notti di guardia

Posted by joyce on marzo 07, 2009
emozioni / Nessun commento

Frammenti del mio io
Frammenti del mio giorno
Un giorno come tanti passato in ospedale
Tra mille suoni
Tra mille allarmi
Tra mille richieste
Tra mille esami da guardare
Tra pazienti da scrutare con le tue mani, con i tuoi prelievi, con le Tac
Per cercare di non lasciare niente di intentato,
niente di non esplorato
e allora ti immergi tra le cose
con la tua conoscenza che a volte vacilla
con la tua sicurezza che a volte tentenna
domande affiorano mentre ti muovi
se era corretto il tuo percorso
il filo del tuo pensiero
l’intuizione avuta
ciò che hai scritto su quel foglio prima così bianco
e poi pieno di segni, carico di termini, a volte complessi
se valeva la pena litigare con i tuoi colleghi sul senso di un tuo gesto
di una tua immagine

poi , dopo aver lasciato i tuoi dubbi in mano al tuo collega della notte
fai scorrere la porta della tua rianimazione dietro di te
come una coperta calda la stanchezza ti avvolge
e a mano a mano che scendi le scale , attraversi l’atrio e vai verso la macchina
il filo dei tuoi pensieri continua a seguirti e ti chiedi se sia stato giusto correre per tutto il giorno tra le pagine dei libri che hai studiato all’università

esci in questo giorno che odora di pioggia
con un sorriso guardi le facce che popolano il parcheggio
e poi ti fai un’altra domanda ti compare davanti
se a volte non sia giusto cercare di scrutare e indagare un po’ anche te stesso
per capire dove stai andando

accendi l’auto, ti meriti la tua canzone preferita del momento
Ben Harper sottovoce continua a ripetere sun is burning
improvvisamente senti un po’ di più il freddo di questo inverno pungente
e vorresti essere nei posti di quando eri bambina
ma questo è il filo di un altro pensiero

buonanotte

joyce

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via da qui

Posted by joyce on novembre 16, 2008
cronache / 1 Commento

Emanuele oggi esce dall’ospedale… dopo mesi passati tra un reparto e l’altro.
Ho incontrato la madre sulle scale mentre usciva, una giornata memorabile per lei il figlio finalmente lascia questo luogo anonimo e torna a dormire nel suo letto di quando era bambino, torna alla realtà.
una grossa vittoria per lei che in barba a notizie sempre più scoraggianti continuava a vedere il figlio come se da un momento all’atro dovesse alzarsi da quel letto in cui era legato a doppia mandata con tubi, cavi, drenaggi. Mi è sembrata più piccola come se un po’ alla volta si fosse consumata ad aspettare dietro le porte l’orario di visita, ad origliare ogni più piccolo gemito del figlio, a controllare l’integrità di una figura che un po’ alla volta si è trasformata davanti ai suoi occhi, i ineamenti alterati da gonfiori, la voce che per giorni non esce fino al vederlo scrivere con la mano sinistra per una paresi ormai quasi irreversibile.
Eppure sempre lì, ogni giorno, tranquilla, con lo sguardo perso intenta a pensare ai nipotini che avrebbe stretto tra le braccia o a quale pietanze mettere in tavola per la cena di Natale.
Incredula l’ho guardata per mesi accanto al letto del figlio, non capendo questa farsa della vita normale che tanto continuava a propugnare.
Come non accorgersi delle trasformazione in atto come non vedere tutto quel che accadeva attorno al letto del figlio come ignorare le assenze che ogni tanto lo colpiscono come non capire che già solo tornare ad una stazione eretta per Emanuele è quasi un miraggio come ignorare che dopo tanta sofferenza il tumore del figlio continua ad essere lì, racchiuso nella sua testa, fortezza inespugnabile, punto irraggiungibile.
Sembrava quasi di parlare con un automa quasi convinta che il figlio fosse lì per una gita istruttiva o per un suo capriccio e non per un reale problema, come se fosse uno scherzo.
L’ho vista invidiare le dimissioni dei vicini, l’ho vista guardarci con rancore come se fossimo responsabili dell’assenza del figlio da casa sua, dai suoi luoghi, dalla sua vita.
L’ho vista diventare più aggressiva, più rigida e tronfia come una matrona quando lui da solo è uscito dal suo letto per cambiare reparto.
Per i mesi successivi lo intravista trafelata, sulle scale tra un piano e l’altro a rincorrere le diverse degenze del figlio, oggi sulle scale mi ha fermata.Mi ha gridato la sua vittoria e poi tradita dalla stanchezza è scoppiata a piangere.

Quasi senza parole l’ho abbracciata e con voce calma le ho ricordato tutti i progetti che aveva in serbo per il figlio e che durante i colloqui continuava ad enumerare, mi ha guardato stupita e poi come se nulla fosse è riapparso il sorriso beffardo e la vita normale è ricominciata.

joyce

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