BI / BIRIBIRI-BI / BANNONE, TRAUMATICO, PEDONE INVESTITO DA AUTO… RIPETO…” Le solite piccole imprecazioni, un attimo di batticuore e in 30 secondi siamo sull’elicottero. Marco ha già acceso i motori. “Allora abbiamo tutto?” Sì. Metti le cuffie, il marsupio coi farmaci ce l’ho, con me ho Paolo e Luca, sono a posto, sono bravissimi. Poi c’è Marco. Beh dai almeno tre apostoli ci sono! Ahah! Due feriti, forse, ci sarà da intubare, credo. Beh dai, vediamo sul posto. Decolliamo e poi sentiamo cosa ci dice la centrale”.
Amo vedere la mia città dall’alto che diventa sempre più piccola, le persone minuscole, guardare l’orizzonte. Col sole pieno e le giornate limpide si riescono a vedere anche le Alpi a volte. “Cinque minuti al target. Bannone 206 hai notizie dei feriti?” la radio gracchia per un istante nelle cuffie alle nostre orecchie.
“Bannone 206 a Sierra eco, un solo ferito pare in modo non grave, il pedone, cosciente, respira”
Ok, dai tra pochi minuti siamo lì. Marco vede l’ambulanza sulla strada, solito giro di 360° a 2G. Ma perché Marco deve sempre farci venire lo stomaco in gola io non lo so..
Dall’alto vedo un camioncino a lato della strada parallelo all’asse senza evidenti segni di intrusione del veicolo, un omone vestito di bianco e braghe blu che sembra agitato, in piedi, che cammina. L’altro è seduto sul ciglio della strada, giubbotto lungo verde. I vigili sono già sul posto e hanno chiuso i due sensi di marcia. Perfetto. Atterriamo, nel campo adiacente. Tutti e tre diamo a Marco indicazioni sui possibili pericoli nelle vicinanze dell’eli in atterraggio, si tocca terra, togliamo le cuffie, aspetto che Luca apra il portellone laterale e ci indichi la via da seguire mentre ho il marsupio a tracolla coi farmaci , il monitor defibrillatore, e Paolo che mi segue a ruota con lo zaino. Passi spediti arrivo sul luogo, Paolo è già ai piedi del ragazzo seduto sul ciglio della strada, ha già capito come me che è lui ad esser stato investito. Il conducente impreca come un forsennato verso il ragazzo e subito non capisco perché.
“Come ti chiami?” Non proferisce parola. Sarà lo shock. Tasto il polso periferico, è ok, respira da solo, benissimo. L’energumeno del camioncino sbraita ancora anche con fare preoccupato e mi dice: “Dottore, Come sta? S’è fatto male? Porca p…mi è sbucato fuori all’improvviso, in un secondo, l’ho appena sfiorato con la fiancata di destra, cazzo è sbucato fuori barcollando, ho sterzato ma non ho fatto a tempo a evitarlo !!!” Mi alzo un attimo e gli dico: “Sì sta bene, sta bene. Adesso lo controlliamo. Lei piuttosto s’è fatto male? Ha battuto la testa le gambe? Aveva la cintura?” “Sì sì dottore tranquillo sto bene, andavo pianissimo, non mi son fatto niente”. Gli do una rapida occhiata, il cosiddetto colpo d’occhio, lo visito un minuto. Sta bene. Ritorno dal ragazzo che è sempre con Paolo che cerca di farlo parlare, e che lo controlla col saturimetro.
In effetti c’è qualcosa di strano: l’auto non ha evidenti segni di collisione, il ragazzo muto è seduto, mi han detto che si è rialzato da solo sempre barcollando un po’ dopo che la macchina l’ha toccato con lo specchietto laterale. Quindi si è messo tranquillo a lato della strada senza un lamento. Continua con la mano destra a tenersi stretto il gomito di sinistra. Ha un impermeabile da caccia lungo, lordo.
“Come ti chiami, ti senti bene? Ti fa male il braccio?” Faccio per aprirgli il giubbotto ma lui si divincola e non me lo permette. “Senti, fammi ascoltare il torace, dai, non ti faccio niente sono il medico. Lo so che ti fa male il braccio ma o togliamo sto impermeabile o te lo devo tagliare”
Paolo mi guarda e con un gesto mi fa capire che questo è fuori come un cammello.
In effetti l’alito da cammello ce l’ha ! Lo convinco a farsi mettere il collare per il rachide e a caricarlo in ambulanza. Chiudiamo le porte. Parametri vitali tutti nella norma. “Mi fai vedere sto braccio che ti fa così male per favore?
Il ragazzo muto, dentro “le mura” protette dagli sguardi dei curiosi, lentamente si lascia aprire l’impermeabile, prima il lato destro e poi pian piano la parte di sinistra. Continua a tenere il gomito sinistro sempre un po’ vicino al torace.
“Nooooo !!” esclamo. Io e Paolo ci guardiamo…abbiamo un grosso sorriso sulle labbra, pronto a scoppiare in una fragorosa risata che tratteniamo con professionalità.
E’ il più grosso bottiglione di grappa che io abbia mai visto. Ma davvero, sarà tre litri!
Il ragazzo sta benone, neanche un graffio al gomito né al braccio. Era solo spaventato. Non voleva assolutamente far notare né al conducente né ai vigili il prezioso nettare che lo aveva colto per alcune ore tra le braccia di morfeo e che ancora con lui stava passeggiando sul ciglio della strada.
La mia “vocina buona e ottimista” aveva ragione: mi aveva bisbigliato che sarebbe andato tutto bene, era come se mi stesse dicendo “dai, facciamo un giretto tra i cieli, oggi è una giornata bellissima, rilassati.” Esco dall’ambulanza, compilo il modulo dell’eli e consegno il nettare alle forze dell’ordine. Saluto tutti, consegno il referto, all’autista energumeno dico di stare tranquillo, è tutto ok. Lascio il ragazzo ai militi con un codice 2 per il PS. Rimontiamo con le nostre selle fatte di monitor e di zaini medicali sul nostro cavallo alato quadrielica. Il nostro decollo è ammirato da tutti. Dall’alto, tutti i gomiti dei curiosi e dei più piccoli sono alzati per salutarci. Paolo salta su e in cuffia dice: “Oh, l’unico che ha ancora il gomito giù è il nostro amico muto!” Fragorosa risata generale e Marco canticchiando ha già effettuato la sua virata di 180° a 2G per portarci in base. E il tramonto è spettacolare.

manuele

Tags: